Società

Crisi di impresa: prime pronunce sull'accesso alla composizione negoziata

Dalle prime pronunce sembra emergere la tendenza verso una rigorosa disamina giudiziale dei presupposti di accesso alla composizione negoziata

di Lorenzo Crocini*

Con le prime pronunce di merito sui ricorsi introdotti ai sensi dell Tribunale di Viterbo 14.02.2022 (in causa n. 93/2022 V.g.) pone l'accento sulla necessità di delibare, secondo un'analisi prognostica, le possibilità che, attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata, l'impresa possa essere risanata; valutata, sulla base degli elementi contabili a disposizione, la sussistenza di uno stato di "insolvenza risalente" non reversibile e ritenute del tutto carenti le previsioni del piano depositato ai sensi dell'art. 7 comma 2 lett. d) (DL 118/2021), il giudice, nel caso sottoposto ad esame, ha disposto la revoca delle misure protettive e la segnalazione al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 7 legge fallimentare.

Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza di revoca delle misure del 15.02.2022 (in causa n. 203/2022 V.g.) ha d'altro canto giudicato impeditivo lo stato di liquidazione della società protratto per anni, affermando che "… si palesa un ossimoro l'accesso al procedimento da parte di una società in liquidazione, peraltro ormai da quasi dieci anni, senza che neppure sia dedotta (oltre che documentata) la sussistenza dei presupposti per la revoca della causa di scioglimento e dello stato di liquidazione. Rimane oscuro come ... un'impresa in fase di chiusura liquidatoria dei rapporti possa vedere ripristinato un equilibrio economico-finanziario atto a resuscitarne la continuità, mettendola in condizione di produrre valore".

Sulla stessa linea di pensiero anche il Tribunale di Ferrara ( ordinanza 21.03.2022 , in causa n. 570/2022 V.g.), che considera inapplicabile la procedura in commento quando la finalità immediata sia solo la liquidazione dell'attivo con conseguente pagamento falcidiato dei creditori "… ed essendo la ripresa della continuità del tutto astratta e meramente ipotetica".

Il provvedimento del Tribunale di Arezzo 16.04.2022 (in causa n. 902/2022 V.g.) suscita interesse per il tentativo di riconsiderare il rigore testuale dell'art. 2 comma 1 della normativa in commento, estendendone l'applicabilità anche all'imprenditore in crisi o finanche insolvente.

A sostegno della propria conclusione, il giudice individua rilevanti indici sistematici nel tenore dell 'art. 23 D.L. n. 118/2021 , che impedisce il deposito dell'istanza in pendenza di procedure concorsuali, dell' art. 6 comma 4 , che impedisce la pronuncia di sentenza dichiarativa di fallimento o accertamento dello stato di insolvenza dal giorno di presentazione dell'istanza e sino a conclusione delle trattative o archiviazione; dell'art. 9 comma 1 , che detta una regola di condotta per l'imprenditore in stato di crisi nel corso delle trattative.

Se il legislatore avesse voluto rendere tassativo il disposto dell'art. 2 comma 1 , si sostiene probabilmente a buon diritto, non avrebbe specificato che la pendenza di procedure concorsuali impedisce la negoziazione, né avrebbe previsto l'impossibilità di emettere sentenza dichiarativa pendente la negoziazione (impossibilità che evidentemente presuppone la possibile evenienza di un'insolvenza palese), né, infine, avrebbe dettato regole di condotta a tutela dei creditori.

Raggiunto questo approdo, tuttavia l'attenzione del giudice si sposta sul concetto di risanamento, posto al centro dell'intera disciplina, che conduce alla necessità di verificare, sia pure in sede sommaria, l'effettiva consistenza della crisi e il probabile sbocco che la composizione negoziata dovrà necessariamente avere, alla luce delle effettive potenzialità necessarie al superamento dello stato di liquidazione del soggetto ricorrente e alla permanenza nel mercato di riferimento; anche in questo caso, la prognosi è negativa e le misure protettive sono oggetto di revoca:
"…ritiene il Tribunale che ad essere incompatibile con la composizione negoziata non è tanto lo stato di liquidazione societaria in sé considerato, quanto la sussistenza di un'insolvenza irreversibile e l'assenza di una concreta prospettiva di risanamento, inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all'impresa di restare sul mercato, se del caso previa revoca dello stato di liquidazione".

A conclusione di questa breve analisi, pare emergere chiaramente la tendenza verso una rigorosa disamina giudiziale dei presupposti di accesso alla composizione negoziata, nel rispetto delle ragioni di fondo della nuova disciplina che si legano ai concetti di prevenzione, risanamento e prosecuzione dell'attività economica; una tendenza da accogliere con favore poiché certamente idonea alla migliore tutela dei diritti soggettivi coinvolti.

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*A cura dell'Avv. Lorenzo Crocini, Partner 24 ORE Avvocati

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