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Il neo-introdotto concordato liquidatorio semplificato è una misura permanente o transitoria?

Il neo-introdotto concordato liquidatorio semplificato è un istituto autonomo, corredato da una disciplina ad hoc, la cui applicazione è priva di limitazioni temporali

di Rossana Mininno

Gli indicatori dello stato di crisi di tipo finanziario sono rappresentati da gravi difficoltà sul piano dei flussi finanziari, suscettibili di tradursi in crisi di liquidità, difficoltà nell'accesso al credito e perdita di fiducia da parte degli stakeholders.

L'aggravamento dello stato di crisi da squilibrio finanziario può condurre all'insolvenza ovvero all'incapacità dell'imprenditore di soddisfare regolarmente le obbligazioni.

Il superamento di una crisi di tipo esclusivamente finanziario, dovuta, cioè, a uno squilibrio tra la struttura degli investimenti e quella dei finanziamenti, necessita del consolidamento del debito e della sua contestuale riduzione, verosimilmente mediante il ricorso a misure di ricapitalizzazione, nonché, sul piano prettamente strategico, al monitoraggio dell'attività, da orientare al conseguimento di uno sviluppo dell'impresa che sia sostenibile.

Nell'ipotesi in cui, invece, la crisi sia anche di carattere patrimoniale, gli interventi propedeutici al suo superamento devono riguardare sia l'organizzazione aziendale che la sfera patrimoniale e finanziaria dell'impresa.

In caso di crisi la quale abbia assunto carattere strutturale gli strumenti di risanamento a disposizione dell'imprenditore sono costituiti dall'accordo di ristrutturazione dei debiti e dal concordato preventivo, la cui utilità è apprezzabile non soltanto in un'ottica liquidatoria, avendo come principale obiettivo il salvataggio dell'impresa commerciale.

In particolare, il concordato preventivo, attualmente disciplinato dal titolo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, «diversamente dal fallimento, caratterizzato da finalità solo liquidatorie, tende piuttosto alla risoluzione della crisi di impresa» (Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329) e consente all'imprenditore commerciale di evitare, mediante la regolazione dei rapporti con i creditori in maniera concertata con i medesimi, che lo stato di crisi evolva in fallimento.

Si tratta di una soluzione idonea a «favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento» (Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Dal punto di vista ontologico, il concordato preventivo risulta «caratterizzato da una prevalente natura contrattuale, e dal decisivo rilievo della volontà dei creditori e del loro consenso informato» (Cass. civ., Sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860).

Trattasi, in altri termini, di un «istituto avente una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all'esito dell'omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva» (Cass. civ., Sez. I, 13 luglio 2018, n. 18738).

Recentemente il Governo, avendo preso atto della gravità degli «effetti negativi che l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 ha prodotto e sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale» e ravvisando la «straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare» detti effetti, ha introdotto - con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118 (in fase di conversione) - nuovi strumenti di «soluzione concordata della crisi», teleologicamente orientati a incentivare il ricorso, da parte delle imprese, ad «alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale».

Il primo strumento è costituito dalla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, avente natura stragiudiziale e attivabile, su base volontaria, dall'imprenditore - indifferentemente, commerciale o agricolo - che versi «in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza»: la procedura prevede l'affiancamento all'imprenditore di un «esperto indipendente» (articolo 2, comma 1), al quale è affidato il compito di agevolare le trattative con i creditori ed eventuali altri soggetti interessati onde «individuare una soluzione per il superamento» delle condizioni di squilibrio, «anche mediante il trasferimento dell'azienda o di rami di essa» (articolo 2, comma 2).

Il decreto-legge de quo disciplina, nel dettaglio, le possibili soluzioni adottabili all'esito della procedura e prevede - per il caso di esito negativo delle trattative e di impraticabilità delle soluzioni prospettate - la possibilità per l'imprenditore di presentare una «proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione» (articolo 18, comma 1): si tratta, come evincibile dalla relativa denominazione (cfr. rubrica dell'articolo 18), di una procedura semplificata di tipo liquidatorio, alternativa rispetto alle procedure concorsuali previste dal regio decreto n. 267 del 1942.

Il Tribunale, valutata la ritualità della proposta, nomina un ausiliario e ordina che la proposta, unitamente al parere dell'ausiliario e alla relazione finale dell'esperto, sia comunicata a cura del debitore ai creditori, i quali possono opporsi all'omologazione, la quale avviene da parte del Tribunale, previa verifica della regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché del rispetto delle cause di prelazione e della fattibilità del piano di liquidazione, nel caso in cui la proposta «non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare e comunque assicura un'utilità a ciascun creditore» (articolo 18, comma 5).

Come ricavabile dall'articolato del decreto-legge n. 118 del 2021, il concordato liquidatorio semplificato non costituisce una sottospecie del concordato preventivo ordinario, ma un istituto autonomo, dotato di una disciplina ad hoc.

Quanto alla relativa applicazione, è ragionevole escluderne la natura di misura transitoria interrelata al perdurare della fase pandemica, non avendo il decreto-legge de quo fissato alcuna limitazione temporale.

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