Esproprio, quando la valutazione è “intermedia” tra agricolo ed edificatorio
La Cassazione, ordinanza n. 21862 depositata oggi, censura l’adozione del criterio del “costruito” per quantificate l’indennità dovuta
La Cassazione detta le regole per determinare l’indennità di esproprio in un caso in cui il piano regolatore prevedeva la possibilità di uso in parte agricolo e in parte edificatorio. In particolare, la Prima sezione civile, ordinanza n. 21862 depositata oggi, censura l’adozione del criterio del “costruito” per quantificate il dovuto.
La vicenda riguardante un terreno nella zona di Brindisi, oggetto di vincoli urbanistici (zone F2 e F4 del PRG), era già finita una prima volta davanti al giudice di legittimità che aveva indicato alla Corte d’appello di determinare l’indennità tenendo conto delle possibilità di utilizzazioni intermedie tra agricola ed edificatoria consentite dalla destinazione urbanistica. Il giudice di secondo grado ha tuttavia basato la propria stima sulla volumetria effettivamente costruita dal Comune. Sia il privato che il comune hanno proposto appello ritenendo il criterio adottato non conforme alle indicazioni della Cassazione.
Per la Suprema corte il ricorso dei privati è fondato (terzo motivo) laddove lamenta che la valutazione è stata svolta “sulla base della volumetria costruita per iniziativa del Comune”.
Sebbene il CTU, prosegue la decisione, abbia tenuto conto delle possibilità intermedie, “tale criterio è rimasto ad un’astratta asserzione, avendo poi seguito il CTU il criterio del “costruito”, di cui ha determinato il valore, decurtando i costi di realizzazione, per arrivare alla stima del suolo, pari al 20%”. Ma tale criterio non era quello indicato nella pronuncia della Corte, che, invece, ha stabilito chiaramente che la Corte di merito, in sede di rinvio, avrebbe dovuto «determinare l’indennità, tenendo conto delle obiettive caratteristiche dell’area in relazione alle possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria, che siano autorizzate dalla destinazione urbanistica delle aree stesse».
Per i giudici di legittimità è fondato anche il secondo motivo incidentale sollevato dal Municipio. Il giudice di appello, ribadisce la Corte, “ha effettuato una valutazione in base al ‘costruito’, senza accertare se effettivamente la pianificazione urbanistica vigente all’epoca dell’esproprio consentisse al privato (e non all’Amministrazione) la possibilità di utilizzazioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria (come, ad esempio, parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti)”.
La parola torna dunque al giudice di secondo grado che dovrà determinare l’indennità di esproprio, “tenendo conto delle obiettive caratteristiche dell’area in relazione – come detto - alle possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria da parte del privato, che siano autorizzate dalla destinazione urbanistica delle aree stesse”.
La Suprema corte ricorda poi il giudice del merito può scegliere il criterio sintetico-comparativo o analitico-ricostruttivo per la determinazione dell’indennità. Nel primo caso dovrà tenere conto delle condizioni apprezzate dal mercato immobiliare che, in base alla destinazione urbanistica della zona in cui l’immobile è compreso, possano incidere sulla sua edificabilità di fatto e indurre alla determinazione del suo effettivo valore venale. Mentre, ove prescelga il metodo analitico-ricostruttivo, diretto ad accertare il valore di trasformazione del suolo edificabile, dovrà considerare anzitutto la densità volumetrica esprimibile in base agli indici di fabbricabilità della zona omogenea in cui è incluso, al netto degli spazi assegnabili a standards, nonché delle spese di urbanizzazione relative alle opere che, poste in essere dall’amministrazione, assicurano l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area.
Tra i due criteri, chiarisce la Corte, non vi è un rapporto di regola a eccezione, con la conseguenza che, ove il giudice che accolga le conclusioni del consulente tecnico, secondo il metodo analitico, non è neppure tenuto a motivare la mancata adozione del metodo sintetico.