Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

immagine non disponibile

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1. Assegno di divorzio e pensione sociale
2. Assegno sociale e mancata richiesta dell'assegno divorzile
3. Coniugi tedeschi, separazione ed immobile acquistato in Italia
4. Assegnazione della casa familiare ed indennità di occupazione sine titulo al convivente more uxorio
5. Condotte vessatorie ai danni del coniuge non più convivente
6. Foto del marito in atteggiamenti intimi con una donna e prova dell'addebito
7. Forma e conseguenze della rinuncia all'eredità
8. Restituzione dell'assegno di divorzio in mancanza dei presupposti


1. ASSEGNO DI DIVORZIO - L'assegno di divorzio serve per commisurare la pensione sociale (Legge 898/1970, articolo 5; legge 153/1969, articolo 26)
L'assegno di divorzio corrisposto all'ex coniuge ai sensi della legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5, comma 4, rientra fra i "redditi propri" dei quali, ai sensi della legge 30 aprile 1969, n. 153, articolo 26, occorre tener conto al fine di accertare, in relazione al limite massimo stabilito dalla legge, la sussistenza o meno, in capo all'ex coniuge che percepisce l'assegno stesso, del diritto alla pensione sociale e la misura di tale beneficio, che integra una prestazione assistenziale di natura meramente sussidiaria, volta a soccorrere i cittadini (ultrasessantacinquenni) sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
Tribunale Roma, Sez. lavoro, sentenza, 21 gennaio 2022, n. 495 – Giudice Buonassisi

2. ASSEGNO DI DIVORZIO - Ai fini dell'assegno sociale non rileva la mancata richiesta dell'assegno divorzile (Legge 335/1995, articolo 3)
Il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex articolo 3, comma 6 della legge 8 agosto 1995 n. 335 prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell'assistito, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole.
Tribunale Lucca, Sez. lavoro, sentenza, 8 giugno 2022, n. 178 - Giudice De Luca

3. SEPARAZIONE – Coniugi tedeschi, separazione ed immobile acquistato in Italia. I meccanismi di restituzione secondo la legge tedesca
Nel caso in esame, le parti, cittadini tedeschi, avevano contratto matrimonio in Germania e poco prima della separazione avevano acquistato un immobile con un terreno nelle vicinanze di Lecco intestati in via esclusiva alla moglie, benché il marito avesse contribuito in maniera prevalente alle spese per la costruzione della casa. I coniugi avevano sottoscritto una scrittura privata con la quale la moglie, convenuta poi in giudizio, aveva riconosciuto che il contributo fornito dal marito alla costruzione della casa, era quantificabile in euro 240.000,00.
Sulla base di queste premesse, considerato che la legge applicabile ai rapporti patrimoniali tra le parti era quella tedesca, il marito, parte attrice, chiedeva la restituzione del contributo economico prestato per la costruzione della casa, invocando l'applicazione dell'istituto di diritto tedesco noto come "elargizione coniugale."
Secondo il diritto tedesco, nell'ipotesi di regime di separazione dei beni il diritto alla restituzione può essere riconosciuto soltanto in casi eccezionali e "dipende dalla durata della convivenza, dall'età delle parti, dalla natura e dall'entità delle prestazioni svolte da entrambe le parti nel matrimonio, dall'ammontare dell'utile patrimoniale attuale che ne è derivato, nonché dalla situazione del reddito e del patrimonio."
NOTA
La Corte d'Appello meneghina nel confermare la sentenza di primo grado, ha condannato la moglie alla restituzione dell'elargizione coniugale nella misura di euro 276.026,33 in considerazione dell'attuale valore dell'immobile, della durata del matrimonio, nonché del fatto che il marito non aveva mai vissuto nell'immobile oggetto di causa.
A precisazione del contesto nel quale si è svolta la vicenda fra i due coniugi, occorre dire che a differenza del diritto italiano, che prevede la comunione o la separazione dei beni, il diritto tedesco prevede un terzo regime, che è quello che si applica per legge in mancanza di scelta, ovvero la cosiddetta "comunione del plusvalore": ogni coniuge, durante il matrimonio, mantiene la proprietà dei suoi beni, ma al momento del divorzio si calcolerà l'incremento del patrimonio di ognuno dei coniugi, avvenuto tra inizio e fine del matrimonio. La disuguaglianza degli incrementi dei patrimoni deve essere bilanciata con un pagamento in compensazione effettuato dalla parte che ha avuto un maggior incremento, a favore dell'altra.
Il fine è che i due coniugi conseguano ciascuno la metà dell'incremento patrimoniale dell'altro, prevedendosi quindi una compensazione puramente finanziaria.

Corte d'Appello Milano, Sez. II, sentenza, 31 marzo 2022, n. 1092 – Pres. Schiaffino, Cons. Rel. D'Anella

4. ASSEGNAZIONE CASA CONIUGALE - Il comproprietario non assegnatario non è legittimato a domandare l'indennità di occupazione sine titulo al convivente more uxorio del coniuge assegnatario del bene (Cc,articolo 337 sexies)
L'assegnazione della casa familiare comporta la sottrazione del bene al godimento del proprietario non affidatario della prole, opponibile anche terzi, e limita conseguentemente anche la facoltà del comproprietario di disporre della propria quota. Conseguentemente, il comproprietario non assegnatario non è legittimato a domandare l'indennità di occupazione sine titulo al convivente more uxorio del coniuge assegnatario del bene, fintanto che perdurino le esigenze di detta assegnazione.
Fintanto che sussiste l'assegnazione della casa familiare all'ex coniuge collocatario della prole, l'altro non ha alcun diritto di chiedere e pretendere il pagamento dal terzo convivente (nel caso di specie, convivente dell'ex moglie) alcuna indennità di occupazione, atteso che, la temporanea indisponibilità dell'immobile per il comproprietario non è eziologicamente ricollegabile all'occupazione dell'immobile da parte del nuovo convivente. Inoltre, la richiesta di indennizzo è altresì infondata atteso che nessun pregiudizio economico è derivato al richiedente dall'avvio della convivenza, né può essere ricondotta alla nuova convivenza alcuna diminuzione patrimoniale subita. Infatti, la privazione del godimento dell'immobile in comproprietà trova la sua causa giustificatrice nell'attribuzione del diritto di utilizzo esclusivo al coniuge collocatario della figlia minore.
NOTA
Una non recente ordinanza della Suprema Corte (Cassazione 5 maggio 2011, n. 9942), ha affermato come l'allontanamento e la stabile convivenza more uxorio del coniuge a seguito della separazione possano determinare la perdita del diritto all'assegnazione.
Nell'interpretazione della previsione, contenuta nell'abrogato articolo 156-quater, comma 1, c.c., si è posto il problema se il giudice possa revocare l'assegnazione, oppure possa discrezionalmente valutare se l'interesse del minore ancora la giustifichi.
È stata anche sollevata una questione di legittimità costituzionale e la Consulta (Corte costituzionale 30 luglio 2008, n. 308) ha affermato che la norma è costituzionalmente legittima ove sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non viene meno di diritto al verificarsi dell'instaurazione di una convivenza o di un nuovo matrimonio, essendo la revoca subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore.

• Corte d'Appello Milano, Sez. III, sentenza 11 aprile 2022, n. 1179 - Pres. Federici, Cons. Rel. Ciriaco

5. MALTRATTAMENTI – Condotte vessatorie ai danni del coniuge non più convivente (Cp, articoli 56, 424, 572)
Le condotte vessatorie poste in essere ai danni del coniuge non più convivente, a seguito di separazione legale o di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non quello di atti persecutori, in quanto i vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione permangono integri anche a seguito del venir meno della convivenza.
Corte d'Appello Palermo, Sez. IV, sentenza, 15 febbraio 2022, n. 114 1179 - Pres. Caselli, Cons. Rel. Marroccoli

6. ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE - Le foto del marito in atteggiamenti intimi con una donna sono prova dell'addebito (Cc, articolo 150)
Possono costituire prova della violazione del dovere di fedeltà coniugale e giustificare, pertanto, l'addebito della separazione le fotografie che mostrano il marito in un atteggiamento di intimità con una donna, che, secondo la comune esperienza, induce a presumere l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale.
Corte d'Appello Milano, Sez. V, sentenza, 28 marzo 2022, n. 1019 - Pres. Tanara, Cons. Rel. Cao

7. SUCCESSIONE - Con la rinuncia all'eredità il chiamato non deve essere annoverato e computato tra i successibili (Cc, articoli 433, 437, 438, 521, 536, 556, 564, 724, 741, 793, 1350, 2041 e 2042)
Con la rinuncia all'eredità validamente esercitata il chiamato non può più essere considerato erede neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, avendo l'atto abdicativo effetto retroattivo ex articolo 521 c.c., sicché egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato (e computato) tra i successibili.
L'atto di rinuncia, avente natura meramente abdicativa, riguardando la dismissione della proprietà di beni immobili già acquisiti al patrimonio del rinunziante deve rispettare, ai sensi dell'articolo 1350 c.c., l'obbligo della forma scritta ad substantiam, requisito, questo, non soddisfatto dalla dichiarazione resa oralmente dal testimone.
Nel caso in esame, l'appellante ha contestato la decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto non sussistente la rinuncia all'azione di riduzione fatta dal fratello, deducendo che non era stato tenuto in considerazione né la prova testimoniale assunta, né la dichiarazione contenuta in una raccomandata regolarmente allegata agli atti.
La Corte d'Appello ha rigettato l'impugnazione e confermato la sentenza di primo grado che aveva disposto la riduzione della donazione fatta dalla de cuius al convenuto, condannando altresì quest'ultimo, al pagamento di una somma corrispondente alla sua quota di legittima.
NOTA
La Corte d ‘Appello con la sentenza in esame ha affermato che con l'apertura della successione gli eredi acquisiscono nel proprio patrimonio i beni dell'asse ereditario e, nel caso vi siano dei legittimari, in tale asse andranno inclusi, ai sensi dell'articolo 556 c.c., i beni donati in vita dal de cuius per accertare il rispetto della quota di riserva.
L'atto di rinuncia, avente natura meramente abdicativa, riguardando la dismissione della proprietà di beni immobili già acquisiti al patrimonio del rinunziante deve rispettare, ai sensi dell'articolo 1350 c.c., l'obbligo della forma scritta ad substantiam, requisito, questo, non soddisfatto dalla dichiarazione resa oralmente resa da un testimone.
Un altro aspetto affrontato dalla sentenza, riguarda un documento contenente la dichiarazione sottoscritta dai coeredi di accettazione di un accordo per definire transattivamente le controversie di natura successoria, usufruendo, con il cosiddetto "ravvedimento operoso", di una riduzione delle sanzioni previste per il caso di tardivo pagamento delle imposte e delle tasse di successione.
Sul punto, la Corte territoriale afferma che non era stata esibita alcuna documentazione che dimostrasse che l'accordo fosse stato poi perfezionato. È, infatti, pacificamente accolto dalla giurisprudenza in materia ereditaria il principio - analogicamente applicabile anche agli atti di dismissione - per cui sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attesa la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. Infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, il giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, può legittimamente escludere, con riferimento ad essi, il proposito di accettare l'eredità; peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all'esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell'erede potenziale ed all'eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell'eredità.

• Corte d'Appello Bari, Sez. I, sentenza 24 agosto 2022, n. 1255 - Pres. Mitola, Cons. Rel. D'Ambrosio

8. ASSEGNO DIVORZILE - Restituzione dell'assegno di divorzio in mancanza dei presupposti (Cc, articolo 2697, legge 898/1970, articolo 5 )
L'accertamento dell'insussistenza ab origine del diritto all'assegno divorzile comporta in generale che lo stesso non sia dovuto già dalla sua iniziale attribuzione e che - pertanto - la parte che lo ha percepito (la moglie, nel caso in esame) sia tenuta a restituirlo sin dalla sua attribuzione.
La Corte d'Appello richiama il principio stabilito dall' ordinanza della Cassazione civile, Sezione I, 18 ottobre 2021, n. 28646 che ha statuito il seguente principio: "Quando sia stato disposto un assegno divorzile dal giudice di primo grado, ma questa decisione sia stata revocata dal giudice d'appello in conseguenza dell'accertamento dell'insussistenza originaria dei presupposti per la sua attribuzione, l'ex coniuge che ne abbia beneficiato è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente ricevuto, a far data da quando ha iniziato a percepire gli emolumenti, oltre agli interessi legali dai rispettivi pagamenti e fino all'effettivo soddisfo, perché in caso di somme indebitamente versate in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, non si applica la disciplina della ripetizione dell'indebito oggettivo di cui all'art. 2033 c.c., spettando all'interessato il diritto ad essere reintegrato dall'"accipiens" dell'intera diminuzione patrimoniale subita, a prescindere dal suo stato soggettivo di buona o mala fede."
Corte d'Appello Lecce Taranto, sentenza 7 gennaio 2022 n. 2 - Pres. Genoviva, Cons. Rel. Campanale

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©