Il ruolo di supporto delle società in house nell'attuazione del PNRR
Nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2023 è stato pubblicato il decreto-legge 29 maggio 2023, n. 57 ("Misure urgenti per gli enti territoriali, nonché per garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il settore energetico"), recante ulteriori disposizioni funzionali a «garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, coerentemente con il relativo cronoprogramma».
Il Recovery and Resilience Facility (RRF)
Il Recovery and Resilience Facility (ovvero il dispositivo per la ripresa e la resilienza) è stato istituito, a livello euro-normativo, con il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021.
Come considerato dal normatore eurounitario, «[l']insorgere della pandemia di COVID-19 all'inizio del 2020 ha cambiato le prospettive economiche, sociali e di bilancio nell'Unione e nel mondo, richiedendo una reazione urgente e coordinata sia a livello di Unione che a livello nazionale per far fronte alle enormi conseguenze economiche e sociali nonché agli effetti asimmetrici per gli Stati membri. La crisi COVID-19, così come la precedente crisi economica e finanziaria del 2009, hanno dimostrato che lo sviluppo di economie solide, sostenibili e resilienti nonché di sistemi finanziari e di welfare basati su robuste strutture economiche e sociali aiuta gli Stati membri a reagire con maggiore efficacia e in modo equo e inclusivo agli shock e a registrare una più rapida ripresa. […] Le conseguenze a medio e lungo termine della crisi COVID-19 dipenderanno essenzialmente dalla rapidità con cui le economie e le società degli Stati membri si riprenderanno da tale crisi, rapidità che dipende a sua volta dal margine di bilancio di cui dispongono gli Stati membri per adottare misure volte a mitigare l'impatto a livello sociale ed economico della crisi e dalla resilienza delle loro economie e strutture sociali» (considerando 6).
Il normatore eurounitario ha, quindi, ritenuto «necessario rafforzare il quadro vigente in materia di sostegno agli Stati membri fornendo a questi ultimi un sostegno finanziario diretto tramite uno strumento innovativo» (considerando 8), individuato in «un dispositivo per la ripresa e la resilienza («dispositivo») per fornire un sostegno finanziario efficace e significativo volto ad accelerare l'attuazione di riforme sostenibili e degli investimenti pubblici correlati negli Stati membri» (considerando 8) ovvero destinato a «sostenere i progetti che rispettano il principio dell'addizionalità dei finanziamenti dell'Unione» (considerando 20).
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza è un fondo dell'Unione europea, congegnato come uno strumento performance based, il quale, costituendo il cardine del programma Next Generation EU, fornisce agli Stati membri un sostegno finanziario diretto, legato al raggiungimento di determinati risultati.
I piani adottati a livello nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR) sono incentrati su traguardi (milestones) e obiettivi (targets), al cui conseguimento è legata l'assegnazione delle risorse: i primi consistono in traguardi qualitativi, riferiti alle fasi di natura amministrativa e procedurale; i secondi consistono in traguardi quantitativi, riferiti ai risultati attesi dagli interventi attuati. Alla misurazione del raggiungimento del target sono preposti appositi indicatori, quali, a titolo esemplificativo, i metri quadri di superficie oggetto di interventi di efficientamento energetico oppure il numero di studenti che hanno completato la formazione.
Le coordinate normative del PNRR
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è strutturato in sei missioni:
(1) digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (gli obiettivi della missione sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l'innovazione del sistema produttivo e investire in due settori chiave per l'Italia ovvero il turismo e la cultura);
(2) rivoluzione verde e transizione ecologica (gli obiettivi della missione sono migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva);
(3) infrastrutture per una mobilità sostenibile (l'obiettivo primario della missione è lo sviluppo di un'infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese);
(4) istruzione e ricerca (l'obiettivo della missione è rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e tecnico-scientifiche, la ricerca e il trasferimento tecnologico);
(5) inclusione e coesione (gli obiettivi della missione sono facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l'inclusione sociale);
(6) salute (gli obiettivi della missione sono rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure).
I provvedimenti normativi dedicati, a livello nazionale, all'attuazione del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché al rispetto del cronoprogramma degli interventi finanziati, in tutto o in parte, con le risorse del PNRR o del PNC sono i seguenti: decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 ("Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure" - c.d. decreto PNRR), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108; decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 ("Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia"), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113; decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 ("Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose"), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233; decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 ("Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)" - c.d. decreto PNRR 2), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79; decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13 ("Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune" - c.d. decreto PNRR 3), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41.
Il controllo sull'acquisizione e sull'impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al PNRR e dalle altre fonti di finanziamento (id est, Fondo per lo sviluppo e la coesione - FSC e Piano nazionale per gli investimenti complementari - PNC) è, allo stato attuale della legislazione, affidato alla Corte dei conti, la quale ha osservato che «[l]e misure del PNRR prevedono cadenze temporali serrate, si tratta di un programma che deve essere condiviso nell'ambito del sistema multilivello. L'approccio top-down, giustificato dalla necessità di rispondere tempestivamente alle istituzioni europee, potrebbe non risultare funzionale all'attuazione dei numerosi progetti attivati soprattutto dai Comuni» (C. conti, Sez. aut., 13 gennaio 2023, n. 1/2023/INPR).
Il supporto tecnico-operativo delle società in house ai soggetti attuatori del PNRR
L'articolo 10 , rubricato "Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici", del decreto-legge n. 77 del 2021 ha facoltizzato le Amministrazioni interessate ad avvalersi - al fine dell'attuazione degli investimenti previsti dal PNRR - del « supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» (co. 1): l'attività di supporto «copre anche le fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione degli interventi e comprende azioni di rafforzamento della capacità amministrativa, anche attraverso la messa a disposizione di esperti particolarmente qualificati» (co. 2).
Il richiamato articolo 38 ("Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza") del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ("Codice dei contratti pubblici") ha previsto l'istituzione, presso l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) di un « apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza» (co. 1): il conseguimento della qualificazione avviene «in rapporto ai bacini territoriali, alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo» (co. 2).
Il decreto legislativo n. 50 del 2016 rimarrà in vigore fino al 30 giugno 2023, mentre dal 1° luglio 2023 saranno efficaci le disposizioni, con i relativi allegati, del neo-introdotto Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 ("Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici"): le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016 «continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso» (art. 226, co. 2, d.lgs. n. 36/2023).
Il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno ha chiarito quanto segue: «È possibile di affidare alla società in house - gestore d'ambito - sia la fase di gestione che la realizzazione dell'opera per gli interventi finanziati nell'ambito del PNRR. Tuttavia, il CUP [Codice Unico di Progetto, n.d.r.] deve restare in capo al Comune soggetto attuatore e devono essere rispettati una serie di principi. In particolare: - nell'affidamento deve comunque rispettarsi puntualmente quanto disposto dagli articoli 190 e 192 del d.lgs. 50/2016 (o normativa speciale della Regione/Provincia autonoma) - compresa la valutazione di congruità. Anche se sussistono accordi quadro in essere bisogna comunque definire un atto aggiuntivo o specifico da ricondurre univocamente al progetto/linea di attività; - sarà importante definire nella convenzione (o atto aggiuntivo specifico) gli elementi inerenti all'attuazione della misura che non sono solo quelli ordinari ma anche quelli specifici del PNRR [codificazione contabile adeguata, DNSH, M&T, comunicazione/informazione (emblema+ "finanziato con l'UE NextgenerationEU"), autorizzazione controlli ex articolo 22.2 lett. e), tagging…]; - in sede di monitoraggio e rendicontazione è fondamentale tracciare anche il percorso sottostante, non solo quindi il SAL dell'ente in house ma anche delle imprese con CUP e i CIG [Codice identificativo gara, n.d.r.] (ovviamente per gli affidamenti fatti dall'in house); - spese per il personale: l'in house fornisce un servizio e nel quadro economico del progetto non dovrebbero figurare spese di personale in house ma solo del Comune. Nell'ambito del servizio l'in house può procedere alla selezione di esperti o assunzioni di nuovo personale interno necessario a finalizzare la misura (non di AT) ma poi lo rendiconterà sempre come servizio nell'ambito dei suoi SAL» (cfr. FAQ del 24 gennaio 2023).
La genesi pretoria del modello organizzativo dell'in house providing e la positivizzazione del tipo societario
Un esempio emblematico della relatività e storicità dell'antinomia tra affidamento diretto e tutela della concorrenza è l'in house providing, modello organizzativo di gestione diretta del servizio pubblico, attuata mediante il ricorso a un ente distinto sul piano formale, ma assimilabile, sul piano sostanziale, a un prolungamento organizzativo della medesima Amministrazione: si tratta, da un punto di vista prettamente ontologico, di un modello organizzativo opposto a quello dell'esternalizzazione (outsourcing).
L'istituto dell'in house providing è stato coniato a livello pretorio, con il precipuo intento di coniugare il principio di auto-organizzazione delle autorità pubbliche con la tutela della concorrenza nelle ipotesi in cui beneficiario dell'affidamento sia un soggetto societario formalmente distinto dall'ente pubblico affidante. Principio - quello di auto-organizzazione - in virtù del quale è riconosciuta in capo alle autorità pubbliche la facoltà di organizzare e svolgere compiti di interesse pubblico attraverso proprie risorse amministrative, tecniche ed economiche senza alcun obbligo di rivolgersi all'esterno (Corte giust. UE, 13 novembre 2008, causa C-324/07; id., 10 settembre 2009, causa C-573/2009; id., 8 dicembre 2016, causa C-553/15).
La declinazione dell'istituto de quo risale all'anno 1999: in occasione del noto caso Teckal (cfr. Corte giust. UE, 18 novembre 1999, causa C-107/98) i Giudici europei - chiamati a pronunciarsi sull'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/50/CEE - hanno individuato le condizioni legittimanti l'affidamento diretto del servizio pubblico in deroga alle regole generali imperniate sul modello di selezione del contraente tramite procedura competitiva a evidenza pubblica, condizioni de facto presupponenti la mancanza di un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario: la Pubblica Amministrazione è legittimata a procedere ad affidamenti diretti di appalti o concessioni a soggetti dotati di distinta personalità giuridica nei casi in cui la medesima Amministrazione affidante eserciti sull'affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (elemento c.d. strutturale) e, nel contempo, il soggetto affidatario svolga, prevalentemente, attività intra moenia a favore dell'ente pubblico affidante (elemento c.d. funzionale).
Il presupposto - individuato dai Giudici europei nel caso Teckal - della mancanza di un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario è stato declinato, nella giurisprudenza nazionale, in termini di relazione organica (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1; Corte cost., 20 marzo 2013, n. 46): la società in house costituisce una « longa manus dell'ente pubblico affidante secondo un modello di organizzazione interno, articolato nel modo stimato più adatto per giungere a operare» (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 964) e « agisce come un vero e proprio organo dell'Amministrazione dal punto di vista sostanziale (e, per questo, è richiesto il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall'amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell'attività dell'ente in house in favore dell'Amministrazione stessa)» (Cons. Stato, Sez. II, 24 luglio 2020, n. 4728).
I requisiti di conio giurisprudenziale, la cui sussistenza è ritenuta necessaria affinché una società possa essere definita in house e, conseguentemente, risultare affidataria diretta di appalti pubblici, hanno trovato una definizione positiva in sede di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici dell'anno 2014.
Nel nostro ordinamento la trasposizione dell'istituto dell'in house providing dal piano giurisprudenziale a quello normativo è avvenuta con il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ("Codice dei contratti pubblici"): il legislatore nazionale ha fissato positivamente i requisiti che la società in house deve possedere e - in linea con le corrispondenti previsioni delle direttive eurounitarie (cfr. articolo 12 della direttiva n. 24/2014/UE - c.d. Direttiva appalti, articolo 17 della direttiva n. 23/2014/UE - c.d. Direttiva concessioni; articolo 28 della direttiva n. 25/2014/UE - c.d. Direttiva settori speciali) - ha eccettuato il modello dell'in house dall'applicazione delle regole del Codice dei contratti pubblici, positivizzando le condizioni che lo rendono configurabile.
In seguito il legislatore è intervenuto - in chiave tipologica - introducendo l'archetipo normativo della società in house in sede di emanazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" - c.d. TUSP), provvedimento di attuazione della delega conferita con la legge 7 agosto 2015, n. 124 ("Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche") «al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con particolare riferimento al superamento dei regimi transitori» (art. 18, co. 1) e volto al riordino strutturale della disciplina delle partecipazioni pubbliche in società di capitali.
Per quanto attiene alla forma e all'oggetto sociale per le società in house valgono le medesime limitazioni valevoli, in generale, per le società a partecipazione pubblica: le società alle quali le Pubbliche Amministrazioni possono partecipare devono essere «costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa» (art. 3, co. 1); l'oggetto sociale non può prevedere lo svolgimento di «attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle […] finalità istituzionali» proprie della P.A. (art. 4, co. 1); le attività consentite sono esclusivamente quelle tassativamente previste dal medesimo TUSP (cfr. art. 4, co. 2).
La partecipazione di capitali privati nella compagine societaria è ammessa, in via eccezionale, a condizione che sia «prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata» (art. 16, co. 1).
Per quanto attiene agli elementi tipizzanti la società in house è tenuta a operare «in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti» (art. 4, co. 4): la prevalenza è declinata con riferimento al fatturato e in termini percentuali, dovendo lo statuto societario prevedere che «oltre l'ottanta per cento del fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti […] affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci» (art. 16, co. 3).
Il Consiglio di Stato ha ritenuto l'eurocompatibilità della disposizione che sancisce il limite quantitativo di fatturato, in quanto, «in conformità alla direttiva UE 2014/23, ha lo scopo di assicurare che il funzionamento della società in house sia improntato ad una regola interna in grado di conformarne l'operatività» (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444): il mancato rispetto di detto limite costituisce una «grave irregolarità» (art. 16, co. 4), la quale «è suscettibile di essere sanata dalla società in house ai sensi del comma 5, optando tra la rinunzia a una parte dei rapporti con soggetti terzi e conseguente scioglimento dei relativi contratti – sicché i contratti con i terzi eccedenti il limite di legge non possono dirsi neanche affetti, a monte, da nullità – e la rinunzia agli affidamenti diretti da parte dell'ente o degli enti pubblici soci» (Cons. Stato n. 444/2020 cit.).
Altro elemento tipizzante la società in house è il controllo analogo, intendendosi tale «la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata» (art. 2, co. 1, lett. c).
Il controllo analogo è suscettibile - nell'ipotesi in cui la società in house sia partecipata da una pluralità di Pubbliche Amministrazioni - di esercizio in forma congiunta (cfr. Corte giust. UE, Sez. III, 13 novembre 2008, causa C-324/07 e 10 settembre 2009, causa C-573/07).
Il TUSP definisce ‘controllo analogo congiunto' «la situazione in cui l'amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi» (art. 2, co. 1, lett. d).
La giurisprudenza nazionale ha chiarito che al fine della qualificazione di una società in house è sufficiente la verifica della sussistenza di un controllo esercitato da un socio pubblico di maggioranza, non essendo normativamente richiesta, per il caso di controllo analogo esercitato congiuntamente da più Amministrazioni, «la coincidenza di queste ultime con tutte quelle titolari di una partecipazione al capitale sociale» (Cass. civ., Sez. Un., 1 ottobre 2021, n. 26738).