Sequestro probatorio di cose attinenti al reato va motivato sul fumus della pertinenzialità
La Cassazione ritiene anche che sia pienamente legittimo il decreto di convalida del Pm che non elenchi puntualmente i beni rinviando al verbale della Pg e indicandolo come parte del corpo dell’ordinanza
Tanto più è di percettiva evidenza agli investigatori la connessione tra il reato contestato e i beni oggetti di sequestro probatorio da parte della polizia giudiziaria tanto meno dovrà essere rafforzata la motivazione con cui il pubblico ministero convalida l’apposizione sugli stessi del vincolo reale. Così la Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 15201/2025 – ha respinto il ricorso che contestava la legittimità della decisione del Tribunale della Libertà confermativa dell’impugnato decreto di convalida del sequestro subito dal ricorrente per fini investigativi.
Nel caso concreto erano stati sequestrati, alla persona indagata per possesso di stupefacenti, i soldi in suo possesso al momento dell’intervento delle forze di polizia e due telefoni cellulari quali corpo del reato e cose attinenti alla sua commissione. Il verbale degli agenti descriveva i beni sottoposti a sequestro probatorio: 50 euro e i due telefoni e il decreto di convalida non li indicava nuovamente, ma aveva fatto rinvio al verbale. In effetti il tribunale aveva annullato il sequestro del denaro vista la fattispecie contestata di detenzione di sostanze stupefacenti ritenendo l’assenza di pertinenzialità al reato nell’imminenza contestato mentre confermava l’applicazione della misura reale sui due telefoni trovati in possesso dell’indagato.
La Cassazione sul punto del ricorso che lamentava la mancata elencazione dei beni sequestrati nell’ordinanza di convalida del Tribunale fa riferimento a un orientamento che essa stessa definisce “intermedio” nell’ambito della giurisprudenza secondo cui è perfettamente legittimo il rinvio del giudice del riesame ad altro atto esplicitamente indicato in grassetto e definito parte del corpus dell’ordinanza stessa. Così come era avvenuto, in effetti, rispetto al verbale di polizia (richiamato dal tribunale) e che precisamente elencava i beni sequestrati.
Per quanto riguarda poi la pertinenzialità al reato delle cose sottoposte a sequestro la Cassazione ricorda che nel caso della finalità investigativa della misura apposta ai beni il Pm è tenuto a verificare solo il fumus di tale pertinenzialità e la giustificazione a fini di indagine di sottrarli alla disponibilità dell’indagato. Tale fumus si sostanzia nella percepibile contiguità da parte degli investigatori tra reato e bene sequestrato. Ciò che rende meno ampio il dovere di motivazione nel procedimento di convalida della misura. Come nel caso concreto dove già gli agenti avevano illustrato la finalità investigativa del sequestro - non tanto del denaro - ma dei telefoni quali strumenti tipici di contatto nel mondo della droga al fine di appurare quindi la provenienza dello stupefacente e rilevare magari la partecipazione a fatti di spaccio. Circostanze che sono sufficienti nell’immediatezza dell’accertamento del fatto da parte degli investigatori a giustificare la misura per legittime finalità investigative.
Ovviamente più avanza l’attività investigativa e più i giudici dovranno motivare sulla pertinenzialità delle cose alla commissione del reato. A rafforzamento della propria interpretazione la Cassazione fa l’esempio del sequestro probatorio applicato dagli agenti nel momento dell’accesso domiciliare degli investigatori riguardo alle scritture contabili quando si procede per reati fiscali o crisi d’impresa.