Amministrativo

L'imposta di bollo prevista per le carte di pagamento si applica anche ai contratti relativi ai pagamenti digitali che perseguono i medesimi scopi e finalità

Nota alla risposta ad istanza di interpello dell'Agenzia delle Entrate n. 412 del 16 giugno 2021

di Vittorio Giordano e Andrea Merolle (*)


L'Agenzia delle Entrate chiarisce che i contratti relativi a conti di moneta elettronica con funzionamento omologo a quello delle carte di pagamento ricaricabili scontano l'imposta di bollo di 16 Euro solo in caso d'uso analogamente ai contratti relativi alle carte di pagamento vere e proprie. Tali contratti, dunque, non sconterebbero l'imposta al momento della loro conclusione, come invece accade per la generalità dei contratti bancari, finanziari e di credito al consumo che non fruiscono degli speciali regimi di esenzione da bollo derivanti dall'applicazione, al ricorrere dei relativi presupposti, della disciplina del c.d. maxi-bollo sul conto corrente o dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti. Peraltro, l'Agenzia delle Entrate, ha lasciato intendere che l'applicazione del bollo solo in caso d'uso sarebbe il regime naturale dei contratti relativi alle carte di pagamento a prescindere dal fatto che siano conclusi mediante scambio di corrispondenza commerciale.

L'Agenzia delle Entrate con la risposta ad istanza di interpello n. 412 del 16 giugno 2021 fornisce importanti chiarimenti sull'applicazione dell'imposta di bollo ai contratti relativi a quei nuovi servizi digitali che consentono l'esecuzione di pagamenti per l'acquisto di beni e servizi presso esercenti convenzionati e che si stanno via via sempre più diffondendo sul mercato in luogo delle tradizionali carte di pagamento fisiche, complice l'incremento degli acquisti tramite smartphone e la connessa offerta di prodotti finanziari e di pagamento.

Con tale risposta l'Agenzia delle Entrate ha aderito alla prospettazione dell'istante secondo cui i contratti relativi a conti di moneta elettronica ed a conti di pagamento con funzionamento omologo a quello delle carte di pagamento ricaricabili scontano l'imposta di bollo di 16 Euro solo in caso d'uso analogamente ai contratti relativi alle carte di pagamento vere e proprie, e dunque non al momento della loro conclusione, come invece accade per la generalità dei contratti bancari, finanziari e di credito al consumo che non fruiscono degli speciali regimi di esenzione da bollo derivanti dall'applicazione, al ricorrere dei relativi presupposti, della disciplina del c.d. maxi-bollo sul conto corrente o dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti. Peraltro, l'Agenzia delle Entrate, ha lasciato intendere che l'applicazione del bollo solo in caso d'uso sarebbe il regime naturale dei contratti relativi alle carte di pagamento a prescindere dal fatto che siano conclusi mediante scambio di corrispondenza commerciale.

A quanto consta apprendere dalla lettura dei fatti dell'istanza, la "banca istante, facente parte del Gruppo bancario "Alfa", svolge l'attività di emissione di moneta elettronica, come definita dall'articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993 (TUB) nonché rende prestazioni di servizi di pagamento, come definiti dagli artt. 1, comma 1, lett. b) e 2, comma 2, del d.lgs. n. 11 del 2010" e "mette a disposizione della propria clientela soluzioni di pagamento che spaziano da quelle più tradizionali, rappresentate dalle carte prepagate nominative dotate di IBAN, a quelle più evolute digitalmente, come i conti di moneta elettronica (es. carte virtuali su smartphone, App, WebApp) e i conti di pagamento".

Secondo la banca istante "i prodotti citati … consentono al cliente di effettuare pagamenti presso gli esercizi convenzionati e sui marketplace digitali impartendo l'ordine di pagamento sui conti di moneta elettronica o sui conti di pagamento, con la medesima procedura prevista per le carte di pagamento; di trasferire denaro mediante Sepa Credit Transfer (SCT) e Sepa Direct Debit (SDD), nonché di prelevare moneta presso gli sportelli automatici del Gruppo"

L'istante chiede quindi "chiarimenti in merito all'applicabilità ai servizi di pagamento attivati attraverso i nuovi dispositivi di moneta elettronica (quali ad esempio le app mobile per smartphone) e ai conti di pagamento, delle disposizioni normative e delle relative interpretazioni in materia di imposta di bollo riguardanti i contratti relativi alle carte di pagamento", ed "in particolare … se sia applicabile la disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 150, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo cui l'imposta fissa di bollo si applica ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d'uso (come avviene per i contratti stipulati mediante scambio di corrispondenza)", laddove prevede che "l'imposta di bollo di lire 15.000 dovuta sui contratti di cui all'articolo 2, nota 2-bis, della citata Tariffa [e cioè i contratti bancari, finanziari e di credito al consumo, n.d.r.], in qualsiasi forma redatti, è elevata a lire 20.000 [attualmente euro 16,00], fermo restando che l'imposta fissa di bollo si applica ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d'uso".

Tale norma non ha sinora formato oggetto di chiarimenti ufficiali ed appare quindi opportuno ripercorrere la sua genesi al fine di meglio comprendere la sua portata applicativa e la rilevanza del documento di prassi in commento.

Non sussistendo alcun obbligo di redigere per iscritto i contratti relativi alle operazioni bancarie e finanziarie, prima dell'introduzione del Testo Unico Bancario le banche stipulavano con la loro clientela i contratti per scambio di corrispondenza, rendendo l'imposta di bollo dovuta solo in caso d'uso. Se da un lato infatti l'art. 2, della parte prima, della Tariffa allegata al Testo Unico sull'Imposta di Bollo (d.P.R. n. 642/1972), considera dovuta l'imposta sin dall'origine per ogni foglio che compone le "…scritture private con cui si costituiscono, modificano od estinguono rapporti giuridici aventi natura patrimoniale…", dall'altro l'art. 24, della parte seconda di tale medesima Tariffa, reca una norma agevolativa secondo cui l'imposta è dovuta solo in caso d'uso per quelle formate a mezzo di scambio di corrispondenza, eccezion fatta per quelle che debbono essere redatte per iscritto a pena di nullità.

A seguito della promulgazione del Testo Unico Bancario, il legislatore ha inteso introdurre due norme agevolative volte ad evitare oneri eccessivi a carico della clientela. In particolare, con l'art. 8 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, Egli ha introdotto non solo il regime sostitutivo prima individuato di cui al comma 2-bis dell'art. 13 per i rapporti regolati in conto corrente, ma ha altresì stabilito con la nota 2-bis dell'art. 2 della Tariffa, parte prima, che l'imposta sui contratti bancari sarebbe stata applicata una tantum, a prescindere dal numero di fogli, ed "… indipendentemente dal numero degli esemplari o copie". Senonché, nelle more dell'emanazione della normativa secondaria cui era stato demandato il compito di individuare i contratti da redigersi per iscritto a pena di nullità, il legislatore ha inteso anticipare gli effetti della seconda di tali disposizioni. Dapprima con i decreto-legge 30 dicembre 1995, n. 565, 28 febbraio 1996, n. 93, 29 aprile 1996, n. 230, 29 giugno 1996, n. 342, e 30 agosto 1996, n. 449, tutti decaduti per mancata conversione nei termini, e poi con il comma 150 dell'art. 2 della legge n. 662/1996, il legislatore ha introdotto l'ulteriore previsione secondo cui a far data dal 1° gennaio 1996 l'"imposta di bollo" è "… dovuta sui contratti di cui all' articolo 2, nota 2-bis, della citata tariffa in qualsiasi forma redatti…", lasciando chiaramente intendere di voler assoggettare all'imposta fin dall'origine tutti i contratti bancari, finanziari e di credito al consumo anche se redatti per scambio di corrispondenza.

Ciononostante, per favorire la conclusione dei contratti relativi alle carte di pagamento che si andavano all'epoca sviluppando sul mercato, il legislatore ha inteso non assoggettare tali contratti ad imposta fin dall'origine e di mantenere valido il regime previgente di tassazione in caso d'uso, inserendo a tale proposito nel comma 150 dell'art. 2 della legge n. 662/1996 la previsione di chiusura "…fermo restando che l'imposta fissa di bollo si applica ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d'uso". L'intento così individuato trova una diretta conferma nella relazione al d.d.l. C. 50 di "Conversione in legge del decreto-legge 29 aprile 1996, n. 230", laddove si legge che "per quanto riguarda…i contratti relativi alle carte di pagamento, viene confermata l'applicazione dell'imposta di bollo in misura fissa…solo in caso d'uso". Senonché, non era del tutto chiaro se l'inciso iniziale "fermo restando" assolveva alla funzione di introdurre un regime ad hoc per i contratti relativi alle carte di pagamento comunque stipulati, ovvero di mantenere applicabile il regime del caso d'uso per i soli contratti redatti a mezzo scambio di corrispondenza. La soluzione che si è andata prudenzialmente affermando nella prassi è stata la seconda. Ed infatti sebbene l'ABI nella circolare n. 23 del 24 giugno 1996, in commento al decreto-legge n. 323 ha mostrato di ritenere che "la dizione normativa utilizzata … rende legittimo ritenere che per tali contratti la tassazione in caso d'uso costituisca un trattamento ad hoc previsto in relazione alla tipologia contrattuale e non alla forma di redazione", nella successiva circolare n. 1 del 3 febbraio 1997 ha espresso il diverso avviso secondo cui in virtù della nuova formulazione "l'imposta resta ferma al caso d'uso (sempreché, ovviamente, stilati mediante scambio di corrispondenza)".

In tale delineato contesto, l'Agenzia delle Entrate nella risposta ad istanza di interpello n. 412 del 16 giugno 2021, dopo aver confermato che "in via generale che tutti i "contratti relativi alle operazioni e servizi bancarie finanziari e contratti di credito al consumo", in qualsiasi forma redatti, sarebbero soggetti all'imposta di bollo sin dall'origine, non potendo usufruire del trattamento agevolato della debenza solo in caso d'uso, introdotto dal legislatore per i contratti relativi alle carte di pagamento", ha rilevato che "tale disposizione agevolativa è stata introdotta al fine di contrastare fenomeni di riciclaggio e di evasione fiscale e risponde alla ratio di incentivare le modalità di pagamento diverse dal denaro contante eliminando l'onere fiscale che avrebbe altrimenti gravato sul relativo contratto delle carte di pagamento". Ebbene, a suo dire "si tratta di finalità avvertite dal legislatore al momento di emanazione della norma che permangono anche attualmente e che possono essere perseguite con la diffusione di strumenti di pagamento del tutto analoghi, nella funzione, alle carte di pagamento" e dunque "nell'ipotesi dei conti di moneta elettronica … emerge una sostanziale coincidenza di scopi e di funzionalità di tali prodotti con le carte di pagamento, cosicché tali prodotti (es. carte virtuali su smartphone, App, WebApp) si ritiene siano da includere nella disciplina agevolativa in esame in base ad un'interpretazione, in senso evolutivo, della normativa stessa". Ed infatti "i servizi resi mediante carte di pagamento sono gli stessi che possono essere resi con il conto di pagamento" ed "in tal senso, si rammenta la disposizione contenuta nell'articolo 1 del citato d.lgs. n. 11 del 2010, in base alla quale rientrano fra i servizi di pagamento sia «l'esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento», sia i «servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento»". Secondo l'Agenzia delle Entrate, dunque, "la normativa di settore … riconosce che mediante la carta di pagamento e il conto di pagamento sono resi servizi riconducibili alla medesima tipologia", e deve quindi concludersi che "poiché i servizi resi con le carte di pagamento sono sostanzialmente analoghi a quelli che possono essere resi tramite il conto di pagamento … la disposizione agevolativa recata dall'art. 2, comma 150 della legge n. 662 del 1996, che prevede l'applicazione dell'imposta fissa di bollo ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d'uso, risulta applicabile anche per i contratti dei conti di pagamento". Con la precisazione poi che "resta pienamente applicabile l'esenzione dall'imposta di bollo in modo assoluto prevista dall'art. 28 della tabella allegata ald.P.R. n. 642 per i «Conti di base riservati alle fasce di clientela socialmente svantaggiate individuate ai sensi del comma 1 dell'articolo 126 - viciesquater del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385»".

La conclusione dell'Agenzia delle Entrate appare non solo lodevole, nella misura in cui ritiene che la normativa fiscale debba nella sostanza evolversi rispetto a quella regolamentare mediante un rinvio mobile a quest'ultima che non vuole oltremodo circoscrivere l'ambito di applicazione della norma agevolativa, ma anche sicuramente opportuna nell'ottica di agevolare la conclusione dei contratti relativi a strumenti di pagamento elettronici, stante che l'applicazione dell'imposta di bollo di 16 Euro è sicuramente un onere molto gravoso nel settore dei pagamenti elettronici o dei finanziamenti di modesto importo. Peraltro, è anche apprezzabile come l'Agenzia delle Entrate non subordini l'applicabilità del trattamento di favore al fatto che i contratti siano conclusi mediante scambio di corrispondenza commerciale, come invece la prassi operativa aveva sinora ritenuto aderendo all'interpretazione più cautelativa espressa a suo tempo dall'ABI prima descritta, in quanto ciò consentirà di superare le difficoltà operative volte rispettare i canoni previsti per gli scambi di corrispondenza tradizionali nel contesto della conclusione dei contratti mediante gli odierni strumenti informatici.

Infine, ci sembra significativo rilevare che la posizione dell'Agenzia delle Entrate, laddove ha aderito alla sostanziale assimilabilità dello strumento di moneta elettronica alle carte di pagamento prepagate fornita dall'istante, posto che "il processo di "acquiring" … è lo stesso di una carta di pagamento, con la regolazione della posizione creditoria del ‘merchant' e con l'addebito sulla posizione del cliente (così come avviene nel caso di una carta di pagamento prepagata del cliente)" e "anche le parti (emittente, merchant e cliente privato consumatore) e gli effetti giuridici e fattuali che derivano dal rapporto sono quelli tipici di una carta di pagamento", ben potrebbe estendersi anche a quei prodotti che consentono alla clientela di finanziare altresì gli acquisti, omologamente alle carte di credito che consentono il rateizzo dei relativi addebiti mensili. Come è noto, infatti, l'art. 2 del Regolamento UE 2015/751, definisce "«carta di pagamento»: una categoria di strumenti di pagamento che consente al pagatore di disporre un'operazione tramite carta di debito o carta di credito", "«carta di credito»: una categoria di strumenti di pagamento che consente al pagatore di disporre un'operazione tramite carta di credito" ed infine "«operazione tramite carta di credito»: operazione di pagamento basata su carta in cui l'importo dell'operazione è addebitato totalmente o in parte al pagatore a una data specifica del mese di calendario precedentemente concordata, in conformità a una linea di credito prestabilita, con o senza interesse". Ebbene, se è vero come sostiene l'Agenzia delle Entrate che "nell'ipotesi dei conti di moneta elettronica … emerge una sostanziale coincidenza di scopi e di funzionalità di tali prodotti con le carte di pagamento, cosicché tali prodotti (es. carte virtuali su smartphone, App, WebApp) si ritiene siano da includere nella disciplina agevolativa in esame in base ad un'interpretazione, in senso evolutivo, della normativa stessa" e dunque per la coincidenza di scopo e di funzionalità l'agevolazione spetta anche ai contratti relativi a strumenti diversi dalle carte di pagamento in senso stretto, allora non si vede come la medesima conclusione non debba valere per strumenti che realizzano anche la funzione di finanziare gli acquisti on-line, pur non essendo veicolati in una carta plastica o virtuale.

a cura di Vittorio Giordano e Andrea Merolle (*) (*) - Studio Legale Tributario


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©