Civile

L’obbligo di astensione non grava sul giudice che ha svolto funzioni di “istruttore”

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di Mario Finocchiaro


L'obbligo di astensione di cui all'articolo 51, n. 4 del Cpc, in quanto diretto a evitare che il giudicante sia condizionato dalle opinioni espresse in precedenza sulla medesima causa, grava sul giudice che in altro grado del processo abbia partecipato alla decisione del merito e non – quindi – sul giudice che abbia svolto nella fase iniziale del processo le funzioni di giudice istruttore (nella specie, tenendo tre udienze). Questo il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 22999 del 2014.

L’obbligo di astensione - I giudici della prima sezione civile inoltre affermano che ciò vale anche a prescindere da quanto precede – comunque – la inosservanza, da parte del giudice, dell'obbligo di astensione, all'infuori della ipotesi regolata dall'articolo 51, n. 1 del Cpc nella quale il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento, assume rilievo solo quale motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell'organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza nei termini e con le modalità di legge, preclude di far valere tale vizio in sede di impugnazione.

I principi ribaditi dalla Cassazione - Come osservato in motivazione, nella pronunzia in rassegna, la Suprema corte ha ulteriormente ribadito principi pressoché pacifici.

Tra i tantissime nel senso che l'obbligo di astensione imposto dall'articolo 51, n. 4, del Cpc al giudice che abbia conosciuto della causa in altro grado concerne esclusivamente il caso dell'avvenuta partecipazione alla decisione oggetto di gravame, non anche quello di semplici attività istruttorie.

Per una fattispecie per molti aspetti analoga alla presente, ad esempio, cfr. Cassazione, sentenza 5 marzo 2007 n. 5030, secondo cui non costituisce causa di nullità il compimento, da parte di un componente del collegio giudicante, di atti istruttori in un diverso grado del giudizio, costituendo semmai tale circostanza elemento di valutazione ai fini della astensione da parte del giudice o della sua ricusazione ad opera delle parti. In mancanza della prima, le parti devono procedere alla ricusazione, non potendo, di converso, dolersi in seguito della partecipazione del giudice alla decisione e che, in applicazione del riferito principio, ha rigettato il motivo con il quale i ricorrenti avevano lamentato la nullità della sentenza di appello per aver fatto parte del collegio giudicante del tribunale lo stesso magistrato che aveva raccolto la prova per testimoni nel corso del processo di primo grado.

Altri riferimenti - Sulla questione , altresì, Cassazione, sezioni Unite, 25 ottobre 2013 n. 24148: qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto di un nuovo ricorso per cassazione, il collegio può essere composto anche con magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice.

Per altri riferimenti, altresì, Cassazione, sentenze 10 marzo 2009,n. 5753 e 14 luglio 2006 n. 16119, ove il rilievo che obbligo di astensione di cui all'articolo 51, comma primo, n. 4, del Cpc deve essere circoscritto alla sola ipotesi in cui il giudice abbia partecipato alla decisione del merito della controversia in un precedente grado di giudizio, e non può estendersi al caso in cui, avendo partecipato a una decisione dichiarativa dell'incompetenza annullata dalla Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza, egli sia nuovamente investito del giudizio in primo grado: la ratio di tale norma va infatti individuata unicamente nell'esigenza di evitare che il giudicante sia condizionato dalle opinioni espresse in precedenza sulla medesima causa, con il conseguente venir meno dell'imparzialità e dell'obbiettività che ne devono sorreggere la valutazione.

Nel senso, infine, che è viziata da nullità assoluta, rilevabile anche d'ufficio, la decisione emessa, in sede di giudizio di rinvio, dal Consiglio nazionale Ingegneri, qualora uno o più dei suoi componenti abbiano già preso cognizione della medesima causa per aver partecipato al precedente giudizio definito con decisione poi cassata dalla Corte di cassazione, Cassazione, sentenza 15 marzo 2007, n. 6003. Peraltro nel senso che non sussiste l'obbligo di astensione, ai sensi dell'articolo 51, n.4, del Cpc, in capo al componente del Consiglio nazionale forense che abbia fatto parte del collegio che si sia pronunciato in ordine alla rituale o meno introduzione del giudizio, pervenendo a una decisione di inammissibilità del ricorso, in quanto non può ritenersi che ciò configuri l'aver già conosciuto del processo in un “altro grado” di esso, Cassazione, sezioni Unite, sentenza 7 febbraio 2006 n. 2509.

La materia fallimentare - Con specifico riguardo alla materia fallimentare, infine, si è affermato che la sentenza emessa in primo grado nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, ai sensi degli articoli 18 e 19 della legge fallimentare (nel testo previgente, applicabile ratione temporis), dallo stesso collegio che ha provveduto alla dichiarazione di fallimento, non è affetta da nullità per vizio di costituzione del giudice ma, avendo il giudizio di opposizione il carattere e la funzione sostanziale di un giudizio d'impugnazione di secondo grado, integra l'ipotesi di astensione obbligatoria prevista dall'articolo 51 n. 4 del Cpc, da far valere esclusivamente mediante tempestiva e rituale istanza di ricusazione formulata ai sensi dell'articolo 52 del Cpc nel corso del procedimento ove si sia verificata l'incompatibilità, Cassazione, sentenza 5 maggio 2010 n. 10900.

Gli effetti della modifica all’articolo 111 della Costituzione - Sull'ultima parte della massima, per l'affermazione che anche a seguito della modifica dell'articolo 111 della Costituzione, introdotta dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, in difetto di ricusazione la violazione dell'obbligo di astenersi da parte del giudice che abbia già conosciuto della causa in altro grado del processo non è deducibile in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza da lui emessa, giacché la norma costituzionale, nel fissare i principi fondamentali del giusto processo (tra i quali, appunto, l'imparzialità e terzietà del giudice) ha demandato al legislatore ordinario di dettarne la disciplina e, in considerazione della peculiarità del processo civile, fondato sull'impulso paritario delle parti, non è arbitraria la scelta del legislatore di garantire, nell'ipotesi anzidetta, l'imparzialità e terzietà del giudice tramite gli istituti dell'astensione e della ricusazione.

Né detti istituti, cui si aggiunge quello dell'impugnazione della decisione nel caso di mancato accoglimento della ricusazione, possono reputarsi strumenti di tutela inadeguati o incongrui a garantire in modo efficace il diritto della parti alla imparzialità del giudice, dovendosi, quindi, escludere un contrasto con la norma recata dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la quale, sotto l'ulteriore profilo dei contenuti di cui si permea il valore dell'imparzialità del giudice, nulla aggiunge rispetto a quanto già previsto dal citato articolo 111 della Costituzione, Cassazione, sentenza 4 giugno 2008 n. 14807 .

Cassazione - Sezione I civile - Sentenza 29 ottobre 2014 n. 22999

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