Famiglia

Divorzio, le violenze fisiche sono sufficienti a giustificare l'addebito

La Cassazione precisa inoltre che è irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale

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di Mario Finocchiaro

Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale. Lo sottolina la I sezione della Cassazione con l'ordinanza 24 ottobre 2022 n. 31351 . Nella specie la Corte di appello aveva escluso potesse affermarsi che la separazione era addebitabile al marito sia per la mancata indicazione di fatti specifici e concreti di atti di violenza subiti, sia per l'assenza di elementi documentali ovvero di deposizioni di soggetti estranei al contesto familiare confermativi della pretesa condotta violenza. In applicazione del principio che precede la S.C: ha cassato tale pronunzia atteso che il giudice a quo, da un lato, aveva trascurato una serie di atti (querele, provvedimenti del questore, referti ospedalieri) suscettibili di evidenziare le violenze cui era sottoposta la ricorrente, dall'altro aveva reso, sull'esame delle risultanze testimoniali una motivazione carente ed illogica, oltre che contradditoria, atteso che dalle deposizioni testimoniali risultava un quadro di relazione improntato alla violenza.

I precedenti
In termini generali Cassazione, ordinanze 22 marzo 2017 n. 7388, e 19 febbraio 2018 n. 3925.
In questa ultima la precisazione, altresì, che l'accertamento di reiterate violenze, fisiche e morali, esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze stesse, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei. (In quest''ultimo senso, Cassazione, sentenza 7 aprile 2005 n. 7321).

Unico espisodio di percosse
Sempre al riguardo si è evidenziato, altresì:
- la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall'altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona, Cassazione, sentenze 14 gennaio 2016 n. 433; 14 gennaio 2011 n. 817, in Diritto di famiglia, 2011, p. 1200;
- in tema di addebitabilità della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili - traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner - essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere, Cassazione, sentenza 14 aprile 2011 n. 8548;

Irrilevante la tolleranza del coniuge
- nell'ipotesi in cui si sia verificata, durante la convivenza matrimoniale e prima della domanda di separazione, la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, il giudice, per ritenerla ininfluente in relazione all'addebitabilità della separazione, deve accertare in modo rigoroso e puntuale il carattere meramente formale della convivenza; a tal fine è, peraltro, irrilevante l'eventuale tolleranza di un coniuge rispetto alla violazione di tali doveri da parte dell'altro, vertendosi in materia in cui diritti e doveri sono indisponibili, Cassazione, sentenza 27 giugno 1997 n. 5762, in Archivio civile, 1997, p. 1092, resa in una fattispecie in cui la sentenza del merito aveva escluso che le percosse inflitte dal marito alla moglie potessero costituire ragione di addebito all'uomo, in quanto già da molti anni prima il matrimonio s'era ridotto ad un «simulacro», rispetto al quale tutte le violazioni dei doveri coniugali da lui commesse non avrebbero avuto alcuna efficacia causale nel determinare l'intollerabilità della convivenza: la suprema corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza, per avere omesso di dimostrare, con concreti elementi asseverativi, il preesistente carattere meramente formale della convivenza all'epoca dei fatti;
- ai fini della pronuncia di separazione giudiziale dei coniugi con addebito, l'indagine del giudice di merito sulla intollerabilità della convivenza, provocata da condotte violente e di persecuzione morale di un coniuge nei confronti dell'altro, non deve fondarsi sul solo esame atomistico delle singole specifiche condotte, in quanto implica la valutazione dei fatti in un unico contesto, con riferimento all'atteggiamento complessivamente tenuto nell'arco dell'intera vita matrimoniale, Cassazione, sentenza 2 settembre 2005 n. 17710, in Foro it., 2005, I, c. 2993, che ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l'addebito della separazione al marito, pur avendo accertato due episodi di violenza fisica di questi nei confronti della moglie, distanziati negli anni, assumendo apoditticamente che tali episodi non avevano avuto efficacia causale nel determinare l'intollerabilità della convivenza.
In dottrina, in margine a quest'ultima pronuncia, Fantetti F.R., Comportamento violento del coniuge e violazione della regola del consenso tra coniugi, in Famiglia, persone e successioni, 2006, p. 497; Carbone V., L'addebitabilità della separazione concerne i comportamenti contrari ai doveri coniugali o anche ai doveri verso i figli?, in Famiglia e diritto, 2005, p. 592; Dosi G., Educare i figli? Dovere verso il coniuge. Chi rovina i rapporti rischia la separazione con addebito, in Diritto e giustizia, 2005, fasc. 35, p. 12.

La posizione dei giudici di merito
Per i giudici di merito:
- nel senso che è giusta causa di abbandono della casa familiare l'aver subìto violenze fisiche e morali da parte dell'altro coniuge, pur se risulti provato un solo, ma significativo episodio, il quale, configurandosi come evento determinante la rottura dei rapporti coniugali, rende irrilevante l'abbandono del domicilio, nonché la successiva relazione extraconiugale con un terzo, Tribunale di Cagliari, sentenza 16 giugno 2014, in Riv. giur. sarda, 2015, I, 95, con nota di Flore S., Violenza domestica e nesso causale con la crisi coniugale;
- per il rilievo che in tema di separazione e di presupposti per l'addebito rileva la reiterata e duratura condotta illecita del coniuge tradottasi in un mobbing familiare, realizzatasi attraverso violenze, soprusi ed un clima di tensione e mancanza di rispetto, Tribunale di Varese, sentenza 11 gennaio 2011, in Diritto di famiglia, 2011, p. 1282.
Sempre sulla rilevanza della condotta violenta di uno dei coniugi si è affermato, altresì:
- poiché qualsiasi provvedimento in tema di affidamento della prole va adottato alla stregua dell'esclusivo interesse della stessa e dell'irrilevanza degli interessi eventualmente difformi, se non, addirittura, confliggenti dei genitori, va disattesa l'istanza del padre, rivolta ad una intensificazione della frequentazione del figlio, di cinque anni, allorché il richiedente non fornisca adeguate garanzie circa lo svolgimento di un'attività educativa proficua per l'infante, dopo essersi, per di più, reso responsabile di gravi atti di violenza e di sopraffazione nei confronti dell'altro genitore (a nulla rilevando che tali atti possano anche non costituire reato), ed avere posto in essere comportamenti pericolosi per il figlio, quali il condurlo su di una motocicletta di grossa cilindrata, o farlo sedere, contra legem, sul sedile anteriore della propria autovettura, Corte Appello di Roma, sentenza 6 ottobre 1005, in Diritto di famiglia, 1996, p.1009;
- qualora non risulti che i figli minori siano stati oggetto di comportamenti parentali ad essi seriamente dannosi, ma risultino essere stati posti in essere soltanto atti e comportamenti spiegabili alla luce della rilevante tensione interpersonale tipica della fase iniziale della rottura dell'unione matrimoniale (quali violenze verbali tra genitori, ostacoli frapposti all'incontro dei figli con uno dei genitori, asportazione di oggetti, valori e ricordi dalla casa familiare), non sussistono i presupposti e le condizioni per l'emissione di provvedimenti ablativi o limitativi della potestà parentale, mentre ogni altra statuizione, anche urgente, relativa alla regolamentazione dell'affidamento della prole ed alle modalità d'attuazione del diritto di visita del genitore non affidatario, è di competenza, in pendenza del processo di separazione personale, del giudice di quest'ultima, Tribunale Minorenni Molise, sentenza 23 aprile 1992, in Diritto di famiglia, 1992, p. 735.

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