Civile

Credito Iva non compensabile in assenza di dichiarazione

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di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Integra il reato di indebita compensazione l'utilizzo di un credito derivante dalla dichiarazione omessa del precedente periodo di imposta: è infatti impedito ogni controllo sulla sussistenza del credito, a nulla rilevando eventuale altra documentazione fiscale prodotta dal contribuente.

A fornire questo rigoroso principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 41229 depositata ieri.

Il legale rappresentante di una società veniva condannato per il reato di indebita compensazione (articolo 10 quater del Dlgs 74/2000). In particolare, aveva omesso il versamento delle imposte utilizzando un credito Iva scaturente da una dichiarazione dell'anno precedente non presentata.

La Corte di appello confermava la sentenza del Tribunale. L'imputato ricorreva così in Cassazione, lamentando tra i diversi motivi, l'insussistenza del reato contestato atteso che il giudice territoriale aveva fondato la sua decisione solo sulla mancanza della dichiarazione riportante il credito, senza alcuna concreta valutazione sull'esistenza dello stesso.

La Suprema corte ha ritenuto infondato il ricorso. Innanzitutto ha ribadito che il delitto di indebita compensazione è integrato anche per l'utilizzo di credito non spettante, ossia quel credito che, pur eventualmente certo nella sua esistenza e nel suo esatto ammontare, per qualsiasi ragione normativa non è utilizzabile in compensazione (Cass. 3367/2015). Nella specie, la società non aveva presentato il modello Iva dell'anno precedente dal quale sarebbe dovuto risultare il credito utilizzato in compensazione.

I giudici hanno così rilevato che la spettanza del credito presuppone la sua indicazione nella precedente dichiarazione, poiché solo così è consentita la verifica dell'effettiva sussistenza. Di conseguenza, l'omessa presentazione della dichiarazione rappresenta, secondo la Cassazione, una condizione ostativa alla successiva compensazione, a nulla rilevando l'eventuale invio di altre precedenti comunicazioni di carattere fiscale da parte del contribuente.

La decisione è particolarmente rigorosa poiché si pone in contrasto con l'interpretazione della norma sotto un profilo squisitamente tributario.

Secondo la sezione tributaria della Cassazione, infatti, in adesione ai principi della Corte di giustizia, il contribuente ha diritto al credito Iva se, pur omettendo la dichiarazione annuale, dimostra i requisiti sostanziali per la detrazione dell'imposta (ordinanza n. 1962/2017). Peraltro, secondo le Sezioni unite (17757/2016) pur in mancanza di dichiarazione annuale, l'eccedenza d'imposta va riconosciuta se sono rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, il cui onere probatorio è a suo completo carico. Gli elementi così prodotti dovranno essere poi valutati dal giudice di merito.

In tale contesto, l'agenzia delle Entrate, con due circolari (34/2012 e 21/2013) aveva invitato i propri uffici a verificare la sussistenza del diritto di credito a prescindere dall'eventuale omessa dichiarazione.

In linea di massima, quindi, in presenza dei requisiti sostanziali, l'amministrazione finanziaria riconosce il diritto del contribuente già in sede di contraddittorio, senza costringerlo al giudizio tributario.

Il principio ora affermato dalla Cassazione penale, peraltro, escluderebbe di fatto la causa di non punibilità prevista per l'ipotesi di pagamento del credito non spettante entro l'apertura del dibattimento di primo grado (articolo 13 del Dlgs 74/2000) in quanto nessuna contestazione fiscale (da sanare) viene mossa in queste ipotesi dall'agenzia delle Entrate.

Di conseguenza si verificherebbe l'integrazione del delitto di indebita compensazione, pur in assenza di contestazioni sotto il profilo fiscale.

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