Il paziente-vittima non può fare causa all’assicuratore
La legge 24 del 2017 è in vigore da oltre due anni ma ancora mancano i decreti attuativi necessari per renderla completamente efficace. Una delle conseguenze è quella di non consentire alle vittime di errori sanitari di attivare il contenzioso contro l’assicuratore del medico.
Gli articoli 10 e 12 della legge, infatti, regolano l’obbligatorietà della copertura assicurativa (per medici e strutture) e la facoltà per il paziente di agire direttamente contro l’assicuratore del responsabile, attribuendogli quindi la legittimazione attiva verso un soggetto economicamente solido. Ma l’attuazione di queste norme è demandata a decreti ministeriali che - pur in stato avanzato di lavorazione - non sono ancora stati emanati.
La legge 24/2017 ha riformato il contenzioso civile sanitario con nuove norme procedurali che hanno generato un “rito sanitario” speciale, fatto di attività pre-contenziosa (le attività preliminari volte alla conciliazione) e riti accelerati per il veloce ristoro dei danni da errori accertati. Si tratta di novità che hanno impattato in modo considerevole sui processi civili, modificando le procedure e la prassi giurisprudenziale. Tuttavia, l’assenza dell’assicuratore del responsabile tra gli attori primari del sistema processuale e risarcitorio del danno da colpa medica sta creando non pochi intoppi nell’iter giudiziario del contenzioso.
Ne sono prova alcuni provvedimenti resi di recente dal tribunale di Milano che - pur ritenendo la figura dell’assicuratore essenziale ai fini della veloce composizione della lite - ne escludono la presenza nel processo a causa della mancanza dei decreti attuativi della legge 24/2017 (tra gli altri, ordinanza del 7 gennaio 2018, giudice Boroni, e ordinanza del 18 marzo 2019, giudice Massari).
Nelle vicende esaminate dai giudici, i pazienti danneggiati hanno chiamato l’assicuratore della struttura in sede di accertamento tecnico preventivo (la perizia tecnica preliminare che la legge impone per accertare le eventuali responsabilità e facilitare così la composizione non contenziosa della controversia), sulla base del tenore letterale della legge e secondo il ragionamento logico per cui le indagini cliniche possono essere conosciute anche da chi in ultima istanza potrebbe essere tenuto a risarcire il danno, vale a dire l’assicuratore del responsabile. Ma la mancata attuazione dell’articolo 12 della legge rende improcedibile l’azione diretta contro l’assicuratore. I giudici hanno quindi dovuto dichiarare l’inammissibilità della chiamata in giudizio dell’assicuratore, pur obbligato a garantire patrimonialmente la struttura sanitaria convenuta.
Questa distonia fra uno degli aspetti più importanti della legge (quella di consentire alla vittima di chiedere il risarcimento direttamente al soggetto che sarà tenuto a pagare, nei limiti contrattuali, il danno) e la sua mancata adozione pratica stanno privando il sistema di una importante funzione socio-protettiva della novella, spesso con pregiudizio per il paziente. Tanto che in alcuni casi la vittima deve avviare una nuova procedura di fronte a un altro giudice territorialmente competente, vista l’improcedibilità dell’azione contro l’assicuratore.