Casi pratici

I presupposti dell'incertezza normativa obiettiva

L'errore sulla norma

immagine non disponibile

di Giancarlo Marzo e Corrado Gallo


la QUESTIONE
Cosa si intende per incertezza normativa obiettiva?
In quali ipotesi l'incertezza normativa è causa di non punibilità del contribuente?


L'art. 8 del d.lgs. n. 546/1992 attribuisce al giudice tributario il potere di disapplicare le sanzioni (non penali) previste dalle norme tributarie, laddove la violazione sia giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce. Parimenti, l'art. 6, comma 2 del d.lgs. n. 472/1997, mutuando dal codice penale il c.d. principio della personalità, prescrive la non punibilità dell'autore della violazione allorché essa sia stata determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria. A comporre il quadro normativo tributario in materia di cause di non punibilità del contribuente, sopravviene ulteriormente l'art. 10, comma 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000) il quale, ribadendo la non applicabilità delle sanzioni in caso di incertezza normativa, chiarisce ulteriormente che "in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza, la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria".
È chiaro che la suddetta incertezza può vertere, oltre che sul contenuto, anche sull'oggetto o sui destinatari della norma tributaria e si sostanzia in un'obiettiva impossibilità, accertabile esclusivamente dal giudice, di individuare la norma giuridica in cui sussumere il caso di specie.
Prendendo atto della oggettiva difficoltà che incontrano giudici di merito tributari e penali, di interpretare in maniera inequivocabile la normativa fiscale, il Legislatore ha, dunque, inteso strutturare una forma tutela a 360° per i contribuenti tratti in errore dalle eventuali (e molteplici) ipotesi di oggettiva incertezza delle disposizioni di legge in ambito tributario. Nonostante tale "copertura", però, non sono mancate le occasioni in cui, eccepita da parte del contribuente la obiettiva incertezza della portata normativa considerata, le corti di merito hanno ritenuto le norme oggettivamente certe e contraddistinte da elementi sufficientemente chiari ai fini della determinazione della fattispecie posta in essere. Per tale via escludendo l'errore dovuto ad interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione dei fatti di causa.

Certezza, incertezza e ignoranza del diritto
A dirimere i contrasti giurisprudenziali di merito è intervenuta la Corte di Cassazione la quale, sin dai primi arresti, ha fornito tutti gli strumenti utili al giudice ai fini della valutazione della sussistenza o meno della causa di non punibilità in esame.
Prima di passare in rassegna il decalogo dei "fatti indice" di non colpevolezza da individuare ed accertare in sede di giudiziale, occorre precisare che, la disamina di tali elementi non può prescindere dalla consapevolezza che la "certezza del diritto", intesa quale capacità predittiva della norma e come prevedibilità, da parte del soggetto, delle conseguenze giuridiche delle proprie azioni, rappresenti uno dei principi fondamentali alla base dei moderni ordinamenti giuridici (in tal senso, Cass., sent. n. 10126/2019). Chiarezza e conoscibilità delle norme che, tuttavia, non sempre accompagnano il contribuente nell'intricato alveo dell'ordinamento tributario. La forsennata produzione normativa in ambito fiscale, infatti, non permette sempre una pronta e semplice intuitività delle fattispecie cui possono incorrere i contribuenti. In tale contesto, inoltre, le miriadi di interventi chiarificatori di prassi emanati dall'Amministrazione finanziaria non aiutano, spesso, la corretta comprensione delle norme.
Il risultato è l'oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quai condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili. Da qui discende quell'incertezza normativa che rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità` amministrativa tributaria. Come detto, tale situazione richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto, ovvero, sui destinatari della norma tributaria, ossia l'insicurezza ed equivocità` del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già` ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui e` attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.
Detto altrimenti, l'incertezza normativa oggettiva tributaria e` la situazione giuridica oggettiva che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto tra cui, in primo luogo, la produzione normativa, e che e` caratterizzata dall'impossibilita`, esistente in se` ed accertala dal giudice, d'individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità`, del fatto di genere già` categorizzato dal giudice di merito. Spicca quindi, in tali ipotesi, il senso oggettivo dell'incertezza stessa; resta esclusa qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali. Da qui, la netta differenza tra incertezza normativa obiettiva e l'ipotesi di "ignoranza giustificata", che sta alla base della soggettiva incolpevolezza del diritto (vedi, Cass. sent. 19638/2009).

I "fatti indice". L'Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023
La pronuncia oggetto di esame esemplifica in maniera schietta i più recenti approdi di legittimità in materia. Nell'ordinanza dello scorso 30 marzo 2023, infatti, la Suprema Corte ha asseverato i principi già enunciati nei numerosi arresti precedenti, chiarendo i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità.
Nella fattispecie al vaglio di legittimità, il giudice di secondo grado aveva annullato l'atto di irrogazione di sanzioni amministrative comminate ad una società per azioni, relativamente ad un credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo. L'Amministrazione finanziaria aveva, dunque, promosso ricorso per Cassazione in quanto, a suo dire, il giudice tributario avrebbe omesso l'indicazione degli elementi elaborati dalla giurisprudenza atti a dimostrare la situazione di incertezza normativa obiettiva.
La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso erariale, rigettando l'originario ricorso presentato dalla contribuente, sulla base dell'errata percezione, da parte dei giudici di merito, dell'ambito di applicazione dell'errore sulla portata della normativa quale causa di non punibilità.
Richiamando i principali arresti in materia, la Corte ha preliminarmente descritto il quadro normativo tributario relativo alle cause di non punibilità, sottolineando, in primis, l'importanza dell'art. 8 del codice tributario (d.lgs. n. 546/1992), a mente del quale "La corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce".
Poste tali premesse, i giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che l'essenza del fenomeno meglio noto come "incertezza normativa oggettiva" può rinvenirsi in una serie di cd. "fatti indice", il cui accertamento e la cui valutazione spetta al giudice tributario.
Il decalogo descritto dalla Cassazione, in particolare, comprende i seguenti elementi:
1) difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge;
2) difficoltà di confezionamento della formula dichiarativa della norma giuridica;
3) difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
4) mancanza di informazioni amministrative o loro contraddittorietà;
5) mancanza di una prassi amministrativa o di adozione di prassi amministrative contrastanti;
6) mancanza di precedenti giurisprudenziali;
7) formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale;
8) contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
9) contrasto tra opinioni dottrinali;
10) adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.
Tali fatti indice, prosegue la Corte, devono essere accertati ed esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Per tale via, rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione (sul punto, Cass., ord. n. 4394/2014, sent. n. 3113/2014). Proprio in virtù di tali assunti, nella fattispecie al vaglio della Corte, la normativa applicabile è stata ritenuta foriera di elementi adeguati e sufficientemente chiari per la determinazione dei casi di non utilizzabilità del credito di imposta, non rilevando l'incertezza derivante da condizioni soggettive del contribuente, dovendosi escludere, quindi, l'errore dovuto ad una interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione dei fatti di causa.
Ulteriormente, nella pronuncia in commento, la Corte ha ricordato che occorre dare rilevanza qualificata alla percezione normativa del contribuente. A tal riguardo, l'art. 10, comma 3 dello Statuto prevede la non applicabilità delle sanzioni nel caso in cui la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; la stessa norma, aggiunge la Corte, dispone che, in ogni caso, l'incertezza normativa oggettiva non può ravvisarsi nella pendenza di un giudizio costituzionale o comunitario sulla norma tributaria nazionale (in tal senso, anche Cass., ord. n. 1893/2021).
Chiosa, la Cassazione, nelle ipotesi in cui è necessario valutare la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza normativa, è il giudice l'unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale scrutinio non è, dunque, riferibile ad un qualsiasi contribuente, né a quei soggetti che, per loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né, tantomeno, all'Ufficio finanziario coinvolto.

Considerazioni conclusive
Senza innovare in maniera perentoria il quadro giurisprudenziale corrente, la pronuncia in esame interviene a chiarire ulteriormente i presupposti applicativi dell'incertezza normativa obiettiva quale principale causa di non punibilità del contribuente. I principi enunciati dalla Corte non prestano il fianco ad alcuna obiezione, anzi, descrivono un ventaglio completo di elementi utili ai giudici di merito per identificare, senza problemi di sorta, le situazioni in cui tale esimente si rende necessariamente applicabile. L'auspicio, dunque, è che il Legislatore attuale sfrutti la riforma fiscale in atto per integrare le disposizioni normative in materia con il decalogo di "fatti indice" stilato dalla granitica giurisprudenza di legittimità.

Correlati

Sezione Tributaria