Professione e Mercato

La Cina batte i record per la regolamentazione dell'Intelligenza artificiale: il primo regolamento sull'AI generativa in vigore dal prossimo 15 agosto

La Cina passa in pole position nella corsa alla regolamentazione dell'Intelligenza Artificiale, pubblicando nuove regole con riferimento esclusivo all'AI Generativa. Le misure mirano non soltanto a promuovere un uso innovativo e di alta qualità dell'AI Generativa, ma anche a tutelare i diritti di proprietà intellettuale coinvolti

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di Paola Furiosi e Giulia Gialletti*

In un periodo concitato come quello odierno nella corsa alla prima regolamentazione sull'Intelligenza Artificiale, la Cina accelera e passa in pole position.

Il 13 luglio, infatti, la Cyberspace Administration of China - il principale sistema di controllo e censura di Internet del Paese - ha pubblicato una serie di linee guida per regolamentare il settore dell'AI generativa, le cd. "Misure provvisorie per la gestione dei servizi di intelligenza artificiale generativa", la cui entrata in vigore è stata fissata al prossimo 15 agosto.

La Repubblica Popolare Cinese, con queste nuove misure, intende "incoraggiare l'uso innovativo dell'AI generativa in diversi settori e campi, che generino contenuti positivi, sani ed edificanti di alta qualità", nonché sostenere imprese e istituti di formazione e ricerca, istituzioni culturali pubbliche e professionali che contribuiscono all'innovazione tecnologica dell'AI generativa.

Nonostante la forte spinta a promuovere l'utilizzo dell'AI generativa, tra le disposizioni pubblicate, si richiama l'obbligo per i fornitori di servizi di AI generativa di "condurre revisioni di sicurezza e di registrare i loro algoritmi presso il governo in conformità con il "Regolamento sulla gestione delle raccomandazioni sugli algoritmi dei servizi di informazione su Internet", qualora i propri servizi siano in grado di influenzare l'opinione pubblica o siano in grado di "mobilitare" il pubblico".

Il richiamo al Regolamento relativo alla gestione delle raccomandazioni sugli algoritmi dei servizi di informazione su Internet, introdotto in Cina nel 2022, è una chiara conferma di come il legislatore cinese proponga, da un lato, di regolare gli effetti degli algoritmi di raccomandazione sulla vita e sull'esperienza web degli utenti cinesi, dall'altro lato, di imporre una maggiore trasparenza per gli operatori, oltre ad un uso "leale" degli algoritmi "rivolto al bene".

La tutela della Proprietà Intellettuale alla luce del nuovo regolamento cinese: differenze con l'AI Act

Il nuovo Regolamento della Cina si distingue rispetto al modello di regolamentazione dell'Unione Europea, il cd. AI Act, la cui approvazione definitiva, dovrebbe arrivare a fine anno.

Una delle differenze principali tra i due regolamenti è sicuramente l'ambito di applicazione: il regolamento da Pechino, infatti, è strettamente circoscritto all'AI Generativa, mentre l'AI Act, nell'attuale versione, pare estendersi all'Intelligenza Artificiale nella sua totalità.

La nuova bozza di regolamentazione cinese non si è astenuta neppure dal disciplinare una tutela ad hoc per i diritti di proprietà intellettuale coinvolti nei processi di formazione di AI generativa, stabilendo espressamente che i fornitori e gli utenti dei servizi di AI generativa dovranno "rispettare i diritti di proprietà intellettuale e l'etica commerciale, proteggere i segreti commerciali e non praticare il monopolio o la concorrenza sleale sfruttando algoritmi, dati, piattaforme e altri vantaggi".

Ciò rappresenta sicuramente un passo ulteriore rispetto a quanto previsto dall'AI Act, che prevede un obbligo di clearance preventivo in capo agli stessi fornitori di servizi, tenuti ad elencare preventivamente "qualsiasi contenuto coperto da diritto d'autore compreso tra i dati utilizzati per il training". Tuttavia, in assenza di precisazioni più puntuali dal legislatore europeo, non è effettivamente chiaro quale debba essere il perimetro di tale attività preventiva.

Il legislatore cinese si è spinto oltre, prevedendo altresì che i fornitori di servizi, nello svolgimento delle attività di trattamento dei dati di formazione in conformità alla legge (quali, ad esempio, la formazione preliminare e la formazione di ottimizzazione), nel caso in cui fossero coinvolti diritti di proprietà intellettuale, " non dovranno in alcun modo violare tali diritti e i relativi interessi altrui ". L'obiettivo è garantire che l'elaborazione dei dati avvenga in maniera lecita e nel rispetto di tutti i diritti di proprietà intellettuale interessati nelle predette attività.

Del resto, la prospettiva cinese in tema di tutela del diritto d'autore per le opere create attraverso l'uso di AI generativa si differenzia notevolmente dall'approccio antropocentrico adottato nell'Unione Europea, riconoscendo la protezione garantita dal diritto d'autore anche per tali opere. Questo è possibile grazie ad una definizione piuttosto ampia di "opera" da parte dell'ordinamento cinese, in grado di ricomprendere anche quelle generate dall'AI al fine di promuovere l'innovazione.

In un simile scenario, la domanda è dunque necessaria: chi sarà il prossimo, tra US e EU, a contendersi il podio nella corsa alla regolamentazione? Oltre alla regolamentazione, è fondamentale essere al centro nello sviluppo di queste tecnologie: secondo le stime di MarketsandMarkets, il mercato globale dell'AI è potenzialmente in grado di raggiungere i 309,6 miliardi di dollari entro il 2026.

Cina e Stati Uniti sono già in prima linea nell'investire risorse considerevoli nel settore, mentre, nel panorama, sembra ancora assente l'Italia. In questa fase, e soprattutto alla luce del divario che si sta progressivamente accentuando tra i vari Paesi, è opportuno considerare l'importanza degli investimenti nel settore AI anche per il nostro Paese al fine di migliorarne l'innovazione tecnologica e la competitività economica, sfruttando l'occasione per essere all'avanguardia e non fanalino di coda.

* di Paola Furiosi e Giulia Gialletti, PwC TLS Avvocati e Commercialisti

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