Società

L’esclusione illegittima non permette al socio di impugnare il contratto

Può solo ricorrere contro la delibera assunta nel periodo di estromissione

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di Giovanbattista Tona

Il socio che abbia ottenuto la dichiarazione di nullità di una delibera assembleare non è legittimato ad impugnare il contratto di cessione di beni, stipulato dall’amministratore in esecuzione della delibera nulla, potendo egli attivare solo rimedi interni e rimanendo in capo alla società la facoltà di far valere l’eventuale invalidità della pattuizione. Il socio può, tuttavia, ottenere che la nullità della delibera sia dichiarata opponibile ai terzi in mala fede, se dimostra che costoro erano a conoscenza dei vizi che inficiavano la decisione dell’assemblea: gli organi sociali potranno quindi annullare il contratto con un azione successiva.

Questi principi sono stati ribaditi dal Tribunale di Cagliari, sezione specializzata in materia di imprese, con la sentenza del 5 agosto scorso.

La controversia riguardava una complessa operazione portata a termine da una società a responsabilità limitata che gestiva strutture turistiche e che in forza di più contratti, fra loro collegati, aveva traferito l’intero suo compendio aziendale a due società facenti parte di una holding.

Un socio della srl era stato escluso illegittimamente dalla compagine e gli altri soci avevano deliberato in assemblea, senza convocarlo e quindi senza che egli partecipasse, di cedere i più rilevanti cespiti della società.

Frattanto tuttavia le precedenti delibere che avevano comportato l’esclusione di quel socio erano state annullate dal Tribunale competente e di questa circostanza gli altri soci e l’amministratore erano a conoscenza. Sicchè la sua mancata partecipazione all’assemblea che aveva deciso la vendita dei beni comportava la nullità della delibera emessa in quell’occasione.

Attraverso una complessa istruttoria, con prove orali e documentali, i giudici cagliaritani hanno accertato che i legali rappresentanti delle società acquirenti erano a conoscenza dei fatti che determinavano la nullità della delibera assembleare.

Come afferma l’articolo 2377 comma 7 del Codice civile, l’annullamento della deliberazione obbliga l’amministratore ai conseguenti adempimenti, fermo restando che «in ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione».

L’atto di cessione dell’intero complesso aziendale, compiuto dall’amministratore, doveva considerarsi un atto liquidatorio e quindi una modificazione di fatto dell’oggetto sociale. In relazione a tale ultima categoria di operazioni, l’assenza di una decisione dei soci, prevista dalla legge, configura violazione di una norma inderogabile posta a presidio dei limiti non convenzionali, bensì legali del potere di rappresentanza degli amministratori.

Stante la malafede degli acquirenti, la nullità della delibera è a loro pienamente opponibile.

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