Fondo patrimoniale valido solo per la “famiglia nucleare”
Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27792 depositata oggi, confermando la nullità del fondo costituito con i genitori senza i figli
La costituzione del fondo patrimoniale rientra tra le “convenzioni matrimoniali”. Di conseguenza, la norma non si riferisce alla cosiddetta famiglia «parentale» bensì alla famiglia «nucleare»: in essa sono compresi i figli, minori e maggiorenni, ancora a carico dei genitori e non autonomi patrimonialmente, nonché, secondo la dottrina, gli affiliati e i minori in affidamento temporaneo. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27792 depositata oggi, affrontando il caso del conferimento in un “fondo patrimoniale”, costituito dai genitori della ex convivente, della casa “familiare”, di cui era proprietaria al 50 per cento.
Confermata dunque, sotto questo profilo, la decisione della Corte di appello che, accogliendo il gravame dell’ex compagno, aveva dichiarato nullo per mancanza di causa l’atto pubblico notarile di costituzione del fondo. Non solo, il giudice di secondo grado aveva accertato che, nell’atto costitutivo, non vi era alcun riferimento alla minore, e cioè alla figlia dei due ex conviventi, e aveva dunque escluso che esso fosse stato costituito per far fronte ai bisogni «della famiglia» della donna, considerato che le altre parti coinvolte erano unicamente i suoi genitori; in tal modo però – proseguiva la decisione - non risultava in alcun modo che anche «i bisogni della famiglia intesa come famiglia della G. siano salvaguardati».
Peraltro, aggiunge la Prima sezione civile, “non può essere costituito un fondo patrimoniale in relazione ai bisogni di distinte famiglie nucleari” e nella specie, l’unico nucleo familiare risultante dall’atto era quello rappresentato dai genitori della donna separata e da lei stessa. Ragion per cui, prosegue la Cassazione, “il conferimento della quota di comproprietà di quest’ultima sulla casa coniugale, in comunione con l’ex convivente di fatto …, risultava quindi privo di causa”.
Il fondo patrimoniale può dunque costituirsi solo a beneficio di tutti i componenti della famiglia nucleare fondata sul matrimonio o sull’unione civile (ex art.1, comma 13, l.76/2016) e i beneficiari godono di una semplice aspettativa di fatto ai proventi del fondo e alla destinazione finale dei beni. In un altro passaggio che viene infatti censurato dalla Cassazione, la Corte di appello afferma che sarebbe mancato il consenso dell’ex: «essendo il fondo costituito da soggetti terzi – scrive il giudice di secondo grado - sarebbe stata necessaria per il suo perfezionamento l’accettazione dei coniugi (ex art.167, comma 2, c.c.) ». “La Corte di merito - osserva la Cassazione - sembra, in tale passaggio motivazionale, aver fatto riferimento al F e alla G (terza rispetto ai genitori) come se si trattasse di coniugi e non di ex conviventi di fatto, con conseguente inconferenza del richiamo all’art.167, comma 2, c.c.”. Ma non vi dà poi peso in quanto “si tratta di una motivazione ad abundantiam, con la quale si intendeva rilevare, oltre all’assenza di causa, un altro vizio, di carattere formale, del negozio costitutivo del fondo patrimoniale”.
Più in generale, la decisione ricorda che la costituzione del fondo patrimoniale (art. 167 c.c.) è funzionale a far fronte ai bisogni della famiglia, intesi come esigenze di vita dei suoi componenti considerate anche con una certa ampiezza, ricomprendendo in esse, oltre alle esigenze primarie attinenti alla vita della famiglia (mantenimento, abitazione, educazione della prole e dei componenti il nucleo, cure mediche, ecc.), in conformità con il potere di indirizzo della vita familiare in capo ai coniugi, anche i bisogni relativi allo sviluppo stesso della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa. Quindi, lo strumento deve rispondere e soddisfare questa funzione economico-sociale che il legislatore ha inteso attribuirgli. E ancora, secondo il dettato dell’art. 167 cod. civ., il fondo patrimoniale viene costituito da ciascuno o da ambedue i coniugi, ovvero anche da un terzo, destinando determinati beni mobili o immobili «a far fronte ai bisogni della famiglia». Qualora tale costituzione sia effettuata da un terzo con atto tra vivi, è necessaria l’accettazione da parte dei coniugi.
La Cassazione ha invece accolto il motivo che lamentava il vizio di ultrapetizione, essendo stato dichiarato nullo per mancanza di causa l’intero atto costitutivo del fondo, anche per quanto attiene i beni immobili conferiti nel fondo patrimoniale dai coniugi (i genitori della donna), malgrado la domanda dell’ex fosse limitata alla declaratoria di nullità dell’atto in relazione alla quota di comproprietà del bene immobile conferito dalla ex convivente.