La dissimulazione dell'affitto a chi non è coltivatore diretto può essere dimostrata da una prova testimoniale
La norma che prevede la forma scritta non ad substatiam ma ad probationem è norma speciale mai abrogata
Il contratto agrario di affitto a non coltivatore diretto richiede la forma scritta ad probationem e non ad substantiam, anche se ultranovennale. E se si vuole contestare l'ammissione della prova testimoniale tesa ad affermare che il contratto è dissimulato l'eccezione di inammissibilità va tempestivamente proposta al giudice così come quella di nullità nel caso la prova sia stata ammessa.
La Corte di cassazione con la sentenza n. 6312/2023 ha posto un principio interpretativo affermando che in tema di contratto di affitto di fondo rustico a conduttore non coltivatore diretto, la disposizione dell'articolo 3, comma 1, della legge 606/1996, là dove stabiliva il requisito della forma scritta ad probationem, deve considerarsi norma che, stabilendo una lex specialis circa la forma del contratto, prevale sulla disposizione del Codice civile di cui all'articolo 1350 n. 8; anche a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 22 della legge 203/1982 che ha stabilito per tale tipologia di contratto agrario la durata di 15 anni.
In base alle regole civilistiche applicabili al caso la Cassazione ha di fatto affermato la legittimità della prova testimoniale che ha dimostrato l'avvenuta simulazione del contratto di comodato gratuito svelando il reale accordo tra le parti. E comunque il ricorrente non avrebbe potuto sollecitare il vaglio di legittimità sull'asserita nullità di tale mezzo probatorio non avendone tempestivamente e compiutamente contestato l'ammissione e l'asserita nullità una volta acquisita.