Indennizzo per liquidazione coatta amministrativa troppo lenta
Se la procedura di liquidazione coatta amministrativa dura troppo a lungo, i creditori hanno diritto ad ottenere un indennizzo per la durata eccessiva del procedimento.
Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) con la sentenza di condanna all’Italia depositata ieri (ricorso n. 38259/09) con la quale Strasburgo fissa un nuovo approccio per armonizzare «la propria giurisprudenza alle garanzie accordate ai creditori sia nel quadro di una procedura fallimentare sia nei casi di liquidazione amministrativa».
Un mutamento rispetto al passato che apre le porte agli indennizzi in base alla legge Pinto e a un cambiamento di orientamento dei giudici interni. Questi i fatti. Un imprenditore era creditore di una società cooperativa che era stata posta in liquidazione coatta amministrativa nel 1985.
L’uomo aveva chiesto di essere incluso nell’elenco dei creditori ammessi al passivo, ma fino al 2010 la procedura di liquidazione era ancora in corso. Di qui il ricorso alla Corte europea, senza attivazione di azioni interne perché la Corte di cassazione ha stabilito che la legge Pinto non si applica alla procedura amministrativa.
Nodo centrale del ricorso, quindi, è se la procedura di liquidazione amministrativa possa essere considerata di natura giurisdizionale e applicare, quindi, l’articolo 6 della Convenzione europea che assicura la durata ragionevole del processo, norma che non sarebbe applicabile se l’iter fosse puramente amministrativo.
Sul punto, Strasburgo ha chiarito che la qualificazione della procedura interna non dipende dall'ordinamento nazionale e non può essere basata sul dato formale. Indispensabile, quindi, accertare gli aspetti sostanziali e chiarire se si tratta di una contestazione su un diritto di natura civile.
Per la Corte, a partire dalla domanda di iscrizione al passivo formulata dal creditore, può scattare una contestazione “su un diritto di carattere civile”. Di qui l’affermazione dell’applicabilità dell’articolo 6.
Sulla base di questa premessa, la Corte boccia l’orientamento della Cassazione che ha ritenuto non applicabile la legge Pinto alla liquidazione coatta amministrativa e afferma il diritto del creditore ad ottenere un indennizzo.
Il procedimento interno – osserva Strasburgo – era iniziato nel 1985, quando il creditore aveva presentato la domanda inclusione nell'elenco dei creditori ed era ancora in corso nel 2010. Ben 25 anni e, quindi, anche al netto della complessità dell’iter, il procedimento è stato troppo lungo con conseguente violazione dell’articolo 6 della Convenzione.