Società

Il controllo analogo nelle società in house, un "aliud" rispetto al controllo esercitato dalla Pa sugli uffici dipendenti

Il controllo analogo secondo il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità

di Rossana Mininno

Le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione hanno di recente statuito che il controllo analogo «debba qualificarsi come un aliud» rispetto al controllo esercitato dalla Pubblica Amministrazione sugli uffici dipendenti, respingendo de facto la tradizionale nozione di controllo analogo, intesa a ridurre la società di capitali in house a mera articolazione interna dell'ente pubblico, priva di autonomia e sottoposta all'identico potere gerarchico esercitato dall'Amministrazione sui propri uffici.

Il modello organizzativo dell'in house providing

Per in house providing si intende un modello organizzativo di gestione diretta del servizio pubblico - opposto a quello dell'esternalizzazione (outsourcing) - tramite il quale la Pubblica Amministrazione reperisce prestazioni rivolgendosi a un ente da essa distinto sul piano formale, ma assimilabile, sul piano sostanziale, a un prolungamento organizzativo della medesima Amministrazione.

La declinazione dell'istituto dell'in house providing - forgiato a livello pretorio con l'intento di coniugare il principio di auto-organizzazione delle autorità pubbliche con la tutela della concorrenza - risale al 1999, anno in cui i Giudici europei, chiamati - in occasione del noto caso Teckal (cfr. Corte giust. UE, 18 novembre 1999, causa C-107/98) - a pronunciarsi sull'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/50/CEE, hanno individuato le condizioni legittimanti l'affidamento diretto del servizio pubblico in deroga alle regole proconcorrenziali di matrice eurounitaria, imperniate sul modello di selezione del contraente tramite procedura competitiva a evidenza pubblica: l'ente pubblico affidante deve esercitare sull'affidatario, benché soggetto dotato di distinta personalità giuridica, un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (elemento c.d. strutturale) e, nel contempo, l'affidatario deve svolgere, in prevalenza, attività intra moenia a favore dell'ente pubblico affidante (elemento c.d. funzionale).

Il presupposto - stigmatizzato dai Giudici europei nel caso Teckal - della mancanza di un rapporto contrattuale intersoggettivo tra affidante e affidatario è stato declinato, nella giurisprudenza nazionale, in termini di relazione organica: la società in house costituisce una «longa manus dell'ente pubblico affidante secondo un modello di organizzazione interno, articolato nel modo stimato più adatto per giungere a operare» ( Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 964 ) e «agisce come un vero e proprio organo dell'Amministrazione dal punto di vista sostanziale» ( Cons. Stato, Sez. II, 24 luglio 2020, n. 4728 ).

I requisiti coniati a livello pretorio sono stati positivizzati in sede di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici dell'anno 2014 (id est, direttiva n. 24/2014/UE - c.d. Direttiva appalti; direttiva n. 23/2014/UE - c.d. Direttiva concessioni; direttiva n. 25/2014/UE - c.d. Direttiva settori speciali) ad opera del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il quale ha eccettuato il modello dell'in house dall'applicazione delle regole del Codice dei contratti pubblici.

In seguito il legislatore è intervenuto - in chiave tipologica - introducendo l'archetipo normativo della società in house in sede di adozione del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (c.d. TUSP - cfr. articolo 16 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 ).

Per le società in house valgono - con riferimento alla forma e all'oggetto sociale - le medesime limitazioni valevoli, in generale, per le società a partecipazione pubblica: possono, rectius devono essere «costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa» (art. 3, co. 1); l'oggetto sociale non può prevedere lo svolgimento di «attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle […] finalità istituzionali» proprie della P.A. (art. 4, co. 1); le attività consentite sono esclusivamente quelle tassativamente previste dal medesimo TUSP (cfr. art. 4, co. 2).

Per quanto attiene, invece, agli elementi tipizzanti la società in house è tenuta a operare «in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti» (art. 4, co. 4): la prevalenza è declinata con riferimento al fatturato e in termini percentuali, dovendo lo statuto societario prevedere che «oltre l'ottanta per cento del fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti […] affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci» (art. 16, co. 3).

Altro elemento tipizzante è costituito dal controllo analogo, essendo la società in house «in sostanza un braccio operativo della pubblica amministrazione, nei cui confronti la medesima esercita i poteri di direzione, vigilanza, controllo e indirizzo della gestione, del tutto simili ai poteri tipici di diritto amministrativo esercitati sui propri uffici e organi» (C. conti, Sez. reg. contr. Lombardia, 22 gennaio 2015, n. 15/2015/PRSE).

Il controllo analogo è suscettibile - nell'ipotesi in cui la società in house sia partecipata da una pluralità di soggetti pubblici - di esercizio in forma congiunta (cfr. Corte giust. UE, 13 novembre 2008, causa C-324/07 e 10 settembre 2009, causa C-573/07).

Secondo la giurisprudenza nazionale, al fine della qualificazione di una società in house è sufficiente la verifica della sussistenza di un controllo esercitato da un socio pubblico di maggioranza, non essendo normativamente richiesta, per il caso di controllo analogo esercitato congiuntamente da più Amministrazioni, «la coincidenza di queste ultime con tutte quelle titolari di una partecipazione al capitale sociale» ( Cass. civ., Sez. Un., 1 ottobre 2021, n. 26738 ).

Il controllo analogo secondo il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità

Con la recente sentenza n. 20632 del 28 giugno 2022 le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione hanno chiarito che il controllo analogo «non è un elemento rigido e uniforme, trovando a ben guardare il suo nucleo nell'aggettivo "analogo", che non solo impedisce l'identificazione di questo tipo di controllo con il controllo che la pubblica amministrazione esercita sui suoi uffici e sulle sue branche stricto sensu, ma pure lascia intendere che l'analogia si commisura di caso in caso, cioè sussiste attraverso una forma variante che deriva dalle caratteristiche specifiche del soggetto da sottoporre al controllo analogo ».

Invero, « la connotazione della analogia è necessaria componente della natura del potere sulla società in house, in quanto, se tale potere fosse del tutto sovrapponibile a quello gerarchicamente esercitato dall'ente pubblico su una sua articolazione interna, verrebbe meno la esistenza, anche codicistica, della società in house»: l'analogia «è una mera prossimità ontologica, che non può essere confusa con l'assoluta identità».

Il controllo analogo «non è un controllo assoluto come su un pubblico ufficio, e quindi non è un controllo gerarchico, essendo costituito dal controllo di un soggetto esterno e rimasto distinto, a ben guardare, da quello controllato
».

Da ciò discende, a livello ontologico, «la limitazione dell'obiettivo del controllo alle decisioni fondamentali del soggetto così controllato, ovvero quelle riconducibili alle linee strategiche e alle più importanti scelte operative, con il presidio a monte di un adeguato flusso di informazioni, in modo tale quindi da incidere sulla complessiva governance dell'attività della società in house, per tenere in conto e preservare le finalità pubbliche che comunque la permeano».

In altri termini, secondo il Supremo Consesso, il controllo analogo «si incentra non su una base dominicale, ma, ictu oculi, su una dimensione funzionale ».

Per quanto attiene alla fonte del potere di controllo, che ordinariamente discende dallo statuto dell'organismo controllato, i Supremi Giudici hanno negato l'esclusività della fonte statutaria, essendo, all'opposto, prospettabile una potenziale pluralità di fonti: il potere di controllo «può altresì derivare dall'esterno, e quindi da normative che incidono sulla sua attività, essendo invero necessaria la sussistenza del controllo analogo, e non di per sé una circoscritta fonte del relativo potere».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©