Responsabilità

Il diritto di rivalsa del datore di lavoro in caso un suo dipendente sia vittima di sinistro stradale

Il diritto può essere fatto valere direttamente nei confronti della società di assicurazione che tutela il responsabile civile

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di Pierpaolo De Maio*

Quando taluno subisce un sinistro stradale, si ritiene solitamente che - in tema di risarcimento del danno - la questione sia confinata al malcapitato ed al responsabile civile.

Ebbene, non sempre è così.

Poniamo il caso che la vittima del sinistro lavori in qualità di dipendente presso un’azienda e che l’incidente – a causa delle lesioni più o meno gravi, che essa riporta – determini la sua assenza dall’impiego per un lasso di tempo più o meno lungo.

L’azienda in questione, nel menzionato periodo, avrà facoltà di sospendere il pagamento della retribuzione del proprio lavoratore, non potendo giovarsi della sua collaborazione?

Certamente no, essendo essa tenuta a corrispondere ad esso, nonostante la sua assenza, gli emolumenti previsti dal contratto.

Una tale circostanza, indubbiamente, costituisce un notevole danno per il datore di lavoro.

È vero che l’intervento degli enti previdenziali come INAIL ed INPS, contribuendo percentualmente al pagamento, lenisce parzialmente il pregiudizio a suo danno, tuttavia la misura maggiore (spesso rilevante) delle somme riconosciute e liquidate al lavoratore resta pur sempre a suo carico.

Ebbene, la maggioranza degli imprenditori non è però a conoscenza di una rilevante opportunità che la legge offre loro.

Non tutti sanno, infatti, che l’assicurazione del responsabile civile non è tenuta a risarcire soltanto il soggetto vittima del sinistro (anche se solo trasportato), per i danni che siano conseguenza immediata e diritta dell’evento, ma anche coloro che, in conseguenza di esso, abbiano subito – seppur indirettamente – la lesione di un proprio diritto, come per l’appunto quello dei datori di lavoro di poter usufruire dell’attività di propri lavoratori, per la quale pagano il relativo corrispettivo.

La fonte di tale responsabilità a carico del terzo risiede, innanzitutto, nell’art. 2043 del Codice civile, a norma del quale “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”.

Tale norma dà sostegno alla configurabilità di una vera e propria tutela aquiliana del diritto di credito, la quale affonda le sue radici – in seno alla giurisprudenza – già a partire dal 1971.

Sono anni, quelli successivi al 1971, contraddistinti da netti contrasti sulla configurabilità di un diritto del datore di lavoro a richiedere ed ottenere il risarcimento del danno, per sinistri occorsi al proprio dipendente.

Tali diatribe giurisprudenziali trovano fortunatamente il loro epilogo, favorevole alle ragioni dei datori di lavoro, con la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6132 del 12.11.1988, in ragione della quale, in estrema sintesi, “[…] sul piano della causalità non può fondatamente contestarsi la ricorrenza del necessario nesso eziologico posto che l’azione del terzo, determinando la malattia e quindi l’assenza del lavoratore, comporta per il datore di lavoro l’impossibilità di utilizzare la prestazione lavorativa lasciando senza corrispettivo la retribuzione dovuta per legge o per contratto, che viene così pagata a vuoto”

In soccorso viene anche l’art. 144 del Codice delle Assicurazioni, secondo il quale “il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione”.

In parole semplici, è ormai ampiamente sdoganato, per quanto poco noto, il principio di danno subito dal datore di lavoro a causa del sinistro subito dal proprio dipendente, ad opera di un terzo.

Il suo diritto può essere fatto valere, come visto, direttamente nei confronti della società di assicurazione che tutela il responsabile civile.

Tale azione, ai sensi di Legge, si prescrive decorsi due anni dal fatto, ciò anche se – nel frattempo – il sinistrato non sia più alle dipendenze dell’impresa.

Le somme che quest’ultima potrà legittimamente chiedere comprenderanno la quota di retribuzione differita maturata nel periodo di assenza (la tredicesima, la quattordicesima, la gratifica natalizia, il premio di produzione, il TFR ecc.), nonché le ferie non godute, comunque maturate, in tale periodo.

Il calcolo preciso delle spettanze sarà rimesso all’ufficio paghe e, con tale dato alla mano, l’avvocato che assiste l’azienda potrà a giusto titolo richiederne il rimborso alla compagnia di assicurazione (non rileva, in tal senso, se il sinistro sia già chiuso o tuttora in corso).

Nel caso in cui l’azienda, poi, si sia trovata nella necessità di sostituire, durante l’infortunio, il proprio dipendente (pensiamo alle ipotesi di operai altamente specializzati, lavoratori stagionali assunti per far fronte ad alti picchi di lavoro, etc…), anche i relativi costi – sostenuti per la ricerca e l’assunzione di un lavoratore temporaneo – saranno ripetibili.

Ma vi è di più.

Il diritto del datore di lavoro non è vincolato né all’infortunio, potendo estendersi anche al caso di malattia (a condizione che sia imputabile all’illecito di un terzo, né all’assenza di colpa del dipendente), potendo il diritto di rivalsa essere esercitato anche nel caso di concorso di colpa di quest’ultimo.

Altro aspetto non trascurabile, come messo in rilievo anche da una pronuncia della Corte di Cassazione (la n. 15399 del 2002), è quello relativo al diritto di rivalsa esercitabile, nei confronti del terzo, anche da parte di una società nella quale il sinistrato non sia dipendente, bensì socio con conferimento di lavoro, a fronte del quale sia prevista una partecipazione agli utili.

In tal caso, il danno andrà quantificato in misura pari alla diminuzione degli utili societari, conseguenti alla mancanza dell’apporto lavorativo del socio medesimo.

Per concludere, non vi è alcuna ragione perché le aziende e gli imprenditori, che dovessero affrontare situazioni quali quelle descritte, non esercitino il diritto di rivalsa che la legge riconosce loro, tanto più che a loro carico non vi sarebbero neanche spese legali da sostenere, in quanto le stesse verrebbero pagate direttamente ed integralmente dalle compagnie assicuratrici.

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*A cura dell’Avv. Pierpaolo De Maio – Dipartimento Responsabilità Civile e Infortunistica Stradale di A.L. Assistenza Legale

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