L’amministratore di diritto risponde di illeciti altrui solo in concorso nel reato
Sempre che non vi sia uno specifico obbligo di vigilanza
L’amministratore di diritto non risponde automaticamente degli illeciti commessi da soggetti coinvolti nelle attività sociali, se non vi è uno specifico obbligo di vigilanza, salvo non venga provato il suo concorso nel reato. A confermare il principio è la Cassazione con la sentenza 47529 depositata il 16 dicembre.
Una procura ricorreva in cassazione, avverso l’annullamento di una misura cautelare nei confronti dell’amministratore di diritto di società utilizzata, secondo la tesi accusatoria, da altri soggetti (amministratori di fatto) per reimpiego e riciclaggio di denaro.
Nel ricorso la procura riteneva che il legale rappresentante di una società, utilizzata per attività illecite, resta sempre destinatario degli obblighi anche ove sia stato un mero prestanome di altri soggetti. Di conseguenza, non potendo ignorare dei segnali di allarme delle condotte vietate, con il suo comportamento ha accettato il rischio di contribuire agli illeciti.
Per la Cassazione nei reati tributari l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non aver impedito l’evento che aveva l’obbligo di impedire essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza delle condotte illecite. Tuttavia tale consapevolezza non può dedursi soltanto dall’accettazione formale della carica, essendo necessari sia dei segnali di allarme dai quali desumere l'accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, sia la volontà di non attivi arsi per scongiurare detto evento.
Principi che trovano applicazione nell’ipotesi di violazione dei doveri propri dell’amministratore, ex articolo 40 Codice penale secondo cui non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Non è però consentita l’estensione di responsabilità anche a eventuali altri illeciti consumati all’interno dell’impresa proprio per l’assenza di un obbligo giuridico ricavabile da uno specifico riferimento normativo in tal senso.
Gli obblighi individuati dalla giurisprudenza di legittimità in ipotesi di reati tributari sull’amministratore di diritto non possono estendersi automaticamente a fronte di condotte di riciclaggio compiute dai gestori di fatto della società. La responsabilità a titolo di concorso non può cioè derivare esclusivamente dall'assunzione della carica poichè le ipotesi di riciclaggio costituiscono un quid pluris rispetto all’evasione fiscale e richiedono la prova di un concorso almeno morale, cioè la coscienza e la volontà che la società sia utilizzata anche per il compimento di tali illeciti.