Società

Crisi di impresa e misure cautelari, non si può imporre la prosecuzione di un rapporto contrattuale ormai cessato

Nuova pronuncia in tema di conferma delle misure protettive e cautelari nell'ambito della composizione negoziata

di Francesco Aliprandi, Alessandro Turchi*

Con ordinanza del 26 dicembre 2022 il Tribunale di Modena , sezione terza civile, si è pronunciato sul tema della conferma delle misure protettive e cautelari nell'ambito della composizione negoziata, sancendo l'impossibilità di imporre la prosecuzione di un rapporto contrattuale ormai cessato per il decorso del suo naturale termine in quanto l'art. 18 , comma quinto, del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) si riferisce ai rapporti pendenti sino alla loro naturale scadenza.

Il caso

Una società in composizione negoziata chiede, ai sensi dell'art. 18 del Codice della crisi, da un lato la conferma delle misure protettive per la durata di centoventi giorni e dall'altro che all'interno di tali misure si debba ricomprendere l'ulteriore obbligo per due specifici creditori di continuare l'esecuzione di prestazioni regolate da uno specifico contratto che sarebbe scaduto a brevissimo.

In via subordinata, la società chiede altresì che qualora la continuazione delle predette prestazioni non sia un effetto riconducibile alla sfera applicativa delle misure protettive, il Tribunale in composizione monocratica lo disponga in via cautelare per la durata massima di sessanta giorni. Tale richiesta si basa su quanto previsto dall'art 18, comma 5, del Codice della crisi, il quale stabilisce che i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1, ossia l'applicazione delle misure protettive stesse. Inoltre, la norma dispone che gli stessi creditori possono sospendere l'adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive fino alla conferma delle stesse.

I pareri dell'esperto e dell'ausiliario

Il tribunale modenese prima di esprimersi in ordine alla richiesta effettuata dalla società ricorrente dispone di sentire il parere dell'esperto e del nominato ausiliario.

L'esperto all'interno del suo parere, oltre ad evidenziare significativi profili di criticità in relazione alla situazione patrimoniale e finanziaria della società, al piano di tesoreria, nonché, in generale, al piano di risanamento predisposto dalla società, ritiene comunque opportuna la richiesta di conferma di misure protettive. Diversamente, in relazione alle misure cautelari invocate l'esperto evidenzia come l'interesse della ricorrente debba necessariamente essere contemperato con quello dei creditori a non vedere ulteriormente incrementato il proprio rischio imprenditoriale, che potrebbe avvenire proprio con la continuazione dei contratti.

Sulla stessa linea di pensiero risulta il parere dell'ausiliario. Infatti, all'interno della sua relazione evidenza in relazione al piano di risanamento rilevanti limiti sulla sua coerenza e attendibilità che, tuttavia, non pregiudicano effettive possibilità di risanabilità anche attraverso l'utilizzo di strumenti maggiormente strutturati come il concordato preventivo. Quanto alla strumentalità delle misure protettive rispetto alle trattative con i creditori, l'ausiliario conclude ritenendole coerenti con la composizione della crisi. In ordine alla conferma di misure cautelari invece, come ritenuto anche dall'esperto, l'ausiliario ritiene che tale richiesta non sia funzionale al perseguimento delle trattative
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La decisione del Tribunale

Sulla scorta di tali conclusioni, prima dell'esperto e successivamente dell'ausiliario, il Tribunale di Modena in composizione monocratica accoglie solo in parte la richiesta avanzata dalla ricorrente per i seguenti motivi.

In primis chiarisce che la continuazione dell'esecuzione delle prestazioni disciplinate dalla scrittura privata delle parti, debitore e due suoi creditori, che sarebbe scaduta da lì a pochi giorni, non rientra nel perimetro applicativo dell'art. 18, comma 5 del Codice della crisi. Tale disposizione, che disciplina l'impossibilità per i creditori di rifiutare l'adempimento di contratti pendenti o di provocarne la risoluzione anticipata per il solo fatto che il debitore non abbia proceduto al pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza con cui si richiedono le misure protettive, secondo il tribunale modenese si riferisce a rapporti pendenti sino alla loro naturale scadenza. Ne discende che tale disposizione non consente in nessun modo di perseguire un rapporto contrattuale ormai cessato per il decorso naturale del termine.

Inoltre, il Giudice stabilisce che la richiesta della ricorrente non rientra tra gli effetti applicativi delle misure protettive, ma piuttosto delle misure cautelari per loro natura atipiche. Infatti, ai sensi dell' art. 2 lett. q) del Codice della crisi, le misure cautelari sono definite come quei provvedimenti a tutela del patrimonio e dell'impresa che appaiono più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e, all'interno della composizione negoziata, siano "necessari per condurre a termine le trattative", come previsto dall'art. 19 comma 1 del Codice della crisi.

Pertanto, come la giurisprudenza di merito ha già sostenuto ( Tribunale di Catania del 25 luglio 2022 ), tramite la richiesta di misure cautelari, il ricorrente non può ottenere benefici maggiori o diversi rispetto alla ristrutturazione del proprio debito. Di conseguenza non può richiedere ed ottenere la possibilità di imporre un facere alla controparte coinvolta nelle trattative che produrrebbe così effetti non ottenibili nemmeno all'esito di un contenzioso o che comunque richiedono l'apertura di un tale procedimento.

Ritenere infatti possibile l'applicazione di misure cautelari che impongono un facere ad una propria controparte comporterebbe l'ottenimento di risultati non raggiungibili nemmeno con altri strumenti di risoluzione della crisi maggiormente strutturati come gli accordi di ristrutturazione ove non si può imporre ai creditori l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di finanziamenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti così come disciplinato dagli artt. 61 e 62 del Codice della crisi.

In conclusione, il Tribunale di Modena sancisce un importante principio di diritto secondo il quale, in tema di conferma delle misure cautelari, l'interesse al risanamento dell'impresa non può giungere sino ad imporre non soltanto un sacrificio del diritto di credito, ma anche l'imposizione di nuove prestazioni in forza di un rapporto contrattuale ormai concluso. Tale previsione, dunque, tutela il diritto dei creditori a non vedersi ampliato il loro sacrificio nel percorso di risanabilità che tuttavia potrebbe rendere maggiormente difficile la prosecuzione di rapporti strategici non pendenti nel momento in cui si richiede l'applicazione di tali misure.

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*A cura di Francesco Aliprandi e Alessandro Turchi, Soci Studio Acciaro & Associati S.t.p


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