Società

Internal investigation, l'evoluzione normativa traina sviluppo e diffusione dello strumento

Le indagini interne aziendali appaiono sempre più il pivot fondamentale degli strumenti di gestione al fine di dar concreta attuazione all'obbligo dei CdA di articolare adeguati assetti organizzativi, anche in vista della prevenzione della crisi

di Andrea Fedi e Niccolò Bertolini Clerici*

L'importanza e la frequenza delle indagini interne aziendali è destinata a impennarsi nei prossimi anni, trainata da rilevanti novità normative.

L'evoluzione della disciplina ha invero esercitato negli ultimi anni una costante pressione per lo sviluppo e la diffusione dello strumento: non solo con riferimento alle grandi imprese o a quelle che operano in settori regolati (banche, assicurazioni, etc.), ma rispetto a tutte le realtà imprenditoriali.

Basti pensare, a questo proposito, alla rilevanza delle indagini interne ai fini del rispetto del D.Lgs. 231/01, della normativa sulla Dichiarazione Non Finanziaria, di quella sugli obblighi ESG od originati dalle direttive sulla sostenibilità.

E non solo.
Le indagini interne appaiono sempre più il pivot fondamentale degli strumenti di gestione al fine di dar concreta attuazione all'obbligo dei CdA di articolare adeguati assetti organizzativi, anche in vista della prevenzione della crisi.

Contraddittoriamente l'ordinamento, però, se da una parte sollecita fortemente la capacità dell'impresa d'indagare sul proprio funzionamento e sul comportamento conforme alla legge del proprio personale, dei propri organi e dei rappresentanti e agenti d'impresa, dall'altra crea disincentivi e ostacoli:

in primo luogo, l'assenza di regole legali precise che definiscano le indagini interne e chiariscano come condurle nel rispetto delle varie norme (è sufficiente rammentare quanto sia complesso conciliare gli obblighi di diligenza degli amministratori - rispetto alla prevenzione della criminalità d'impresa, alla necessità di controlli preventivi o alla due diligence - senza scontrarsi con la disciplina sulla privacy, con le contrastanti interpretazioni che ne danno il Garante e le Corti e con la perdurante assenza delle norme di attuazione specifiche sull'uso di dati giudiziari e/o sensibili);

in secondo luogo, la circostanza che le segnalazioni volontarie alle autorità circa le possibili violazioni penali riscontrate in esito all'indagine, in uno con la disponibilità dell'impresa virtuosa a collaborare, sul piano probatorio, alla fase di accertamento dell'eventuale illecito, non consentono alla stessa di accedere ad alcuna esimente della responsabilità penale, ma possono, al più, rientrare all'interno delle attività svolte per eliminare o riparare le conseguenze del reato, condizioni queste alle quali il giudice può discrezionalmente parametrare la riduzione della pena concreta;

• in terzo luogo, l'esistenza di molteplici organi di controllo all'interno delle società, con conseguente sovrapposizione e confusione di compiti;

• infine, l'assenza di un legal privilege riconosciuto agli avvocati che operano all'interno delle imprese.

L'effetto era (ed è) il corretto orientamento delle aziende a conferire mandati ad avvocati penalisti al fine di poter articolare l'indagine interna nel quadro della disciplina delle "investigazioni difensive", proteggendola nella cornice della riservatezza e del segreto professionale dell'avvocato penalista, nonché dei soggetti, anche interni alla società, che partecipino, quali ausiliari del primo, all'effettuazione dell'attività investigativa.

L'affidamento del mandato all'avvocato penalista inoltre può consentire, aspetto non meno trascurabile, l'utilizzabilità delle informazioni e dei documenti ottenuti nel corso delle investigazioni negli eventuali sviluppi procedimentali che dovessero verificarsi a seguito dei fatti analizzati, compreso il giudizio di accertamento della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.

Prove e riscontri dell'attività d'indagine devono essere tutelati, tuttavia, anche nell'ambito della giurisdizione civile, ove la loro produzione nel processo deve essere consentita e svincolata da pretestuose eccezioni e sul tema occorre chiarezza da parte del legislatore.

In questo contesto il quadro nazionale si è sviluppato di recente con la trasposizione della direttiva sul whistleblowing: le imprese saranno chiamate a scrutinare le segnalazioni loro indirizzate da una platea estremamente ampia di ‘segnalanti' (candidati, vecchi e nuovi dipendenti, professionisti e consulenti, organi societari, etc.) e su un vasto elenco di potenziali violazioni (non solo i reati 231, ma anche questioni consumeristiche, sulla sicurezza dei prodotti, ambientali, finanziarie, privacy & cybesecurity, etc.).

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*A cura di Andrea Fedi e Niccolò Bertolini Clerici, partners di Legance

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