Società

L'avviso di accertamento sulla responsabilità dell'amministratore in relazione alla posizione fiscale della società è soggetto a specifici obblighi motivazionali

Con l'ordinanza n. 25530/2021 la Corte di Cassazione ha statuito che l'amministratore (anche di fatto) può essere ritenuto responsabile per le sanzioni tributarie relative alla posizione fiscale della società qualora sia dimostrato che questa costituisca una costruzione di mero artificio e che egli abbia beneficiato della violazione. Inoltre, l'amministratore può rispondere anche delle imposte dovute dalla società, ma soltanto alle condizioni previste dall'articolo 36 del D.P.R. n. 602/1973, le quali devono essere oggetto di idonea prova e motivazione da parte dell'amministrazione finanziaria.

di Alessandro Vannini e Silvia Roccisano*

Con l'ordinanza n. 25530, depositata il 21 settembre 2021, la Corte di Cassazione ha deciso una controversia in tema di responsabilità dell'amministratore di fatto di una s.r.l. in liquidazione per i debiti tributari a quest'ultima riferibili a titolo di imposte e sanzioni tributarie.

Più precisamente, dalla ricostruzione dei fatti di causa si evince che l'amministrazione finanziaria aveva accertato una complessa frode fiscale e contributiva asseritamente ideata dal consulente fiscale di una società, ritenuto amministratore di fatto della stessa in ragione del compimento di significativi atti gestori.

La società era stata destinataria di distinti avvisi di accertamento per l'anno 2010 ai fini IRES, IRAP e IVA, i quali erano stati notificati altresì al presunto amministratore di fatto. Costui aveva impugnato i predetti atti deducendo la propria carenza di legittimazione passiva, nonché il difetto di prova e motivazione in merito alla sussistenza della sua responsabilità.

La CTP aveva accolto il ricorso del consulente, non ritenendolo qualificabile quale amministratore di fatto, mentre la CTR aveva ribaltato l'esito del giudizio di primo grado, giungendo ad opposte conclusioni.

Dall'ordinanza in commento non è dato sapere se nei gradi di merito siano stati trattati la questione preliminare sulla legittimazione passiva del consulente, nonché i profili relativi allo specifico obbligo di motivazione circa la responsabilità dell'amministratore per i debiti d'imposta della società. In ogni caso, tali aspetti sono stati affrontati in sede di legittimità e hanno condotto ad una parziale caducazione della tesi erariale.

Innanzitutto, la Cassazione ha confermato il proprio orientamento quanto alla responsabilità dell'amministratore per le sanzioni tributarie riferibili alla posizione fiscale della società.

Al riguardo, è stato ribadito che - in linea di principio - l'articolo 7 del D.L. n. 296/2003 prevede una responsabilità "esclusiva" della società, in qualità di soggetto che ha beneficiato della violazione (cfr., ex multis, Cass. n. 8811/2021, n. 21790/2020 e n. 1904/2020). In tal caso, pertanto, l'amministratore (di diritto o di fatto, non distinguendo la norma sul punto) non può essere destinatario di risposte sanzionatorie.

Importante corollario di tale principio è la non configurabilità di una responsabilità dell'amministratore financo a titolo di concorso ex articolo 9 del D.Lgs. n. 472/1997. Ciò in quanto, trattandosi di soggetto organico alla società, l'amministratore coincide con essa e ammetterne la sanzionabilità quale concorrente nella violazione comporterebbe il disconoscimento del rapporto organico stesso.

Il menzionato articolo 7, tuttavia, non trova applicazione laddove (a) l'amministratore abbia agito a proprio esclusivo vantaggio ovvero (b) la persona giuridica costituisca una fictio creata nell'interesse dell'interponente. Nel primo caso, infatti, risulterà applicabile l'articolo 11 del D.Lgs. n. 472/1997, il quale prevede la responsabilità personale della persona fisica autrice materiale della violazione (cfr. sul punto Cass. n. 12334/2019 e n. 28331/2018).

Nella seconda ipotesi, la società viene addirittura ritenuta insussistente ai fini fiscali, pertanto non si porrà alcun tema di imputabilità posto che vi è coincidenza tra autore materiale della violazione e contribuente.

Nel caso di specie, stando all'ordinanza in commento, la società rappresentava una costruzione di mero artificio finalizzata al compimento di atti illeciti, pertanto la diretta applicazione delle sanzioni all'amministratore di fatto risultava del tutto legittima.

In seconda battuta, trattandosi di società in liquidazione, la Cassazione ha affrontato il tema della responsabilità dell'amministratore per le imposte ex articolo 36 del D.P.R. n. 602/1973.

Come noto, limitatamente a quanto qui di interesse, nella formulazione vigente ratione temporis tale disposizione prevedeva che gli amministratori in carica all'atto dello scioglimento della società (ove non si fosse provveduto alla nomina dei liquidatori) fossero responsabili in proprio per le sole imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quelli anteriori, qualora avessero soddisfatto in via prioritaria crediti inferiori a quelli tributari o avessero assegnato beni ai soci senza aver prima soddisfatto i crediti tributari.

Analoga responsabilità incombeva (e incombe) sugli amministratori che nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla liquidazione avessero realizzato operazioni di liquidazione ovvero avessero occultato attività sociali, anche mediante omissioni nelle scritture contabili. Ugualmente, in tale fattispecie la norma non discrimina tra amministratori di diritto o di fatto.

A tal riguardo, l'ordinanza in esame ha aderito al consolidato orientamento secondo cui, ferma la competenza del giudice tributario, tale tipo di responsabilità ha natura civilistica e non tributaria. Di talché, essa può essere oggetto di accertamento entro il più ampio termine di prescrizione decennale. Inoltre, non si tratta di una responsabilità solidale con la società, ma di una obbligazione propria dell'amministratore, la quale deve essere oggetto di un atto di accertamento ad hoc, con specifica motivazione circa i suoi elementi costitutivi (cfr. Cass. n. 8811/2021, n. 7949/2021, n. 5161/2021, n. 28401/2020, n. 15378/2020, n. 29969/2019 e n. 17020/2019).

In particolare, l'amministrazione sarà tenuta a dimostrare che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che vi sia stata una violazione della graduazione dei crediti ovvero vi siano stati occultamenti di attività sociali, anche mediante omissioni contabili da parte degli amministratori.

In definitiva, pur trovando il proprio fondamento nella pretesa formulata a carico della società, la responsabilità dell'amministratore si fonda su elementi costitutivi del tutto diversi. Pertanto, essa non discende né direttamente, né automaticamente dall'atto presupposto, nemmeno in caso di estinzione della persona giuridica, non verificandosi infatti alcun fenomeno successorio.

Da ultimo, l'ordinanza ha ben evidenziato che, stante il disposto dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 46/1999, applicabile ratione temporis, la responsabilità ex articolo 36 concerne soltanto le imposte sui redditi (e quindi non anche l'IRAP e l'IVA). A tal proposito si ricorda che il predetto articolo 19 è stato modificato dall'articolo 28, comma 4 del D.Lgs. n. 175/2014 con decorrenza dal 13 dicembre 2014, di talché a partire da tale data la potenziale responsabilità dell'amministratore è estesa a qualunque imposta.

Nel caso in commento, la Cassazione ha affermato che gli atti impositivi notificati all'amministratore non contenevano idonea dimostrazione degli elementi costitutivi dell'obbligazione ex articolo 36, limitandosi a far discendere in via del tutto immotivata la responsabilità della persona fisica dall'accertamento della posizione fiscale della società; in ragione di ciò la Suprema Corte ha sconfessato la tesi erariale cassando con rinvio la sentenza impugnata.

* a cura di Alessandro Vannini e Silvia Roccisano, partner presso DAL SANTO VANNINI

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©