Famiglia

L'importo dell'assegno di separazione è indipendente da quello di divorzio

Nel primo caso vale ancora il parametro del tenore di vita, lo precisa la Cassazionecon l'ordinanza 4215/2021

di Valeria Cianciolo

La determinazione dell'assegno divorzile è svincolata dalle statuizioni assunte in sede di separazione. Lo ha precisato la Cassazione con l'ordinanza 17 febbraio 2021 n. 4215.

Il caso
La Corte d'appello rigettava l'appello principale proposto dal marito avverso la sentenza del Tribunale di Pescara ed accoglieva l'appello incidentale proposto dalla moglie, disponendo, per l'effetto, l'aumento dell'assegno divorzile, all'importo mensile di Euro 10.000.
Il marito ricorrendo in Cassazione, lamentava la mancata considerazione da parte della Corte di m erito, nel giudizio di comparazione delle condizioni economiche e patrimoniali degli ex coniugi, del credito pari ad € 386.283,09#, maturato dalla donna nei confronti dell'ex marito a titolo di arretrati per l'assegno di mantenimento non versato e dovuto in forza della sentenza d'appello di separazione giudiziale.
Nel ritenere infondato il motivo, la Cassazione ha asserito che: «l'assegno separativo ha fonte legale nel diritto all'assistenza materiale correlato al vincolo coniugale, ed è infatti il vincolo matrimoniale il presupposto dei provvedimenti di mantenimento in regime separativo. La natura di quel credito, il cui ammontare complessivo è divenuto, nel tempo, di rilevante entità per le peculiari ragioni di cui si è detto, è ostativa a che se ne possa tenere conto per valutare la sproporzione tra le posizioni economiche delle parti ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, e ciò in quanto il notevole ritardo nella corresponsione dell'assegno separativo, all'esito avvenuta, nella fattispecie scrutinata, in unica soluzione, non può all'evidenza vanificare la finalità, sancita dall'art. 156 c.c., di sostentamento periodico e continuativo del coniuge economicamente più debole, che, nel caso concreto, non si è realizzata anche a causa del pregresso inadempimento del coniuge onerato…Pertanto va affermato il seguente principio di diritto: "In tema di divorzio, non possono computarsi nel patrimonio del coniuge creditore dell'assegno divorzi/e, calcolato ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, anche gli introiti percepiti dal medesimo a seguito di inadempimento nella corresponsione dell'assegno di separazione, corrisposti in unica soluzione a seguito di azione esecutiva svolta con successo"».
La Cassazione, invece, accoglie il motivo avanzato dal ricorrente in ordine alla violazione della legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5, comma 6: la Corte d'Appello avrebbe infatti, dovuto tenere conto dell'orientamento giurisprudenziale statuito dalla nota sentenza delle Sezioni Unite dell' 11 luglio 2018, n. 18287 che riconosce nell'assegno di divorzio, una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, e richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte del citato articolo 5, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Dunque, la Corte d'appello, pur dando conto di altri parametri legali (responsabilità del fallimento del matrimonio in capo al marito violento e prevaricatore, contributo dell'ex moglie alla vita familiare e al patrimonio del marito, durata del vincolo matrimoniale), ha errato accertando l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente, in base al parametro del tenore potenziale di vita.

Le questioni
Rigettando in parte il ricorso del marito, titolare di notevole patrimonio immobiliare, la Suprema Corte ha ribadito in buona sostanza, che la determinazione dell'assegno di divorzio è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza di separazione dei coniugi.
La giurisprudenza ha più volte precisato come «La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio» (Cass. civ., Sez. I, sent., 16 maggio 2017, n. 12196 e Corte d'Appello Palermo, Sez. I, sent., 9 agosto 2019, entrambe in Banca Dati Pluris on Line).
L'obbligo di mantenimento in sede di separazione si concretizza generalmente attraverso la corresponsione di un assegno periodico mensile. Sul punto occorre segnalare il tema della legittimità dell'adempimento con un assegno una tantum, come previsto dalla legge sul divorzio (articolo 5, 8 comma, L. 1 dicembre 1970, n. 898): la dottrina è incline ad ammetterlo, a condizione che sussista l'accordo delle parti, e ferma restando - a differenza di quanto è previsto per il divorzio - la possibilità, per il coniuge beneficiario, di avanzare in futuro domande di carattere economico, quanto meno di natura alimentare (DOGLIOTTI, La separazione giudiziale, in Tratt. Bonilini, Cattaneo, I, 2a ed., Torino, 2007, 551).
Nell'ambito del procedimento di separazione, l'iniziale provvedimento presidenziale ha valore fino a quando non venga sostituito da un provvedimento del giudice istruttore o dalla definitiva decisione di merito. In questa fase, non vi è spazio né per provvedimenti di modifica ex art. 710 c.p.c., ammissibili solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, né per provvedimenti divorzili, richiedendo il procedimento per la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, il medesimo presupposto dell'ultimazione del giudizio di separazione.
La fase della revisione si esaurisce nel momento in cui viene iniziato un giudizio di divorzio: i provvedimenti della separazione, di cui viene chiesta la modifica, vengono sostituiti dai provvedimenti emessi in sede di comparizione presidenziale divorzile.
Per quel che concerne la determinazione del mantenimento, l'instaurazione del procedimento di divorzio che viene ad instaurarsi, apre una fase nuova, nella quale le statuizioni della separazione, non solo saranno sostituite, alla fine del processo, con quelle divorzili, ma, sin da subito, vengono, in via anticipatoria, sostituite dai provvedimenti dettati in sede di prima comparizione.
E'possibile che il procedimento di divorzio confermi i provvedimenti economici contenuti nella sentenza di separazione o nel verbale di omologazione della separazione consensuale, con riserva di approfondimenti e variazioni nella successiva fase di merito.
Tale prassi non deve tuttavia far dimenticare che i provvedimenti economici delle due fasi si basano su presupposti che, sia pure ispirati dal medesimo principio assistenziale, non combaciano e sono, anche secondo la lettera della legge, diversi.
Le ragioni ed il fondamento della differenza consistono nel fatto che la separazione è un rimedio, verosimilmente anche temporaneo, all'impossibilità della prosecuzione della convivenza, mentre il divorzio deriva dalla constatazione dell'irreversibilità della fine della comunione tra i coniugi.
E' un principio più volte affermato dalla giurisprudenza che «La determinazione dell'assegno di divorzio, alla stregua dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970. n. 898 …, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti o in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti …, l'assegno divorziale, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire elementi utili di valutazione». (Cass., 11 settembre 2001, n. 11575 e Cass., 30 novembre 2007, n. 25010, in Bamca Dati Pluris on Line).
L'ordinanza in esame sul punto ribadisce: "La natura di quel credito, il cui ammontare complessivo è divenuto, nel tempo, di rilevante entità per le peculiari ragioni di cui si è detto, è ostativa a che se ne possa tenere conto per valutare la sproporzione tra le posizioni economiche delle parti ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, e ciò in quanto il notevole ritardo nella corresponsione dell'assegno separativo, all'esito avvenuta, nella fattispecie scrutinata, in unica soluzione, non può all'evidenza vanificare la finalità, sancita dall'art. 156 c.c., di sostentamento periodico e continuativo del coniuge economicamente più debole, che, nel caso concreto, non si è realizzata anche a causa del pregresso inadempimento del coniuge onerato."

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