Professione e Mercato

L'avvocato 5.0 e le sfide del futuro

Il cambiamento, unito alla velocità, alla verticalità e super-specializzazione, all'utilizzo delle nuove tecnologie e del marketing devono essere le parole d‘ordine dell'avvocato moderno: "l'Avvocato 5.0"

di Marco Greggio


Partiamo da un assunto, che mi auguro sia condiviso dai lettori: l' avvocato è una professione molto importante.
Già l'etimologia indica le caratteristiche nobili di codesta antica professione: advocatus, participio passato di advocare, "chiamare presso", nel latino imperiale "chiamare a propria difesa". L'avvocato è quindi colui che difende. E si difende chi ne ha bisogno: l'avvocato difende, aiuta, sostiene, normalmente a fronte di un corrispettivo, vivendo del proprio lavoro.

La professione di avvocato non sarà essenziale come quella dei medici e del personale sanitario, ma è comunque una professione importante perché è necessaria per garantire la difesa, e quindi la tutela, dei cittadini e delle aziende. Tale professione tuttavia tanto è importante, quanto oggi è bistrattata.

La figura dell'avvocato è spesso associata a quella dell'azzeccagarbugli. Il sentire collettivo identifica l'avvocato con un professionista che complica le cose semplici, che cerca il cavillo per "fregare". Ma non è così, anzi per lo più è proprio il contrario: l'avvocato aiuta i cittadini, gli imprenditori a districarsi nel coacervo di norme, riduce la complessità a semplicità (e pluribus unum, verrebbe da dire ricordando il motto nazionale degli Stati Uniti).
Spesso, inoltre, si cerca di fare a meno dell'avvocato, visto come "ultima spiaggia".

Tralasciando i casi in cui l'interessato cerca la risposta ai suoi problemi sul web, confidando nel potere quasi salvifico della rete (il tema meriterebbe una dissertazione a parte), è innegabile che la professione ha perduto, nel corso degli anni, la centralità e l'autorità che la connotava e che spesso si accompagnava ad un innato ed inveterato rispetto per la figura dell'avvocato.

Evidentemente molto è cambiato, soprattutto a partire dall'inizio del millennio. Sono finite le posizioni di rendita, comode e redditizie. Il tempo in cui bastava aprire uno Studio, apporre all'esterno un'insegna e raccogliere i frutti è definitivamente tramontato. L'economia non è più in espansione come un tempo (per usare un eufemismo) e a fronte di una torta che si riduce ci sono sempre più commensali pronti a mangiare e ad accapigliarsi finanche per le briciole.

In questo contesto, che potrebbe apparire desolante, l'avvocato si trova innanzi ad una sfida che deve (e può) vincere: la professione non è tramontata, sta solo cambiando pelle. E la sfida consiste proprio nel cambiare il modo di concepire e svolgere la professione, adeguandosi ai tempi. Non serve lamentarsi, non porta a nulla: è necessario capire la direzione del vento e così comprendere che è essenziale, e non più procrastinabile, cambiare.

Il cambiamento, unito alla velocità, alla verticalità e super-specializzazione, all'utilizzo delle nuove tecnologie e del marketing devono essere le parole d‘ordine dell'avvocato moderno: "l'Avvocato 5.0" (mi piace chiamarlo così).

Dopo l'industria 4.0 c'è una nuova sfida alle porte, questa volta riferita al mondo dei servizi legali: quella dell'"avvocato 5.0". E in questo scritto cerco di offrire qualche spunto per vincerla.

Una notazione preliminare: per molti avvocati, in particolare per quelli che lavorano in grandi studi organizzati, quelli trattati in questo scritto probabilmente saranno argomenti già conosciuti o comunque sentiti: credo tuttavia che essi meritino in ogni caso di essere rivisitati. Perché in un contesto quale quello attuale, in cui serpeggia molto scoramento nella professione legale - per mancanza di certezze, di prospettive, di capacità attrattive dei giovani - penso che sia necessario dare qualche indicazione che mi auguro possa essere utile per qualcuno nelle proprie prossime scelte. Tuttavia non ci potrà mai essere nessuna indicazione utile se prima non si dà la corretta risposta alla domanda fondamentale che tutti dovremmo porci: perché esercito la professione? Cosa ci motiva ad alzarci la mattina per andare al lavoro? Qual è il mio scopo?
Lascio la risposta a ciascuno dei lettori. Cominciamo.


UN PO' DI NUMERI.

Nel 1921 Pietro Calamandrei scrisse un saggio dal titolo "Troppi avvocati!" dal quale si alzava forte la critica per il numero sempre maggiore di legali. È passato quasi un secolo, ma la situazione è (assai) peggiorata. Gli avvocati residenti in Italia nel 2019 risultavano oltre 243.000 (secondo gli archivi informatici della Cassa Forense). In media quattro avvocati ogni mille abitanti, che posiziona il nostro Paese al terzo posto in Europa nel rapporto avvocati/abitanti, dietro il Liechtenstein (6 legali ogni 1000 abitanti) e la Spagna (5 ogni 1000). In numeri assoluti, la Spagna è al primo posto della classifica per maggior numero di avvocati, più di 250.000, seguita dall'Italia. Per intenderci, nel 2015 erano iscritti nel Regno Unito poco più di 188.263 avvocati, in Germania 163.690; in Francia 60.223.

Dal 2000 in poi, il numero degli iscritti agli Albi forensi è sempre cresciuto, sebbene con tassi d'incremento via via più contenuti negli anni, fino a risultare numericamente stazionaria negli ultimi anni (se nel 2000 la variazione degli iscritti rispetto all'anno precedente era stata pari all'8,7%, fra il 2017 e il 2018 l'incremento è stato pari allo 0,3%).

Tale tendenza, tuttavia, si accompagna a un fenomeno, parallelo ma opposto. Negli ultimi vent'anni le variazioni del reddito medio degli avvocati hanno cominciato a decrescere (specie intorno al 2010 e al 2014): il reddito medio dichiarato ai fini IRPEF per il 2017 risulta essere pari ad euro 38.620, in discesa rispetto al periodo precedente alla crisi (nel 2007 era di circa 51mila euro). Dal punto di vista del reddito medio annuo, il 28,1% si è collocato nella fascia compresa fra i 15mila e i 30 mila euro e il 26,8% nella fascia immediatamente inferiore (meno di 15mila euro). Comprensibilmente, il reddito cresce al crescere degli anni di esercizio: pertanto, quelli che guadagnano meno sono i più giovani (più di 50mila legali under 40 dichiarano meno di 10mila euro lordi annui). E più di 43mila avvocati "a basso reddito" nel 2015 sono stati messi in mora dalla Cassa Forense, rischiando la cancellazione dall'albo, in quanto non in regola con il versamento dei contributi previdenziali.

Come emerge dal rapporto del CENSIS (ottobre 2019), l'area prevalente di attività su cui si concentra la professione è data dall'assistenza giudiziale (il 63,0% del fatturato proviene da quest'attività), mentre la parte consulenziale (pareri, contratti, ecc.) copre circa il 30%. L'ambito di mercato cui si rivolge la professione resta quello locale (71,4%), seguito da quello regionale (14,0%) e da quello nazionale (12,0%); marginale resta la quota di fatturato che proviene dall'estero. La distribuzione per tipologia di clientela del fatturato evidenzia una quota vicina alla metà per le persone fisiche (48,4%) e poco meno di un quarto per le piccole e media imprese (24,0%). Le altre tipologie di clientela prese in esame – enti e aziende pubbliche, grandi imprese, altre persone giuridiche come associazioni, sindacati, ecc. – restano inferiori al 10% in termini di fatturato.

Tali dati riflettono da un lato, un fenomeno di saturazione della dinamica quantitativa dell'accesso alla professione e, dall'altro, l'indebolimento delle opportunità di crescita economica che in generale riguardano la professione. Ciò anche considerando che il fatturato degli avvocati in Italia resta prevalentemente legato all'attività giudiziale, che è in decrescita (il numero di procedimenti civili pendenti nel 2003 era di 743.240, ridotto a 487.616 nel 2019, come si ricava dai dati del Ministero della Giustizia). E v'è invero una "spia" di allarme circa lo stato della professione: negli ultimi dieci anni le immatricolazioni ai corsi universitari di giurisprudenza sono crollate: da 29mila a 18mila, con un saldo negativo del 38 per cento. Sempre meno giovani, quindi, studiano giurisprudenza e vogliono fare l'avvocato.
Questi, ahimè, i numeri della professione oggi in Italia: un quadro, invero, poco confortante.


IL SERVIZIO-COMMODITY.

A tali numeri si accompagna una constatazione. Nel sentire comune la professione di avvocato, una volta vista come capace di garantire prestigio e stabilità economica, se non vera e propria ricchezza, soprattutto negli ultimi anni è considerata alla stregua di una commodity: interscambiabile e con poco valore aggiunto; un servizio che il cliente può acquistare da qualunque professionista che abbia il "titolo".

Al servizio-commodity si accompagna un altro fenomeno (ovviamente negativo): il cliente, che usualmente non ha le competenze tecniche per capire chi ne sa di più e chi ne sa di meno, va dove spende meno e questo determina una - inevitabile - "guerra fra poveri", una corsa ad abbassare i prezzi per accaparrarsi i clienti. È la (tristemente nota) price competition , laddove a parità di servizi offerti "vince" che offre il proprio servizio al prezzo più basso.

Ma è una vittoria di Pirro; la guerra dei prezzi è a somma zero: nessuno vince. Non dobbiamo combattere questa battaglia, non ne usciremo vincenti. La price competition si svolge nell'"oceano rosso" della competizione spietata, in cui i competitors sono moltissimi ed i margini della prestazione assai risicati.

Dobbiamo evitare di immergerci in questo oceano rosso, cercando – viceversa – di trovare il nostro "oceano blu", ricco di opportunità e con poca concorrenza, dove per vincere bisogna innovarsi e espandere il proprio mercato. La svolta non è nell'idea geniale che sbaraglierà la concorrenza, ma è dare un valore innovativo a qualcosa che già esiste, interpretandolo in forma diversa. Si tratta di creare innovazione di valore: cambiare l'approccio mentale e superare così i confini tradizionali della professione per esplorare nuovi territori.
Può sembrare difficilissimo abbandonare le logiche tradizionali e studiare nuove strategie, ma oggigiorno è necessario. Le battaglie da combattere per affermarci nella nostra professione non riguardano il prezzo delle prestazioni, ma sono altre.

Nel prossimo appuntamento

LA CREAZIONE DI VALORE PER IL CLIENTE. - LA TRAPPOLA DEL "TUTTO DOVUTO"

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