Il CommentoSocietà

Conferimento di azienda e responsabilità per i debiti pregressi

di Rossana Mininno

Con l'ordinanza n. 18070 del 5 luglio 2019 la Terza Sezione civile della Suprema Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla portata applicativa del secondo comma dell'articolo 2560 cod. civ. e all'ammissibilità di un'estensione, in sede di regolamentazione pattizia, della responsabilità dell'acquirente. Il legislatore del 1942 dedica alla generale materia della sorte dei rapporti in caso di trasferimento di azienda commerciale gli articoli 2558, 2559 e 2560.

L'articolo 2558 disciplina la successione nei contratti «stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale», prevedendo il subentro, fatte salve eventuali diverse pattuizioni, dell'acquirente. L'articolo 2559 disciplina il subentro nella titolarità delle posizioni creditorie, ricollegando l'efficacia, nei confronti dei terzi, della cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta alla mera iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, «anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione».

Infine, l'articolo 2560 disciplina la sorte dei debiti «inerenti l'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento», prevedendo, rispetto ad essi, la responsabilità dell'alienante, da valere nell'ipotesi in cui i creditori non abbiano consentito alla relativa liberazione, responsabilità cui si aggiunge, in virtù della previsione del secondo comma, quella dell'acquirente, il quale «risponde dei debiti suddetti … se essi risultano dai libri contabili obbligatori».


Quanto all'ambito oggettuale del secondo comma dell'articolo 2560 costituisce principio condiviso, a livello giurisprudenziale, quello secondo cui il regime fissato da tale disposizione «si applica ai debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, questi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma del precedente art. 2558 c.c. Ed infatti, in tal caso, la responsabilità si inserisce nell'ambito della più generale sorte del contratto non già del tutto esaurito, anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda» (in termini, Cass. civ., Sez. II, 6 aprile 2018, n. 8539, massima rv. 648012 - 02. Conformi ex multis Cass. civ., Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 8055; Cass. civ., Sez. I, 16 giugno 2004, n. 11318).


Quanto alla ratio legis della menzionata disposizione codicistica secondo la giurisprudenza prevalente la previsione ex lege della solidarietà dell'acquirente dell'azienda nell'obbligazione relativa al pagamento dei debiti dell'azienda ceduta è posta a tutela non del cedente, ma dei creditori dell'azienda ceduta (cfr. Cass. civ., Sez. I, 9 ottobre 2017, n. 23581, la quale precisa che la norma de qua «non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale»), nonché volta a consentire all'acquirente, in virtù del generale principio dell'affidamento, di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, 21 dicembre 2012, n. 23828; Cass. civ., Sez. I, 3 ottobre 2011, n. 20153; Cass. civ., Sez. I, 22 dicembre 2004, n. 23780).


L'iscrizione dei debiti nei libri contabili obbligatori è ritenuta, da detto orientamento giurisprudenziale, elemento costitutivo della responsabilità dell'acquirente dell'azienda, iscrizione che «non può essere surrogata dalla prova che l'esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell'acquirente medesimo» (Cass. civ., Sez. III, 10 novembre 2010, n. 22831, massima rv. 614830 - 01), essendo l'articolo 2560 cod. civ. norma a carattere eccezionale, non suscettibile di interpretazione analogica (cfr. Cass. civ., Sez. I, 20 giugno 2000, n. 8363).


Secondo un orientamento giurisprudenziale minoritario, invece, le passività aziendali si trasferiscono, unitamente all'azienda, in capo all'acquirente, quale obbligato in via principale, in quanto per i debiti anteriori all'alienazione l'articolo 2560 cod. civ. prevede un loro accollo cumulativo ex lege in capo al medesimo acquirente condizionato alla circostanza che detti debiti risultino dai libri contabili obbligatori (Cass. civ., Sez. I, 29 aprile 1998, n. 4367).


Con la recente ordinanza n. 18070 del 2019 i Supremi Giudici sono stati chiamati a pronunciarsi in ordine alla seguente fattispecie: Alfa S.p.A. ha domandato e ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di Tizio, titolare di una ditta individuale, in virtù del quale ha proceduto al pignoramento degli arredi dell'esercizio commerciale gestito dal debitore; Beta S.r.l. ha proposto opposizione di terzo ai sensi dell'articolo 619 cod. proc. civ., sostenendo che gli arredi pignorati erano stati, in precedenza, conferiti, quali beni aziendali, da Tizio nel capitale sociale della medesima Beta S.r.l., la quale ne aveva conseguentemente acquistato la proprietà. Successivamente al conferimento Tizio aveva cessato l'attività e cancellato la ditta individuale dal registro delle imprese.


L'opposizione è stata rigettata dal Tribunale con sentenza confermata in grado d'appello.
Beta S.r.l. è ricorsa per cassazione lamentando la violazione degli articoli 2558 e 2560 cod. civ. sulla base delle seguenti argomentazioni: «il cessionario di un'azienda commerciale risponde dei debiti di questa solo se gli stessi risultino dai libri obbligatori», mentre nel caso sub iudice «il creditore esecutante [Alfa S.p.A., n.d.r.] non aveva affatto dimostrato che i debiti pregressi dell'imprenditore individuale [Tizio, n.d.r.] risultassero dalle scritture contabili, con la conseguenza che la società [Beta S.r.l., n.d.r.] non poteva essere chiamata a rispondere delle obbligazioni di quello». I profili scrutinati hanno riguardato in primis la qualificazione dell'operazione intervenuta tra Tizio e la società Beta S.r.l. e in secundis l'individuazione del regime giuridico relativo alla responsabilità per le posizioni debitorie originariamente nella titolarità di Tizio.


Per quanto attiene al primo profilo i Giudici della Terza Sezione hanno ritenuto, in continuità con l'indirizzo giurisprudenziale esistente, che «il conferimento di un'azienda commerciale nel capitale sociale di una società di capitali costituisce una cessione d'azienda» (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, 28 settembre 2004, n. 19454; Cass. civ., Sez. V, 29 settembre 2006, n. 21229; Cass. civ., Sez. III, 24 aprile 2008, n. 10676; Cass. civ., Sez. II, 10 ottobre 2011, n. 20805), verificandosi, in concreto, un fenomeno traslativo, diverso dal caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, equivalente a una cessione della medesima azienda in favore della società conferitaria.


Da ciò discende, secondo l'iter logico-argomentativo seguito dai Supremi Giudici, l'applicabilità alla fattispecie dell'articolo 2560, cod. civ.: la società conferitaria risponde dei debiti pregressi inerenti l'azienda risultanti dai libri contabili obbligatori e, nel contempo, il conferente non è liberato dai debiti suddetti in difetto del consenso da parte dei creditori. Un ulteriore profilo, oggetto di scrutinio, ha riguardato la regolamentazione, intervenuta a livello pattizio tra le parti, della responsabilità per le posizioni debitorie originariamente nella titolarità di Tizio.


Come rilevato dagli atti di causa, «il conferimento dei beni di [Tizio, n.d.r.] nel capitale sociale della [Beta S.r.l., n.d.r.] avvenne con un atto nel quale l'oggetto del conferimento era, per quanto qui rileva, così descritto: “[il conferimento avrà ad oggetto] “i debiti aziendali risultanti dalla situazione patrimoniale o comunque riferibili ad una data anteriore a quella odierna”. [Tizio] conferì dunque nel capitale sociale della [Beta S.r.l.] due diverse categorie di crediti: -) sia i debiti aziendali risultanti dalla situazione patrimoniale; -) sia i debiti aziendali “comunque riferibili ad una data anteriore a quella odierna”».


I Supremi Giudici, dopo aver valorizzato l'uso della preposizione disgiuntiva “o” e dell'avverbio “comunque”, hanno ritenuto che «i debiti aziendali rifluiti nel capitale sociale erano quelli che, alternativamente, o risultavano dalle scritture contabili ovvero, pur non risultando da queste, erano sorti prima del conferimento», concludendo che, pur essendo «vero che è onere di chi voglia far valere i crediti contro l'acquirente dell'azienda di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche l'iscrizione nei libri contabili», nella fattispecie in esame «il conferimento nel capitale sociale ha riguardato non solo i debiti iscritti, ma anche tutti quelli “riferibili ad una data anteriore a quella” della cessione, a prescindere dalla loro iscrizione nelle scritture contabili».


In sede di decisione i Giudici della Terza Sezione hanno attribuito rilievo dirimente alle previsioni dell'atto di conferimento, in virtù delle quali la società conferitaria «acquisì i crediti ed i debiti aziendali anche non iscritti, divenendo così titolare dal lato passivo delle relative obbligazioni»: la mancata annotazione dei debiti nelle scritture contabili del conferente non impedisce la successione della società conferitaria ove il contratto di conferimento d'azienda contenga un patto espresso in tal senso, con la conseguenza, in termini di legittimazione sostanziale e processuale, che «la società nella quale sia confluita l'azienda di altra è soggetta all'esecuzione forzata fondata su un titolo giudiziale pronunciato nei confronti del conferente l'azienda».