Civile

La facoltà del mediatore di formulare una proposta di conciliazione nell'ipotesi di richiesta "non congiunta" delle parti

Il numero di Organismi di mediazione il cui Regolamento prevede questa facoltà è davvero minimo: se qualche Organismo privato, per favorire una effettività della portata dell'istituto, ha previsto questa "potestà" del mediatore, lo stesso non può dirsi per gli Organismi pubblici, più attenti all'asetticità della procedura

di Massimo Pepe*


L'ordinanza del 10 febbraio 2021 del Tribunale di Busto Arsizio ha una portata dirompente: non avanza dubbi solamente sull'interpretazione normativa della Suprema Corte di cui alla sentenza n. 8473/2019 (ossia il conferimento della delega sostanziale all'avvocato della parte per trattare la controversia in sua assenza) ma pone l'attenzione su molteplici questioni relative all'effettività della portata deflattiva della mediazione tra cui l'applicazione dell'Art. 11 del D. Lgs. 28/2010 e, nello specifico, la facoltà del mediatore, nell'ipotesi di richiesta "non congiunta" delle parti, di formulare una proposta di conciliazione.

Questa facoltà è, in concreto, spesso ostacolata dai regolamenti degli organismi (che prevedono espressamente il vincolo della richiesta congiunta) e non è vista neppure di buon occhio dai difensori che oppongono un "eccesso di potere" in capo al mediatore la cui visione (se non "fredda") può portare a conseguenze non di poco conto per la parte assistita così come descritte al successivo art. 13 (elemento che francamente appare residuale visto che la proposta eventualmente rifiutata diventa oggetto della valutazione del Giudice che, operando di mero diritto, opera con dinamiche completamente differenti).

Il Tribunale di Busto Arsizio, quindi, smonta la visione "politically correct" della terzietà del mediatore e le conferisce una valenza molto più concreta: il mediatore può formulare la proposta senza che gli sia chiesto da tutti e, attestandosi al tenore letterale della norma, può farlo anche se non glielo chiede nessuno purché si sia nella fase effettiva della mediazione e non nella preliminare.

Il numero di Organismi di mediazione il cui Regolamento prevede questa facoltà è davvero minimo: se qualche Organismo privato, per favorire una effettività della portata dell'istituto, ha previsto questa "potestà" del mediatore, lo stesso non può dirsi per gli Organismi pubblici, più attenti all'asetticità della procedura.

Non può tacersi, però, che l'applicazione letterale dell'art. 11 potrebbe effettivamente autorizzare il mediatore particolarmente brillante e preparato a formulare l'eventuale proposta anche se il regolamento non lo preveda (una ratio decisamente extrema ma non peregrina).

Se tutto ciò può spaventare, va in effetti considerato che un'applicazione più frequente dell'art. 11 del D.Lgs 28/2010 avrebbe conseguenze dirompenti sulla forza deflattiva della mediazione e sulla concretezza della sua applicazione: non solo un obbligo, non solo un costo ma un "punto fermo".

Ed è forse questo, tra i vari, intenti del Legislatore che non dovrebbe essere sottovalutato e che è stato reso visibile dal Giudice di Busto Arsizio che però, per essere positivizzato, non potrà prescindere da una estrema competenza dei mediatori e da una piena conoscenza della responsabilità assunta col proprio ruolo anche in termini di conseguenze ribaltabili sulle parti coinvolte nella controversia.


*a cura dell' Avv. Massimo Pepe, Patrocinante in Cassazione, Studio Legale Pepe

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