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Greenwashing, l’intenzione di raggiungere obiettivi di sostenibilità non configura, di per sè, un messaggio ingannevole

La comunicazione deve distinguere in modo inequivoco quanto già realizzato dal professionista in materia di sostenibilità e quanto assume come impegno vincolante in tale materia

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di Marco Dallavalle, Chiara Caputo*

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è recentemente espressa in relazione al caso di una nota Società attiva nel settore avicolo, finito sotto i riflettori dell’Antitrust a seguito di un esposto presentato dal Codancons con riferimento alla diffusione tramite il sito web del Professionista di “messaggi potenzialmente ingannevoli con cui [OMISSIS] presentava al pubblico la propria produzione di pollame”.

Nello specifico, il procedimento avviato a seguito della segnalazione aveva ad oggetto la comunicazione commerciale diffusa sul sito web della Società con riferimento:

1) al vanto di integrale produzione agricola da parte della stessa Società delle derrate/materie prime usate per la produzione dei mangimi biologici;

2) all’origine totalmente italiana delle suddette derrate/materie prime per l’alimentazione degli animali;

3) ad asserzioni spese dalla medesima in ordine alla sostenibilità ambientale della propria attività imprenditoriale e ai progetti di compensazione delle emissioni.

In particolare, per quanto riguarda il punto sub 3) le asserzioni erano le seguenti:

I nostri impianti e centri di allevamento sono carbon neutral: acquistiamo solo energia elettrica da fonti rinnovabili, parte del nostro fabbisogno viene garantito da impianti fotovoltaici e di cogenerazione di proprietà e compensiamo tutte le nostre emissioni dirette”;

tutti i nostri stabilimenti sono considerati carbon neutral”;

23.403 ton CO2 compensate tramite acquisti di crediti di carbonio certificati”;

grazie all’acquisto di energia elettrica rinnovabile e alle attività di compensazione delle emissioni gli impianti produttivi sono risultati CARBON NEUTRAL anche nel corso del 2021”;

possiamo affermare che i nostri impianti produttivi e i nostri centri di allevamento sono carbon neutral: acquistiamo infatti solo energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili e compensiamo tutte le nostre emissioni dirette attraverso progetti di riforestazione, decarbonizzazione e installazione di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile”;

carbon neutrality degli stabilimenti produttivi, già a partire dal 2020”;

ci impegniamo sempre più a ridurre le emissioni di gas clima alteranti associate ai nostri prodotti. A tal proposito, per il secondo anno consecutivo, abbiamo raggiunto l’obiettivo di far diventare tutta la nostra attività produttiva carbon neutral, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili e attività di compensazione”;

“grazie alle attività di compensazione possiamo affermare che tutti i nostri stabilimenti sono carbon neutral”;

“tutte le emissioni generate nel 2021 dagli impianti del Gruppo sono state compensate attraverso l’acquisto di certificati di compensazione. Inoltre, grazie all’acquisto di energia elettrica con garanzie di origine, si è evitata l’emissione in atmosfera di 16.461 tonnellate di CO2. Grazie a queste due attività gli stabilimenti di produzione, i consumi della flotta aziendale e dei centri di allevamento del Gruppo possono essere considerati Carbon Neutral” e “ZERO t CO2 produzione carbon neutral”.

Inoltre, la Società, nel bilancio di sostenibilità 2021, ha vantato lo svolgimento di un’attività di integrale compensazione delle emissioni generate dalla propria attività di impresa, dichiarando: “23.403 ton Co2 emesse nel 2021, totalmente coperte da attività di compensazione”.

Tutto ciò avrebbe potuto costituire, in astratto, una situazione di greenwashing. Con il termine greenwashing, infatti, ci si riferisce ad una strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni ed enti che consiste nel presentare come “ ecosostenibili ” le proprie attività, nel tentativo di occultarne l’impatto ambientale negativo.

Orbene, con riferimento al caso di specie, se, da un lato, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deliberato che la pratica commerciale riferita ai punti sub 1) e 2) debba ritenersi scorretta ai sensi degli articoli 20, comma 2 e 21, comma 1, lett. b) del Codice del consumo, dall’altro, è pervenuta ad una soluzione diametralmente opposta con riferimento alla tematica delle asserzioni ambientali (c.d. green claims ).

Come si legge nello stesso Provvedimento dell’Autorità, infatti, “alla luce delle evidenze istruttorie acquisite, non emergono, allo stato, elementi tali da consentire una valutazione di ingannevolezza delle asserzioni di sostenibilità ambientale utilizzate da [OMISSIS] nel proprio sito e nel Bilancio di sostenibilità 2021, anche in considerazione del fatto che, talune di esse esprimevano – in maniera non equivoca – il mero intento di realizzare l’obiettivo della neutralità climatica in un prossimo futuro, rappresentando piuttosto gli sforzi intrapresi dal Professionista nel cammino verso la sostenibilità ambientale”.

Si tratta, evidentemente, di una decisione potenzialmente idonea ad incidere anche sulle diverse pratiche commerciali che altri singoli professionisti sceglieranno di adottare nelle proprie strategie di comunicazione c.d. “verde”.

L’Autorità Garante, infatti, pur riconoscendo la centralità del ruolo dei consumatori e delle loro scelte di consumo verso prodotti e servizi più sostenibili da un punto di vista ambientale nell’ambito della transizione ecologica oggetto del Green Deal Europeo e l’indubbia rilevanza che, a tal fine, assume il contrasto all’uso da parte delle imprese di asserzioni ambientali false o fuorvianti, ha ritenuto, in ogni caso, di escludere la sussistenza di qualsivoglia profilo di ingannevolezza delle comunicazioni diffuse dalle imprese nell’ipotesi in cui le stesse siano espressione della mera intenzione del professionista di raggiungere in un prossimo futuro gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di compensazione delle emissioni generate dalla propria attività.

In tal caso, la comunicazione deve essere molto chiara e trasparente, distinguendo in modo inequivoco quanto già realizzato dal professionista in materia di sostenibilità ambientale e quanto, invece, assume come impegno vincolante in tale materia. Sicché, come anche ribadito dall’Autorità, solo in tali termini la comunicazione potrà non essere valutata come greenwashing.

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*A cura dell’Avv. Marco Dallavalle, Studio Legale Ventimiglia, Socio Centro Studi Borgogna, e della Dott.ssa Chiara Caputo, Studio Legale Ventimiglia

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