In tema di avvalimento l'impresa può fornirsi esclusivamente dei requisiti oggettivi di terzi
In tema di «avvalimento» (art. 49, Dlgs n. 163/2006, Codice degli appalti pubblici), l'impresa può fornirsi esclusivamente dei requisiti oggettivi di terzi, ma non dei titoli abilitativi autorizzatori di natura personale come l'iscrizione all'Albo nazione dei gestori ambientali. L'ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2191/2015, depositata dalla Quinta sezione il 30 aprile scorso. I giudici hanno bocciato l'appello di consorzio stabile contro la sentenza di primo grado che aveva annullato l'affidamento di una gara triennale per il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti urbani di un Comune.
In base alla decisione del Tar, il consorzio ricorrente, non potendo partecipare tout court alle procedure di gara in quanto struttura amministrativa a servizio delle consorziate e non struttura imprenditoriale autonoma, non aveva mai indicato alla stazione appaltante «né nella domanda di partecipazione, né aliunde» le aziende (consorziate) designate per l'esecuzione materiale del contratto. Secondo la ricorrente, tale indicazione era invece ricavabile dal contratto di avvalimento siglato con una delle imprese per il “prestito” dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali prescritto dal Codice dell'ambiente (Dlgs n. 152/2006) per le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti anche transfrontaliero, bonifica dei siti anche per inquinamento da amianto, commercio e intermediazione di rifiuti anche senza detenerli.
Tale iscrizione, però, come spiegato dai giudici di Palazzo Spada, «differentemente dall'attestazione Soa, che costituisce un requisito oggettivo cedibile ed acquisibile mediante avvalimento, è prevista dall'art. 212, comma 5, d.lgs. n. 152-2006, il quale prevede che “l'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”», per cui «costituisce un titolo abilitativo autorizzatorio di natura personale e, come tale, non cedibile con lo schema del contratto di avvalimento».
Quest'ultimo poi, ha sottolineato il collegio, era stato pubblicato nel 2011, cioè prima che la legge di conversione del cosiddetto decreto “sblocca-Italia” (comma 2, art. 34, legge n. 164/2014) escludesse la possibilità di “prestito” proprio dell'iscrizione a tale Albo, prevedendo un nuovo comma nelle norme in tema di avvalimento del Codice appalti (comma 1-bis, art. 49, Dlgs n. 163/2006), ciò nonostante, ha affermato la sentenza, «tale inserimento normativo non ha portata innovativa, poiché ha positivizzato un principio già affermato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha sempre negato la potestà di avvalimento con riguardo ai requisiti cd. soggettivi».
Nel caso in esame, posto che il contratto di avvalimento era inammissibile, il consorzio aveva dichiarato di voler eseguire il servizio in proprio, ma aveva ottenuto l'iscrizione all'Albo soltanto sedici mesi dopo la pubblicazione del bando e «come soggetto giuridico costituito allo scopo di assumere commesse, stipulare contratti d'appalto, partecipare a gare in nome proprio, ma esclusivamente per conto dei soggetti consorziati».
Per Palazzo Spada quindi, come già fissato dalla sua stessa Quinta sezione per l'avvalimento dell'iscrizione camerale (sentenza n. 5595/2012), anche l'iscrizione a tale Albo «quale elemento soggettivo infungibile proprio dell'impresa, non può ritenersi suscettibile di avvalimento», poiché «in tema di gare di appalto pubblico, anche se all'istituto dell'avvalimento deve ormai essere riconosciuta portata generale, resta salva, tuttavia, l'infungibilità dei requisiti ex artt. 38 e 39 del codice dei contratti, in quanto requisiti di tipo soggettivo, intrinsecamente legati al soggetto e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per l'Amministrazione».
Consiglio di Stato – Sentenza 2191/2015