Economia dello Spazio, approda in Parlamento il testo definitivo
Tra le modifiche più significative, rispetto alla prima bozza approvata il 20 giugno 2024, una maggiore responsabilizzazione degli operatori spaziali e un minor intervento dello Stato
Il 10 settembre 2024, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, hanno presentato alla Camera dei Deputati il testo definitivo del disegno di legge recante “Disposizioni in materia di economia dello spazio”.
Questo provvedimento, già collegato alla manovra di bilancio tramite la Nota di aggiornamento del DEF 2023 e il DEF 2024, segna un momento fondamentale per la regolamentazione delle attività spaziali italiane, un settore in forte crescita che sta acquisendo un ruolo strategico nell’economia nazionale e globale. Rispetto alla prima bozza, approvata il 20 giugno 2024 dal Consiglio dei Ministri il testo presenta alcune differenze che meritano di essere segnalate.
Obiettivi e contesto del disegno di legge
Come già evidenziato in un precedente contributo, quello del disegno di legge è un obiettivo ambizioso: regolamentare l’intera gamma di attività spaziali svolte da operatori di qualsiasi nazionalità sul territorio italiano, nonché le attività spaziali condotte da operatori italiani all’estero, in attuazione del Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, anche definito Outer Space Treaty (OST). In un panorama globale sempre più dinamico, caratterizzato da investimenti privati senza precedenti, l’intento del Governo è chiaramente quello di stabilire un quadro normativo che favorisca l’ingresso dei privati nel settore spaziale, incentivare collaborazioni internazionali e stimolare l’innovazione tecnologica.
La situazione dell’Italia rispetto agli altri paesi
Dalla Relazione illustrativa allegata al disegno di legge emerge chiaramente che, pur avendo ratificato i principali trattati internazionali applicabili in materia, l’Italia è ancora priva di una normativa unitaria e organica che regoli le operazioni spaziali. Al contrario, altri paesi come Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Belgio e Olanda hanno già adottato specifiche legislazioni nazionali per il settore.
In base agli articoli VI e VII del Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico (OST), gli Stati sono responsabili delle “attivitànazionali” spaziali, comprese quelle condotte dai privati, e devono garantirne l’autorizzazione e la supervisione. Tuttavia, tali disposizioni lasciano agli ordinamenti nazionali il compito di definire i criteri di applicazione e regolamentazione.
In questo contesto, con il DDL l’Italia ha scelto di allinearsi ai principali Paesi attivi nel settore spaziale, adottando una definizione ampia di “attività spaziale”, che include tutte le operazioni di natura orbitale.
Inoltre, un elemento comune tra gli ordinamenti giuridici esaminati, sottolineato nella Relazione, è la presenza di un regime autorizzatorio. A questo proposito, la Relazione illustrativa evidenzia alcune differenze significative da un punto di vista comparatistico: mentre paesi come Regno Unito, Giappone, Stati Uniti e Norvegia rilasciano autorizzazioni per le singole operazioni spaziali, la Francia adotta licenze generali con durata decennale e, in alcuni casi, come in Ucraina e Australia, le licenze possono avere una durata fino a venti anni.
L’Italia, attraverso il disegno di legge, pare adottare un approccio più simile a quello di Stati Uniti, Giappone e Norvegia, richiedendo un’autorizzazione specifica per ciascuna attività spaziale, pur prevedendo autorizzazioni più ampie per attività spaziali interconnesse e per il lancio di costellazioni satellitari, dove una singola autorizzazione può coprire l’intera operazione.
Autorizzazioni e responsabilità
Per quanto riguarda le autorità competenti, la Relazione evidenzia come in molti ordinamenti le autorizzazioni vengano rilasciate dai Ministeri responsabili degli affari economici, delle imprese e dell’industria, mentre le attività di vigilanza e controllo siano affidate alle agenzie spaziali nazionali.
Un aspetto cruciale è la previsione di un’assicurazione obbligatoria. Gli importi variano a seconda del paese: Regno Unito e Slovenia, ad esempio, prevedono una copertura minima di 60 milioni di euro, mentre gli Stati Uniti adottano un regime più flessibile.
Sotto questo profilo, il testo del disegno di legge italiano conferma l’obbligo per gli operatori spaziali di assicurare una copertura dei danni derivanti dalle attività spaziali con un massimale di almeno 100 milioni di euro per ciascun sinistro, con la possibilità di introdurre fasce di rischio con massimali inferiori, fino a un minimo di 50 milioni di euro, o 20 milioni nel caso delle start-up innovative.
Modifiche rispetto alla versione precedente presentata a giugno 2024
Rispetto alla versione approvata nel giugno 2024, emergono alcune modifiche significative, anche se in ogni caso le principali disposizioni della bozza di legge presentata nel giugno del 2024 rimangono confermate.
In primo luogo, giàall’articolo 1, è stata inserita la specificazione che la legge si applica all’accesso allo spazio extra-atmosferico, chiarendo in questo modo che le principali attività disciplinate risultano principalmente quelle orbitali (i.e., tendenzialmente attività che vengono effettuate al di sopra dei 100km oltre il livello del mare). Inoltre, è stato esplicitamente incluso l’obiettivo di valorizzare le nuove tecnologie per l’osservazione della Terra e per la prevenzione dei rischi naturali e antropici.
Dal punto di vista sistematico, viene eliminato il riferimento allo “Stato di immatricolazione”, previsto nella sezione legata alle definizioni, lasciando unicamente la definizione di “Stato di lancio” rimandando alla definizione contenuta nella Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali. Ai sensi della Relazione, infatti, la registrazione è considerato un fattore determinante per individuare quale Paese debba considerarsi “Stato di lancio”, con le relative conseguenze in termini di responsabilità e danni. Inoltre, la registrazione è un aspetto rilevante anche in relazione alla giurisdizione dello Stato e al controllo dell’oggetto e del personale a bordo.
Un’altra modifica rilevante riguarda i requisiti oggettivi per ottenere l’autorizzazione: ora si richiede anche la dimostrazione della capacità dell’operatore di gestire l’oggetto spaziale in modo sicuro, inclusa la possibilità di assicurare il rientro nell’atmosfera in modo controllato. In caso di perdita di tali requisiti, l’autorizzazione potrà essere modificata per ragioni sopravvenute.
In aggiunta, il ruolo del COMINT (Comitato Interministeriale per le Politiche Spaziali) è stato significativamente ampliato. Se nella versione precedente il COMINT aveva solo un ruolo consultivo, senza una chiara indicazione delle competenze e dei compiti, la formulazione attuale del DDL prevede un ruolo centrale nell’istruttoria e nella decisione finale per il rilascio dell’autorizzazione.
Infatti, il COMINT, una volta ricevuti gli atti dall’Agenzia Spaziale Italiana e dall’Autorità responsabile, ha il compito di condurre l’istruttoria in relazione agli aspetti di sicurezza nazionale e difesa. Durante questa fase, può richiedere il parere di altre amministrazioni o organismi di sicurezza, come l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale o altri enti previsti dalla legge sulla sicurezza del 2007. In aggiunta, il COMINT ha il potere di formulare una proposta di autorizzazione o di diniego, che viene poi inviata all’Autorità responsabile. Se vengono individuati rischi particolari legati alla sicurezza nazionale o la difesa che possono ostacolare l’attività spaziale, il COMINT formula la proposta di autorizzazione o di diniego dell’autorizzazione e predispone lo schema di provvedimento per la deliberazione del Consiglio dei ministri.
Infine, il termine massimo di 120 giorni per la conclusione del procedimento rimane confermato rispetto al testo della prima bozza, e la decisione finale viene emessa dall’Autorità responsabile, che risulta ancora essere il Presidente del Consiglio dei Ministri o l’Autorità appositamente delegata. L’atto rilasciato è da considerarsi a tutti gli effetti come un atto di alta amministrazione.
Responsabilità civile e intervento dello Stato
Un cambiamento significativo riguarda l’articolo 18 dedicato alla responsabilità civile degli operatori. Nella versione finale, è stato rimosso un comma specifico che prevedeva che lo Stato rispondesse dei danni cagionati ai terzi, non risarciti in ragione delle limitazioni previste dalla disciplina della responsabilità civile degli operatori (limitata in sostanza alla propria copertura assicurativa o nei casi di insolvenza dell’operatore o della compagnia assicurativa oppure nel caso di invalidità o mancanza della garanzia).
In aggiunta, non si prevede più il requisito relativo alla partecipazione obbligatoria dello Stato come litisconsorte necessario nei giudizi relativi al risarcimento dei danni promossi nei confronti degli operatori spaziali. Questo suggerisce una maggiore responsabilizzazione degli operatori spaziali e un minor intervento dello Stato.
Da ultimo, rispetto alla bozza originale, si registra una significa riduzione dei fondi destinati al Fondo per l’economia dello spazio. Il testo definitivo prevede ora infatti lo stanziamento di una cifra pari a 20 milioni di euro per il 2024 e 35 milioni di euro per il 2025, significativamente inferiori rispetto agli 85 milioni per il 2024 e 160 milioni per il 2025 e 50 milioni per il 2026 previsti nella bozza iniziale.
Conclusioni
Il disegno di legge rappresenta un passo cruciale per l’Italia nel settore spaziale. Nonostante alcune criticità, specialmente in relazione ai finanziamenti, il testo offre un quadro normativo solido e ben strutturato, al fine di attuare in maniera efficacie le norme internazionali applicabili nel settore aerospaziale. Tuttavia, sarà fondamentale monitorare l’iter parlamentare per verificare se la struttura attuale verrà confermata o subirà ulteriori modifiche.
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*A cura di Giacomo Bertelli, Associate, Hogan Lovells; Alessandro Bacchilega, Trainee, Hogan Lovells