Società

Il Modello postumo 231: efficacia del modello post factum

Il contributo si propone di delineare le caratteristiche e i requisiti che un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo c.d. postumo deve possedere al fine di consentire l'accesso alle misure premiali, anche alla luce delle (limitate) pronunce della giurisprudenza di merito.

di Benedetta Colombo e Lisa Ruini*

Il D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, oltre ad introdurre un sistema sanzionatorio, contempla altresì una ampia gamma di condotte riparatorie post factum che, ove poste in essere, permettono all'ente stesso di conseguire significativi vantaggi processuali. La ratio è quella di ristabilire – ovvero instaurare – una situazione di legalità e prevenire la commissione di nuovi reati.

Il contributo si propone di delineare le caratteristiche e i requisiti che un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo c.d. postumo deve possedere al fine di consentire l'accesso alle misure premiali, anche alla luce delle (limitate) pronunce della giurisprudenza di merito.

Da ultimo, le autrici svolgono altresì delle brevi considerazioni laddove l'ente si fosse già dotato di un Modello Organizzativo ante factum, imponendo una riflessione circa l'opportunità (anche solo in termini di strategia difensiva) di provvedere all'aggiornamento del Modello stesso.

L'adozione del Modello postumo quale condotta riparatoria post factum

Con l'introduzione nell'ordinamento del meccanismo della responsabilità "da reato" delle Società, il legislatore ha concretizzato la realizzazione di un sistema punitivo, fino ad allora inedito, che trova la sua ragion d'essere nel fatto che la persona giuridica tanto può essere centro di imputazione di diritti e obblighi quanto, di converso, può essere destinataria di una sanzione nel caso in cui si renda responsabile di un comportamento illecito.

Come noto tale sistema individua nell'efficace adozione e attuazione di un idoneo Modello Organizzativo, prima della commissione del fatto di reato, la possibilità per l'ente di andare esente da responsabilità, parimenti sussistendo gli altri presupposti previsti dall'art. 6, comma 1, d.lgs. n. 231/2001.

L'obiettivo principale è evidentemente quello di sollecitare per tempo l'implementazione di un virtuoso sistema preventivo; tuttavia lo stesso decreto, attraverso ulteriori specifiche disposizioni, tende a favorire laddove possibile un tempestivo ristabilimento ex post delle condizioni che hanno consentito l'accadere del comportamento illecito, rispondendo ad "una linea di politica sanzionatoria che non mira ad una punizione indiscriminata e indefettibile, ma che, per contro, punta dichiaratamente a privilegiare una dimensione che salvaguardi la prevenzione del rischio di commissione di (ulteriori NdR) reati" .

L'adozione di un Modello postumo, infatti, oltre a consentire l'ottenimento di una riduzione della sanzione pecuniaria (art. 12), esclude l'applicazione di quelle interdittive (art. 17), purché l'ente abbia riparato le conseguenze del reato e abbia eliminato le carenze organizzative che lo hanno determinato.

Parimenti, in linea con la logica premiale della "condotta riparativa", l'art. 65 prevede che possa essere disposta una sospensione del processo se l'ente chiede di provvedere all'adempimento dei requisiti dell'art. 17, dimostrando di non averlo potuto fare prima, e addirittura, ai sensi dell'art. 78, è possibile che in fase esecutiva le sanzioni interdittive vengano convertite in sanzione pecuniaria, a fronte di una – seppur tardiva – adozione di un idoneo Modello Organizzativo.

È interessante approfondire, pertanto, quali caratteristiche e requisiti debba possedere il Modello postumo al fine di consentire all'Ente il conseguimento di tali vantaggi processuali.

Caratteristiche del c.d. Modello postumo

Sul punto il d.lgs. n. 231/2001 agli artt. 12, comma 2 lett. b) e 17, comma 1, lett. b) fornisce quale unica indicazione la circostanza che il modello organizzativo sia "idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi".

Sarà, pertanto, necessario che il Modello implementato dall'azienda post factum disponga di specifici protocolli aziendali, maggiormente stringenti o quantomeno più specifici rispetto alla pregressa organizzazione interna, che disciplinino le aree aziendali sensibili, ovvero quelle nelle quali si ritiene sussistano rischi di commissione del reato presupposto.

In proposito, potrebbe essere utile anche tenere in considerazione lo specifico addebito contestato in sede penale all'Ente circa le eventuali lacune organizzative che avrebbero consentito il verificarsi del reato.

In sede di predisposizione e redazione del Modello postumo si dovrà valutare se le attività aziendali a rischio nelle quali si è verificato il fatto di reato necessitino di una modifica dell'assetto organizzativo, eventualmente anche mediante mutamento di ruoli aziendali qualora il reato sia stato agevolato da insufficiente vigilanza, insufficiente segregazione tra le funzioni nell'ambito dei singoli processi aziendali o, addirittura, elusione fraudolenta da parte di soggetto apicale.

Pare evidente come, rispetto al Modello ex ante, quello postumo debba risultare maggiormente efficace, in ragione della già avvenuta commissione di un fatto illecito nell'azienda.

Tale requisito potrebbe esplicarsi in:

a)una più rigorosa valutazione dei rischi, soprattutto in relazione alla categoria di reati tra i quali si annovera quello verificatosi;

b)una maggiore tracciabilità e documentazione di tutta la catena di operazioni poste in essere dalle singole funzioni nell'ambito dei processi aziendali direttamente o indirettamente coinvolti nelle aree a rischio del reato presupposto;

c)una più articolata indicazione nel Modello delle esemplificazioni di situazioni che potrebbero sfociare in un fatto di reato.

Ai fini di una positiva valutazione dell'idoneità del Modello può essere utile anche implementare – ove non già esistenti – sistemi di gestione certificati internazionalmente riconosciuti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ambiente, qualità, sicurezza delle informazioni, igiene alimentare, a seconda della tipologia del reato verificatosi.

Da ultimo, occorrerà ovviamente poter dimostrare l'effettiva operatività del Modello ex post, poiché – come noto – la mera implementazione non accompagnata da una reale attuazione del contenuto dello stesso, sottoposta al vaglio del giudice, non consentirebbe all'Ente alcun beneficio processuale.

La scelta dell'impresa, una volta verificatosi il fatto di reato, di adottare o meno un Modello postumo – in ottica di difesa processuale – pare porsi quasi come una strada obbligata.Ciò, in quanto la mancata adozione di un Modello 231, anche a fronte della contestazione penale, renderebbe difficoltoso per l'Ente dimostrare la propria volontà di colmare eventuali lacune organizzative e l'intenzione dell'impresa di agire nel rispetto dei precetti penali.

Inoltre, sotto altro profilo, l'implementazione di un Modello 231 (se pur postumo rispetto al reato originario) può esplicare altresì una funzione preventiva in ordine al rischio circa l'eventuale verificarsi di successivi illeciti amministrativi dipendenti da reato.

L'aggiornamento del Modello post factum

Qualche considerazione differente merita la casistica relativa all'eventualità (ormai sempre più frequente) in cui l'Ente sia già provvisto di Modello Organizzativo e che si debba pertanto valutare l'opportunità di un suo aggiornamento alla luce della contestazione di un fatto di reato.

Mentre, infatti, in caso di assenza del Modello ante factum, è di tutta evidenza che vi sia la necessità di procedere a tale adempimento, nei casi di "aggiornamento post factum" occorre dosare alcune valutazioni anche in termini di opportunità processuale.

In primo luogo rileva il fatto che l'asserita non idoneità del Modello Organizzativo ante factum spesso non risulta essere chiaramente descritta e contestata nel capo d'imputazione, il quale molto spesso si limita ad un mero rimando ai riferimenti del Decreto 231 connessi al reato presupposto.

Occorre, pertanto, una certa cautela, salvo i casi in cui vi siano delle macroscopiche carenze organizzative e procedurali, nell'individuare spunti di miglioramento (sempre possibili), senza indirettamente corroborare il presunto giudizio di inidoneità del Modello che ha portato il Pubblico Ministero a formulare la conseguente contestazione, intervenendo in maniera irruenta nella riorganizzazione di processi aziendali.

L'ipotesi accusatoria resta pur sempre un'ipotesi che deve passare al vaglio del dibattimento ed è pertanto opportuno che qualsiasi intervento sul Modello o riflessione riguardo l'idoneità dello stesso – ad opera del Consiglio di Amministrazione e su impulso dell'Organismo di Vigilanza – contempli un preventivo confronto con il difensore dell'Ente al fine di coordinare una tempestiva e pur sempre sana reazione, coerentemente con la linea processuale che si intende impostare.

A tal riguardo si potrebbe rivelare opportuno il coinvolgimento di un professionista, parimenti esperto di compliance aziendale (non solo in linea teorica) e di attività giudiziaria, che possa fornire, nell'ambito di una consulenza tecnica, un parere in merito all'idoneità del Modello ante factum, con la prospettiva di poter supportare il difensore in ambito processuale.

Opportunità che è analogamente ammessa e concessa (seppur poco praticata) anche al Giudice, ai sensi dell'art. 220 c.p.p., qualora ritenga che occorra svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze tecniche. La necessità di questo supporto nell'accertamento 231 non è scontata, infatti, pur "a fronte della importanza, pacifica, della valutazione sulla idoneità del Modello si registra in giurisprudenza l'assenza di una indicazione precisa di quali siano gli elementi in grado di garantire al Modello organizzativo lo statuto di "documento idoneo" .

Nel tempo si sono certamente consolidati - ai limiti dell'irrigidimento - diversi orientamenti che hanno delineato e tuttora sviluppano indici e criteri utili a determinare l'idoneità del Modello Organizzativo (si rimanda all'articolo "Idoneità del modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001" di Cinzia Catrini , Giuseppe De Marco e Daniela Rocchi in NT+Diritto).

Tuttavia traspare poca sistematicità in tale approccio, oltre ad una scarsa conoscenza delle reali dinamiche di funzionamento di un sistema aziendale, rischiando di focalizzare l'attenzione sul mero contenuto testuale del Modello e non considerando tutte le dinamiche organizzative e operative dell'Ente che, seppur non adeguatamente descritte o formalizzate, ma attuate!, concorrono alla composizione del Modello Organizzativo vigente.

DOCUMENTAZIONE SELEZIONE GIURISPRUDENZIALE - Tribunale Roma, ordinanza del 14/4/2003

Ai fini dell'applicazione delle misure cautelari previste in materia di responsabilità amministrativa degli enti (articolo 45 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231), per escludere il pericolo di recidiva può rilevare anche l'istituzione ex post, da parte della società, di un modello di organizzazione e di gestione: peraltro, per poter ritenere tale modello idoneo a prevenire la commissione di reati della stessa specie di quello verificatosi, occorre una valutazione più rigorosa di quella riservata al modello ex ante, occorrendo un modello che effettivamente rimuova le carenze dell'apparato organizzativo e operativo dell'ente che hanno in concreto favorito la commissione dell'illecito.

Tribunale Milano, ordinanza del 20/9/2004

Il modello di organizzazione e gestione, adottato dopo la commissione dell'illecito al fine di escludere l'applicazione delle misure cautelari, deve essere elaborato tenendo conto della struttura organizzativa dell'ente e della storia anche giudiziaria della società (nella specie, il giudice ha ritenuto insufficienti i modelli organizzativi adottati post factum da società controllanti, imputate di aver commesso illeciti nell'ambito della propria attività di direzione delle controllate, in quanto privi fra l'altro di meccanismi diretti a rendere difficile da parte dei vertici delle controllanti il coordinamento delle attività corruttive secondo analoghe modalità e negli stessi ambiti dove si erano verificati i reati all'origine del procedimento).

Tribunale Napoli, ordinanza del 26/6/2007

Il modello di organizzazione deve rappresentare l'esito di una corretta analisi del rischio e, pertanto, l'esito della corretta individuazione delle vulnerabilità oggettive dell'ente in rapporto alla sua organizzazione e attività. Una volta individuate tutte le aree sensibili, c.d. mappatura del rischio, è necessario stabilire per ognuna di esse degli specifici protocolli di prevenzione che regolamentino nel modo più stringente ed efficace possibile le attività pericolose, sottoponendo le regole a un'efficace e costante azione di controllo e presidiandole con altrettante e adeguate specifiche sanzioni per perseguirne le violazioni e per garantirne un'effettiva attuazione dell'intero sistema organizzativo. Benché il modello di organizzazione sia unico, le sue previsioni devono diversificarsi in relazione allo specifico rischio-reato da prevenire e, considerata la pluralità degli agenti di rischio, devono essere modulate sia sul momento dell'attuazione della volontà dell'ente che sul successivo momento esecutivo. Inoltre, quando già determinati reati si sono verificati, ovvero è altamente probabile che si siano verificati, il contenuto programmatico del modello, in relazione all'area in cui gli indicatori di rischio sono più evidenti, dovrà necessariamente essere calibrato e mirato all'adozione di più stringenti misure idonee a prevenire o a scongiurare il pericolo di reiterazione dello specifico illecito già verificatosi.

SULLA NECESSARIA COMPRESENZA DI TUTTI I REQUISITI PREVISTI DALL'ART. 17, D.LGS. 231/2001 - Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 29/11/2019) 4/3/2020, n. 8785
Sul punto merita di essere ricordato che, diversamente da quanto è previsto per le sanzioni pecuniarie all'art. 12 del D.Lgs. n. 231 del 2001, con riferimento alle sole sanzioni interdittive l'art. 17 prevede che l'ente possa evitarne l'applicazione, e dunque essere assoggettato alle sole sanzioni pecuniarie, attraverso il risarcimento integrale del danno, la eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, l'eliminazione delle carenze organizzative che hanno agevolato la commissione del reato, l'adozione e l'attuazione dei modelli organizzativi idonei a prevenire i reati, la messa a disposizione del profitto conseguito illecitamente. Orbene, è pacifico che solo la contestuale ricorrenza di queste condizioni ("...le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni..."), e non la sola predisposizione di un modello organizzativo idoneo alla prevenzione dei reati, determina l'inapplicabilità delle sanzioni interdittive.

*a cura degli avv.ti Avv. Benedetta Colombo, Partner 24 ORE Avvocati e Lisa Ruini, Partner 24 ORE Avvocati

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