Società

Il ruolo dei creditori nel concordato semplificato

Il neo-introdotto strumento concordatario è connotato dalla semplificazione del rito e dal ridimensionamento del ruolo dei creditori

di Rossana Mininno

Con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante "Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia", convertito con modificazioni dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147, il Governo - preso atto della gravità degli «effetti negativi che l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 ha prodotto e sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale» e ravvisata la «straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare» detti effetti - ha introdotto nuovi strumenti di «soluzione concordata della crisi», orientati a incentivare il ricorso, da parte delle imprese, ad «alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale».

Il primo strumento - denominato, letteralmente, composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa (cfr. articolo 2 ) - consiste in una procedura di carattere privatistico e natura stragiudiziale, attivabile, su base volontaria, dall'imprenditore (indifferentemente, commerciale o agricolo) che versi «in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza»: la procedura prevede l'affiancamento di un «esperto indipendente», al quale è affidato il compito di agevolare le trattative con i creditori al precipuo fine di «individuare una soluzione per il superamento» delle condizioni di squilibrio, «anche mediante il trasferimento dell'azienda o di rami di essa» (cfr. articolo 2, comma 2).

Per il caso di esito negativo delle trattative e di impraticabilità delle soluzioni prospettate (previa dichiarazione, da parte dell'esperto, che «le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede») all'imprenditore è consentito presentare una «proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione» (c.d. concordato liquidatorio semplificato - cfr. articolo 18 ).

Come ricavabile dal complessivo articolato del decreto-legge de quo, il concordato liquidatorio semplificato non costituisce una nuova figura di concordato autonomo cui il debitore può liberamente accedere, né una sottospecie del concordato preventivo ordinario, ma uno strumento ad hoc, utilizzabile esclusivamente in caso di esito negativo del tentativo di composizione negoziata.

Per la presentazione della proposta il legislatore ha fissato un termine - ragionevolmente qualificabile come decadenziale, non essendo previste proroghe e/o eccezioni - di sessanta giorni: il dies a quo del decorso di detto termine è costituito dalla comunicazione della «relazione finale», mediante la quale l'esperto certifica l'impossibilità di individuare una soluzione idonea al superamento della crisi ( cfr. articolo 5 ).

Il neo-introdotto strumento concordatario è - letteralmente - un procedimento «semplificato» ( cfr. rubrica dell'articolo 18 ) ovvero connotato dalla semplificazione del rito.

Una prima differenza - rispetto alla procedura concordataria ordinaria - consiste nell'eliminazione della fase iniziale di ammissibilità: con il ricorso introduttivo, presentato al Tribunale competente (id est, quello «del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale» ex articolo 18, comma 2), l'imprenditore non domanda l'ammissione alla procedura, come avviene nel concordato ordinario (cfr. articolo 161, comma 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), ma «chiede l'omologazione del concordato» (cfr. articolo 18, comma 2).

Il ricorso dell'imprenditore non è assoggettato ad alcun preventivo vaglio di ammissibilità da parte dell'organo giudiziario tant'è che non è prevista la nomina del Giudice delegato alla procedura e il decreto di fissazione dell'udienza per l'omologazione «equivale all'ammissione al concordato» (cfr. articolo 18, comma 8).

Una seconda differenza - rispetto alla procedura concordataria ordinaria - consiste nella mancata previsione del vincolo di soddisfazione di una quota minima (e predeterminata) dei crediti chirografari.

Unitamente alla proposta di concordato l'imprenditore deve presentare il piano di liquidazione e i «documenti indicati nell'articolo 161, secondo comma, lettere a), b), c), d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267» (cfr. articolo 18, comma 1): il mancato richiamo della lettera e) e del documento ivi previsto (id est, «un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta») induce - ragionevolmente - a ritenere che il debitore che propone un concordato semplificato non sia tenuto a particolari modalità e tempi di adempimento.

Il decreto-legge de quo non richiama l'articolo 160 del regio decreto n. 267 del 1942, ai sensi del quale la proposta «deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari» (comma 4, primo periodo); ne consegue che nel concordato semplificato, a differenza dal concordato ordinario, il debitore non è tenuto ad assicurare una soglia minima di soddisfacimento dei crediti chirografari.

Il debitore è libero di offrire qualsiasi soluzione dal medesimo ritenuta opportuna purché rispetti le condizioni minime fissate ex lege: la proposta deve essere formulata in modo da assicurare «il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione», non deve arrecare «pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare» e, in ogni caso, deve assicurare «un'utilità a ciascun creditore» (cfr. articolo 18, comma 5).

La possibilità di «suddivisione dei creditori in classi» (c.d. classazione), non prevista dall'originaria formulazione dell'articolo 18 del decreto-legge n. 118 del 2021, è stata inserita in sede di conversione in legge (cfr. comma 1).

Una terza differenza - rispetto alla procedura concordataria ordinaria - consiste nell'abolizione sia dell'adunanza dei creditori che della votazione: nel concordato semplificato il ruolo dei creditori è ridimensionato, non essendo i medesimi chiamati a esprimere il loro parere tramite il voto.

L'unico strumento a disposizione dei creditori è rappresentato dall'opposizione all'omologazione, da proporre «costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza» (cfr. articolo 18, comma 4) fissata dal Tribunale per l'omologazione.

Nella Relazione di accompagnamento al decreto-legge de quo il legislatore ha giustificato la scelta della semplificazione del rito mediante l'abolizione delle fasi di ammissione della procedura e di votazione dei creditori «sul presupposto che la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa e la non percorribilità di altre soluzioni sia stata esaminata dall'esperto indipendente e rappresentata nella relazione finale che chiude la composizione negoziata e sull'ulteriore presupposto che i creditori siano stati interessati ed informati nel corso delle trattative».

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