Civile

Comodato irregolare, Iva detraibile

Si può detrarre l’Iva per le opere su beni di terzi anche in presenza di irregolarità del comodato

di Laura Ambrosi

Si può detrarre l’Iva per le opere su beni di terzi anche in presenza di irregolarità del comodato. Occorre infatti provare che si tratti di un’operazione macroscopicamente antieconomica. A precisarlo è la Cassazione con la sentenza n. 22005 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate notificava a una associazione sportiva alcuni avvisi di accertamento per il recupero dell’Iva su lavori di ristrutturazione e ammodernamento su immobili di proprietà di terzi. Secondo l’Ufficio, l’ente non aveva un valido titolo autorizzativo per l’esecuzione delle opere su proprietà altrui e pertanto i relativi costi non erano inerenti. Peraltro, l’Agenzia sottolineava che la proprietà degli immobili era di due soggetti facenti parte dell’associazione, con evidenza dell’interesse privato. I provvedimenti venivano impugnati dinanzi al giudice tributario, che in appello accoglieva le ragioni della contribuente, ritenendo i lavori strumentali all’attività dell’associazione.

I giudici di legittimità, sul ricorso dell’Agenzia, hanno rilevato che l’associazione occupava gli immobili sui quali erano stati svolti i lavori edili, in forza di una scrittura privata. Secondo un orientamento consolidato, è rimesso al giudice di merito l’apprezzamento della valenza di una scrittura privata non autenticata (sentenze 6462/2018, 23425/2016), non esistendo alcuna elencazione tassativa dei fatti rilevanti a tal fine. Con riguardo all’Iva, la Cassazione ha ritenuto che va riconosciuto il diritto alla detrazione per i lavori di ristrutturazione o manutenzione su immobili di terzi, a condizione che sussista un nesso di strumentalità con l’attività di impresa o professionale, anche se solo potenziale o di prospettiva, e anche se tale attività non si sia concretamente esercitata per cause estranee al contribuente (Sezioni unite 11533/2018).

L’inerenza va valutata secondo un giudizio qualitativo e non quantitativo correlato all’impresa da svolgere. Per il recupero dell’Iva detratta, quindi, l’amministrazione deve dimostrare la macroscopica antieconomicità dell’operazione. Si tratta infatti, di un elemento sintomatico dell’assenza di correlazione con l’attività imprenditoriale svolta o da svolgere, potenzialmente idonea a dimostrare l’interesse del consumatore finale privato di detrarsi indebitamente dell’Iva. Nella specie, l’Ufficio non aveva fornito nei provvedimenti notificati elementi in tal senso e pertanto è stata confermata la decisione di appello.

La pronuncia è interessante poiché riguarda contestazioni frequenti. Non di rado, infatti, gli uffici disconoscono la deducibilità del costo e la detraibilità dell’Iva per oneri sostenuti su beni di terzi, solo per irregolarità relative al titolo di possesso. È il caso di comodati gratuiti non registrati, così come contratti di locazioni registrati tardivamente. Applicando il principio, per disconoscere l’Iva, occorre che l’Ufficio dimostri si tratti di costi macroscopici, a prescindere dalla regolarità del titolo di possesso del bene.

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