Responsabilità

I genitori risarciscono il passante caduto per l’urto durante la partita di calcetto in strada

La Cassazione, sentenza n. 27061 depositata oggi, ha affermato che vi è una responsabilità diretta che concorre con quella del minore per non aver impedito il fatto dannoso

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di Francesco Machina Grifeo

Qualche “passaggio” col pallone per strada può costare caro ai genitori, se a rimanere coinvolto è un passante, magari anziano, che cadendo si fa male. La Terza sezione civile della Cassazione, sentenza n. 27061 depositata oggi, ha infatti respinto il ricorso di una coppia condannata dalla Corte di appello di Bari a pagare 11mila euro per i danni riportati da una signora che, mentre passeggiava per una strada di Trani, era caduta dopo essere stata “urtata” accidentalmente dal figlio di 11 anni che stava giocando a pallone con dei coetanei.

Proposto ricorso in primo e secondo grado, i giudici di merito l’hanno rigettato. Ed ugualmente ha fatto la Cassazione affermando che l’articolo 2048 del codice civile prevede, secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, “una responsabilità diretta per fatto (anche) proprio dei genitori che concorre con quella del minore per non avere essi, con idoneo comportamento, educativo e di sorveglianza, rapportato alle esigenze e al carattere del minore, impedito il fatto dannoso”.

L’articolo 2048 del c.c. (Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte) prevede infatti, al comma 1, che: “Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante”. E al comma 3 che: “Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.

Con la recente sentenza n. 4303 del 2023, la Suprema corte aveva già chiarito che la responsabilità dei genitori ai sensi dell’articolo 2048 c.c. configura una forma di responsabilità diretta per fatto (anche) proprio - in particolare, per non avere, con idoneo comportamento, educativo e di sorveglianza, impedito il fatto dannoso - che concorre con quella del minore”. “Ne consegue – aggiungeva la Corte -, sul piano processuale, che l’azione ex art. 2048 c.c. può essere proposta sia autonomamente rispetto a quella ex art. 2043 c.c., sia nello stesso processo, senza che ciò dia luogo a litisconsorzio necessario, e che - restando le due cause, per loro natura scindibili, comunque distinte - non è affetta da nullità la sentenza emessa nel giudizio a cui non ha partecipato il minore”.

Con altra decisione (22541/2019), sempre richiamata in sentenza, con riguardo questa volta ad un caso di bullismo, la Suprema corte aveva affermato che “l’età ed il contesto in cui si è verificato il fatto illecito del minore non escludono né attenuano la responsabilità che l’art. 2048 c.c. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tali fattori, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l’educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini del minore, dovendo rispondere delle carenze educative cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile”. In quella occasione, la Cassazione, in applicazione di tale principio, aveva confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso che i genitori avessero vinto la presunzione di responsabilità su di essi gravante, essendo emerso che il pugno sferrato dal figlio adolescente in faccia ad un compagno non avesse costituito una reazione immediata rispetto all’offesa ricevuta, restando irrilevante inoltre la circostanza che tale fatto si fosse verificato lontano dalla sfera di controllo dei genitori, nelle adiacenze della scuola, in un paese diverso rispetto a quello di residenza.

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