Comunitario e Internazionale

Fotovoltaico, legittimo il taglio degli incentivi

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di Andrea Taglioni

È conforme ai principi comunitari la normativa nazionale con cui lo Stato italiano ha disposto la riduzione delle tariffe incentivanti per l’energia prodotta da impianti solari fotovoltaici. E, dunque, è pienamente legittima la rimodulazione degli incentivi previsti dal quinto Conto energia, rispetto ai valori in precedenza stabiliti dal quarto.

Le norme interne, quindi, sono tali da garantire gli obiettivi europei di promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili. Fatte salve le verifiche da parte del giudice nazionale, la scelta di diminuire i meccanismi di incentivazione non lede il principio del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche degli operatori. Lo ha stabilito ieri la Corte di Giustizia Ue nelle cause riunite C 180/18, C 286/18 e C 287/18.

L’impulso all’utilizzo di energia prodotta tramite fonti rinnovabili è disciplinato, prima di tutto, a livello europeo: viene così definito un quadro normativo generale, affidando poi ai singoli Stati dell’Unione i meccanismi e le modalità di incentivazione.

Nel nostro paese le direttive comunitarie sono state recepite prevedendo una tariffa incentivante per l’energia prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare di importo via via decrescente, e di durata tale da garantire un’equa remunerazione dei costi di investimento.

Nel corso degli anni, però, la non proporzionalità degli incentivi erogati rispetto ai costi effettivi degli investimenti ha indotto il legislatore a rivedere il quadro normativo. Unitamente al fatto che l’Italia è in anticipo sugli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Dapprima con il quarto Conto energia, che ha ridotto l’incentivazione degli impianti, ed infine con il decreto di cui al quinto Conto energia che, oltre a diminuire gli aiuti, ha diversificato le modalità di fruizione prevedendo, in base alla tipologia dell’impianto, o l’accesso diretto o l’iscrizione ad un registro tenuto dal Gse.

Delineato il quadro normativo, la società ricorrente contestava al Tar la legittimità del quinto Conto energia, perché gli impianti in questione avevano tutti i presupposti per usufruire della tariffa prevista dal quarto. Queste disposizioni normative avrebbero violato, in pratica, la direttiva comunitaria 2009/28/Ce.

Sebbene sia per il Tar che per il Consiglio di Stato non sussistessero contrasti tra la norma nazionale e la disciplina europea e nonostante la Corte costituzionale si fosse già espressa in merito a questione simili (sentenza 16/2017), ritenendo legittima la riduzione degli incentivi, la società ha chiamato in causa la Corte di Giustizia Ue per mettere fine alla controversia.

La questione di fondo, su cui la Corte ha posto l’attenzione, è se la norma censurata avesse violato la direttiva europea. A questo proposito, i giudici escludono che la norma interna abbia leso gli interessi economici dell’operatore, in quanto la normativa unionale non stabilisce un dovere degli Stati di predisporre uno statico regime di sostegno alla produzione di energia mediante fonti rinnovabili, ma lascia alla discrezionalità dei singoli Stati le misure che ritengono necessarie.

E questo cambiamento di regime meno favorevole rispetto al passato non si è tradotto in una violazione della certezza del diritto, poiché sia il contesto normativo sia le mutate condizioni di fatto avrebbero permesso all’operatore economico «prudente ed avveduto», di prevedere l’evoluzione normativa.

Corte di giustizia Ue, sentenza 11 luglio 2019 sulle cause C-180/18, C-286/18 e C-287/18

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