Inammissibili nel giudizio di reclamo le modifiche sostanziali del piano e della proposta di concordato semplificato
Nota a Corte d’Appello Torino, Sez. I Civile, Decreto 19 novembre 2024
La Corte d’Appello di Torino, con decreto del 19 novembre 2024, ha affermato alcuni interessanti principi con specifico riferimento al nuovo istituto del concordato semplificato, disciplinato dall’art. 25 sexies del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (“CCII”).
In particolare, la Corte d’Appello ha chiarito che non è ammissibile, in fase di reclamo, la presentazione di un nuovo piano di liquidazione da parte del debitore, nemmeno a fronte di fatti sopravvenuti.
Si tratta di una pronuncia di particolare interesse poiché va ad affrontare una tematica del tutto nuova, sia per la peculiarità del caso concreto, sia perché chiarisce un profilo che il CCII, nella versione precedente il Correttivo ter, non aveva affrontato.
Nel caso di specie, a fronte del decreto del Tribunale di Torino che aveva rigettato l’omologa di un concordato semplificato, il debitore aveva proposto reclamo alla Corte d’Appello, sostenendo la fattibilità del piano alla luce di alcuni elementi di fatto nuovi, intervenuti successivamente al rigetto dell’omologa, nonchè di un aggiornamento dei dati contabili relativi ad alcune poste dell’attivo e del passivo concordatario.
Tale impugnazione è stata rigettata dal giudice di secondo grado, il quale ha ritenuto che i motivi di reclamo integrassero un nuovo piano di liquidazione, non ammissibile in quella fase processuale.
In particolare, la Corte ha ritenuto che i fatti sopravvenuti portati all’attenzione dal debitore non costituissero “semplici precisazioni”, ma vere e proprie “modifiche sostanziali del piano”, in quanto incidenti “sull’entità del passivo e dell’attivo, sulle modalità e sui tempi di realizzazioni del piano e ... anche sulla percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari” e, pertanto, non ammissibili in sede di reclamo.
Il decreto in commento ha quindi ripreso la distinzione, tracciata dalla Suprema Corte con riferimento al concordato preventivo, tra “modifiche della proposta concordataria” e “mere integrazioni” della stessa che sono ravvisabili solo in presenza di “meri chiarimenti … inidonei, però, a scalfire la complessiva valutazione (quanto alla convenienza economica, ai suoi rischi, alla sua possibilità di successo) già effettuata dai creditori approvando la proposta ed il piano ad essa relativo” (C. Cass. 22988/2022).
Partendo dunque da tale distinzione, la Corte d’Appello ha di fatto chiarito un profilo inizialmente non affrontato dal CCII, ossia quello del termine ultimo per modificare la proposta e/o il piano di concordato semplificato, affermando che tale termine ultimo non può che essere antecedente al giudizio di omologazione.
E ciò per due ordini di motivi: (i) la necessità che le modifiche sostanziali apportate al piano siano sottoposte al parere dell’Ausiliario nominato ai sensi dell’art. 25 sexies terzo comma CCII; (ii) la necessità che tali modifiche siano sottoposte ai creditori a norma dell’art. 25 sexies quarto comma CCII, così da assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, mantenendo intatta la possibilità per i creditori di formulare osservazioni o di proporre opposizione, la quale, in assenza del diritto di voto, rappresenta lo strumento approntato dal legislatore per la tutela dei creditori.
La conclusione cui è pervenuta su tale punto la Corte d’Appello, peraltro, è del tutto coerente con l’attuale assetto normativo alla luce delle modifiche, apportate dal recente Correttivo ter, anche all’art. 25 sexies CCII. In tale norma, al terzo comma, è adesso espressamente prevista la possibilità che il Tribunale conceda al debitore un termine “non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni e modifiche e produrre nuovi documenti”.
Da ultimo, con il decreto del 19 novembre 2024, la Corte d’Appello di Torino ha precisato i limiti dell’effetto devolutivo del reclamo, chiarendo che quest’ultimo costituisce un mezzo impugnatorio che si sostanzia nella possibilità di prendere in considerazione elementi deduttivi e probatori afferenti i dati vagliati in primo grado e che ineriscono solo il piano che era già stato presentato al Tribunale, sottoposto al parere dell’Ausiliario ed esaminato dai creditori. Pertanto, il giudizio di reclamo non può estendersi all’istruttoria su un piano nuovo o sulle modifiche sostanziali apportate al piano già presentato.
Sotto questo profilo, la Corte d’Appello ha così dato continuità all’orientamento giurisprudenziale, affermatosi nel vigore della legge fallimentare, secondo il quale la riforma in appello del decreto di inammissibilità del concordato preventivo, avrebbe comportato il ritorno della procedura in primo grado per lo svolgimento delle attività procedimentali successive all’apertura della procedura, non potendo queste svolgersi dinanzi al giudice del gravame (App. Torino, 19.06.2007, in Fall., 2007, 1315).
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*Daniela Carloni e Concetta D’Arrigo – Studio legale Giuseppe Iannaccone e Associati