Società

La restituzione dei dividendi in caso di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali

Nota a Corte di Cassazione, Sez. I Civ., ordinanza 9 maggio 2023, n. 12353

di Antonio Martini, Ilaria Canepa, Alessandro Botti e Arianna Trentino*

Con la recentissima sentenza n. 12353 del 9 maggio 2023 , la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso d'intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali escludendo l'applicazione delle norme di cui agli articoli artt. 1147 e 1148 c.c. in tema di possesso di buona fede erroneamente invocate.

La vicenda concreta attiene alla domanda di versamento della somma pari ai dividendi percepiti dai fiduciari, nel corso del periodo d'intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali, ma non riversati al fiduciante.

Secondo la tesi dei ricorrenti, dovendo qualificarsi i dividendi azionari quali frutti civili delle partecipazioni, troverebbero applicazione le sopramenzionate norme in tema di possesso di buona fede, laddove la buona fede sarebbe presunta al tempo dell'acquisto e il possessore avrebbe diritto di mantenere i frutti civili maturati fino al giorno della domanda giudiziale.

Questa tesi, come anticipato, non è stata accolta.

La Suprema Corte ha rammentato che, nel diritto comune dei contratti, l'intestazione fiduciaria è la situazione in cui il trasferimento del bene in favore del fiduciario viene limitato dall'obbligo inter partes del ritrasferimento, in ciò esplicandosi il contenuto del patto di fiducia. Manca qualsiasi intento liberale e la titolarità del fiduciario è " provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante".

Lo stesso vale per il negozio d'intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali, che si compone di due atti, l'uno di carattere esterno ed efficace verso i terzi, l'altro inter partes e obbligatorio. Il fiduciario -temporaneamente titolare delle quote- è tenuto a osservare quanto convenuto in precedenza con il fiduciante e, in particolare, a ritrasferirgliele a una scadenza concordata o al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.

Ciò nonostante la causa non risiede nel trasferimento del bene e nemmeno nella sostituzione al mandante nel compimento di specifici atti, ma nella combinazione dei due momenti, al fine di una cosiddetta "spersonalizzazione della proprietà", per cui può parlarsi di un contratto unitario avente una causa propria.

Nel diritto dei contratti non si ravvisa quel profilo premiale invece riconosciuto nell'ambito del possesso di buona fede secondo cui il possessore ha diritto a conservare i frutti.

Il contratto d'intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali è fonte di obbligazioni, dal cui inadempimento discendono varie conseguenze. In particolare, all'inadempimento del fiduciario all'obbligo di corrispondere il denaro percepito in luogo del fiduciante a titolo di utili sociali si applica il regime delle obbligazioni pecuniarie e del loro inadempimento, senza interferenza con l'istituto del possesso quale potere di fatto sulla cosa, ai sensi dell'art. 1140 c.c. In questo, come in altri casi, lo stato soggettivo di buona o mala fede può rilevare solo ai fini della domanda risarcitoria del pregiudizio eventualmente cagionato, dove il dolo o la colpa costituiscono elementi soggettivi della fattispecie. Non rileva lo stato soggettivo con riguardo all'obbligazione di consegna dei frutti ricavati dal bene in esecuzione del contratto, che devono essere restituiti entro un termine stabilito in forza di uno specifico obbligo di restituzione.

Ne consegue che se il fiduciario risulta inadempiente all'obbligo di restituire le azioni, egli dovrà provvedere al ritrasferimento in favore del fiduciante. Ma non rileva se egli fosse in buona fede nell'esercitare i diritti di socio e riscuotere i dividendi, che dovranno essere riversati così come effettivamente percepiti, senza che all'obbligo in questione possa applicarsi la regola della debenza solo dalla domanda giudiziale.

Venuta meno la funzione della causa fiduciae e richiesti indietro i titoli dal fiduciante, si palesa una condictio indebiti retenti: la stessa causa negoziale dell'intestazione fiduciaria rende automaticamente illegittima la ritenzione dei beni da parte del fiduciario. Se, quindi, il fiduciario non restituisce la res, egli sarà ritenuto inadempiente a un'obbligazione di dare; così come se non paga i dividendi ricevuti, sarà ritenuto inadempiente all'obbligazione pecuniaria di consegnare la relativa somma di denaro.

Inoltre, non solo i dividendi sono dovuti al fiduciante in adempimento della suddetta obbligazione, ma ad essi afferisce pure la regola della produzione degli interessi di pieno diritto, quali interessi corrispettivi ai sensi dell'art. 1282 c.c., ed in ogni caso -se in tal senso sia stata limitata la domanda attorea- dalla messa in mora ai sensi degli artt. 1219 e 1224 c.c.

Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
"In caso di intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali, al fiduciario che non restituisca le azioni una volta richiesto dal fiduciante e non riversi al medesimo i dividendi azionari percepiti è inapplicabile il regime degli artt. 1147 e 1148 c.c. sul possesso di buona fede della cosa, risolvendosi per intero la vicenda nell'ambito della disciplina delle obbligazioni e dei contratti, onde il fiduciario è tenuto a pagare quanto ricevuto a titolo di dividendi sin dal momento in cui li abbia riscossi dalla società, e sugli stessi sono altresì dovuti gli interessi di pieno diritto dallo stesso momento, o, in presenza di una domanda in tal senso limitata ex art. 99 c.p.c., dal giorno della messa in mora".

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*A cura dell'Avv. Antonio Martini, partner, Avv. Ilaria Canepa e Alessandro Botti, Dott.ssa Arianna Trentino- Studio CBA

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