Diritti di visita e incoercibilità del diritto-dovere del genitore non collocatario di incontrare il figlio minore. Inapplicabilità dell'art. 614-bis c.p.c.
La Suprema Corte, con ordinanza 6 marzo 2020, n. 6471 , si è pronunciata su una tematica assai delicata, che attiene alla coercibilità o meno, ex art. 614-bis c.p.c., del diritto-dovere del genitore non collocatario di vedere e tenere con sè i figli minori, in adempimento dei provvedimenti di separazione, di divorzio o di quelli che regolano i rapporti con i figli nati fuori dal matrimonio ex artt. 316, comma IV e 337-bis c.c..
La Suprema Corte, con ordinanza 6 marzo 2020, n. 6471 ,
si è pronunciata su una tematica assai delicata, che attiene alla coercibilità o meno, ex art. 614-bis c.p.c., del diritto-dovere del genitore non collocatario di vedere e tenere con sè i figli minori, in adempimento dei provvedimenti di separazione, di divorzio o di quelli che regolano i rapporti con i figli nati fuori dal matrimonio ex artt. 316, comma IV e 337-bis c.c..
Come è noto, a norma del primo comma dell'art. 614-bis c.p.c. "Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento".
La predetta norma, introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 69/2009, prevede uno strumento di coercizione indiretta al fine di incentivare l'adempimento spontaneo degli obblighi non facilmente coercibili. La disposizione, infatti, impone, in capo al soggetto inadempiente, l'obbligo di pagare una somma di denaro al fine di indurlo a realizzare la sua obbligazione.
La questione, pertanto, attiene all'applicabilità o meno di tale disposizione normativa al peculiare caso in cui un genitore si sottragga al proprio obbligo di vedere e tenere con sé i figli minori.
Nel caso oggetto di pronuncia, il genitore collocatario, la madre, aveva chiesto ed ottenuto, in primo grado, che il padre venisse sanzionato, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 614-bis c.p.c. per l'inosservanza degli obblighi di visita fissati dal Tribunale.
La Corte d'Appello, adita in secondo grado in via di reclamo dal genitore non collocatario, aveva inteso confermare il provvedimento di prime cure, condannando il padre a versare alla madre la somma di € 100,00 per ogni futuro inadempimento all'obbligo di incontrare il figlio.
In controtendenza rispetto ai due precedenti gradi di giudizio di merito, gli Ermellini, con l'ordinanza sopra citata, hanno invece accolto il ricorso proposto in sede di legittimità dal genitore non collocatario, cassando senza rinvio il provvedimento impugnato e decidendo nel merito.
La motivazione è da ricercarsi, in via generale, nella natura stessa dell'obbligazione posta a carico del genitore non collocatario, per "ragioni d'indole sistematica che leggono nel diritto di famiglia un diritto speciale le cui relazioni ispirate al'attuazione dell'interesse preminente del minore rinvengono in esso fondamento e, se nel caso, limite".
Secondo la Suprema Corte, il diritto-dovere di vista del genitore non collocatario si declina in un duplice contenuto: in quanto diritto, nella sua declinazione attiva, è tutelabile nei confronti dell'altro genitore (quello collocatario) che deve astenersi dal porre in essere condotte ostruzionistiche del diritto di visita; in quanto dovere, nella sua declinazione passiva, si basa, invece sulla autonoma e spontanea osservanza dell'interessato. In altre parole, l'esercizio di tale dovere non può che essere rimesso alla libera scelta di colui che ne sia onerato, per una discrezionalità che – osserva la Corte - "pur non essendo assoluta e rivolta alla tutela dell'interesse indicato dalla legge, entro siffatto limite deve trovare ragione e termine ultimo di esercizio".
Tuttavia, non può non considerarsi che, quale contraltare al diritto-dovere del genitore, si colloca il principio di bigenitorialità, che, affondando le sue radici nella Convenzione sui diritti del fanciullo, siglata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata nell'ordinamento interno con l. 176/1991, assurge a vero e proprio diritto soggettivo del minore a ricevere cura, amore ed educazione da entrambi i genitori, a prescindere dall'esistenza di un rapporto affettivo tra gli stessi.
Come sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 9764/2019, infatti, il principio di bigenitorialità va inteso"come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione e istruzione" del minore.
Come si rapportano, dunque, queste due posizioni, in apparenza coincidenti, nel caso in cui un genitore si sottragga al proprio obbligo di frequentazione?
Ebbene, secondo la Suprema Corte, non appare possibile considerare coercibile il diritto-dovere del genitore non collocatario, per più ordini di motivi.
In primo luogo, come sopra già accennato, per la sua peculiare natura. Trattandosi, infatti, di una "esplicazione della relazione tra il genitore e il figlio", non è pensabile che esso divenga oggetto di una condanna ad un facere, sia pure infungibile.
E' bene ricordare, infatti, che le visite genitori/figli costituiscono un aspetto essenziale in cui si esprime il rapporto genitoriale, che trova la sua fonte privilegiata nella Costituzione. A norma dell'art. 30 Cost., infatti, "E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio".
Si tratta, quindi, di un potere-funzione non sussumibile negli obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell'art. 709-ter cod. proc. civ., una "grave inadempienza" ed è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte.
In secondo luogo, vi è da considerare che un provvedimento di condanna ex art. 614-bis c.p.c. andrebbe verosimilmente a pregiudizio del diritto del minore, collidendo inevitabilmente con il suo superiore interesse, inteso come "crescita ispirata a canoni di equilibrio ed adeguatezza".
Come correttamente segnalato dalla Corte, infatti, l'interesse del minore andrebbe a subire "una monetizzazione preventiva e una conseguente grave banalizzazione di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione" .
Non solo. A parere di chi scrive, vi sono altresì da considerare gli aspetti pratici di un provvedimento di condanna ex art. 614-bis c.p.c.: la costrizione ad adempiere per non dover corrispondere del denaro in conseguenza di violazioni e/o inosservanze, potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità stessa della relazione del genitore con il figlio, con conseguente grave pregiudizio per il benessere psico-fisico di quest'ultimo.
Ciò non significa, tuttavia, che le condotte inadempienti di un genitore non abbiano delle conseguenze. E' inevitabile che, a fronte di una persistente situazione di disinteresse per il figlio minore, il genitore divenga destinatario – in ambito civilistico - di provvedimenti di modifica delle condizioni di collocamento e di affidamento, sino a giungere alla ben più grave e drastica pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 e 333 c.c.