Famiglia

Gli Stati garantiscano i legami familiari

La Corte europea ha accertato più che un mancato rispetto degli obblighi convenzionali sul piano legislativo, l’assenza di riconoscimento effettivo dei diritti

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di Marina Castellaneta

I rapporti familiari sono stati al centro di diverse sentenze della Cedu, molte delle quali indirizzate all’Italia, non in grado, in diverse occasioni, di garantire la realizzazione effettiva dei diritti convenzionali. In numerose sentenze, la Corte europea ha accertato più che un mancato rispetto degli obblighi convenzionali sul piano legislativo, l’assenza di riconoscimento effettivo dei diritti in quanto, in molte occasioni, i provvedimenti giudiziari o amministrativi non sono stati eseguiti, portando a una condanna per l’Italia. Emblematica la sentenza del 29 gennaio 2013 (ricorso n. 25704/119), con la quale la Corte europea ha accertato la violazione dell’articolo 8 per i ritardi nell’esecuzione dei provvedimenti che garantiscono il diritto di visita di un genitore, impedendo di fatto, a un padre separato, di continuare ad avere un rapporto stabile con il figlio. Con danni irreparabili per il genitore, ma anche per il bambino che viene privato dei rapporti con entrambi i genitori. In pratica, il padre, che poi ha fatto ricorso a Strasburgo, dopo la separazione dalla moglie alla quale era stata affidata in via esclusiva la figlia, malgrado un provvedimento del tribunale che garantiva e regolava il suo diritto di visita, non era riuscito a incontrare la figlia con regolarità. Era iniziato un pellegrinaggio dinanzi a diverse autorità giudiziarie per poi arrivare a Strasburgo, con la condanna all’Italia. Per la Corte, infatti, il diritto di visita riconosciuto dall’autorità giudiziaria a un genitore separato deve essere assicurato dagli organi nazionali competenti con mezzi effettivi, mettendo da parte interventi con misure stereotipate e automatiche, delle quali non sia verificata l’effettiva operatività. Tanto più che – osserva la Corte - il decorso del tempo ha «conseguenze irrimediabili per le relazioni tra bambino e genitore che non vive abitualmente con lui», perché diventa difficile ricostruire un rapporto tra il padre e il figlio quando si è consolidata una situazione di distacco.

Sul diritto di visita dei nonni, poi ripreso anche dalla Corte Ue, Strasburgo ha condannato l’Italia, con la sentenza del 20 gennaio 2015 (ricorso n. 107/10), chiarendo che i nonni hanno diritto a rapporti stabili con i nipoti e che una lontananza prolungata e imposta nei rapporti tra ascendenti e nipoti determina un sicuro danno morale sui nonni e gravi ripercussioni su tutte le persone coinvolte. Proprio l’inerzia delle autorità nazionali e la contraddittorietà di alcune scelte del tribunale competente hanno impedito la realizzazione di un diritto riconosciuto dalla Convenzione. In questo caso, due nonni, dal momento della separazione del figlio, non avevano più potuto incontrare la nipote. I provvedimenti interni erano rimasti lettera morta e, quindi, la Corte ha accertato violazione del diritto al rispetto della vita familiare poiché gli Stati sono tenuti ad adottare misure positive per assicurare l’effettiva realizzazione del diritto, anche prevedendo percorsi di riavvicinamento.

Sull’importanza di garantire i rapporti familiari e di adottare tutte le misure necessarie per realizzare il rapporto familiare in modo effettivo, la Corte è intervenuta con la sentenza del 13 ottobre 2015, S.H. contro Italia In quel caso, a seguito dell’allontanamento dei figli dai genitori a causa delle loro difficoltà psicologiche e sociali, la Corte ha stabilito che le autorità nazionali non possono dichiarare lo stato di adottabilità dei minori senza fare tutto il possibile per mantenere il legame genitori-figli. Di conseguenza, gli Stati devono evitare, se non sussistono rischi per i minori, la rottura definitiva e irreversibile del legame familiare in tutti i casi in cui sia possibile utilizzare altre misure. In caso contrario è certa la violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

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