Società

La sorte del credito non incluso nel bilancio finale di liquidazione a seguito della cancellazione dal Registro delle Imprese

La questione è stata rimessa all’attenzione delle Sezioni Unite con ordinanza n. 16477 del 13 giugno 2024

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza del 13 giugno 2024 n. 16477, ha rimesso all’attenzione delle Sezioni Unite un’interessante questione, carica di importanti e frequenti risvolti pratici, che attiene alla possibilità di configurare la tacita rinuncia dei crediti della società, non compresi nel bilancio finale di liquidazione, come effetto automatico della cancellazione della stessa dal Registro delle Imprese, con conseguente estinzione del giudizio teso a farli accertare.

Secondo un primo orientamento, confermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazionecon le decisioni nn. 6070/2013 e 6071/2023, in questo caso dovrebbe configurarsi una tacita rinuncia al credito litigioso.

Nel solco di questo indirizzo è stata progressivamente evidenziata la questione del rinvenimento di una presunzione qualificata di rinuncia.

È stato, in particolare, affermato che si potrebbe ritenere che la società abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito preferendo concludere il procedimento estintivo in luogo di proseguire il giudizio (Corte di Cassazione n. 15782/2016).

Tale impostazione è stata oggetto di diverse censure da parte di alcune successive decisioni.

In particolare, è stato affermato che in tali casi non si avrebbe l’estinzione della pretesa, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato di non volerne profittare (Corte di Cassazione n. 9464-2020).

La regola è, infatti, per la successione in favore dei soci dei residui attivi della società (Corte di Cassazione n. 30075-2020), con la conseguenza per cui questi sarebbero legittimati ad impugnare la sentenza d’appello che abbia rigettato la pretesa.

Mutando nuovamente indirizzo, infine, una successiva decisione ha ritenuto di aderire al primo orientamento, ritenendo configurabile una rinuncia tacita (Corte di Cassazione n. 21071-2023).

Preso atto di tali contrasti, la questione di diritto è stata dunque rimessa alle Sezioni Unite.

Appare di particolare interesse evidenziare che l’ordinanza di rimessione pare favorire l’orientamento che esclude la configurazione di una rinuncia tacita, enfatizzando le numerose criticità che tale soluzione comporta e, in particolare:

  • (i) il contrasto con il principio contabile generale per cui ogni credito, ancorché illiquido o incerto, va iscritto nel bilancio finale di liquidazione al valore presumibile di realizzo (art 2426 c.c.),
  • (ii) l’automatica riconduzione di una formalità pubblicitaria (la cancellazione dal Registro delle Imprese) alla fattispecie della rinuncia, pur in presenza di circostanze logicamente non compatibili, come la coltivazione del giudizio per l’accertamento del credito,
  • (iii) il fatto che mantenendosi l’impostazione che vede configurarsi una tacita rinuncia, deriverebbe una perdita potenziale in pregiudizio dei creditori, in ragione dell’impossibilità di far conto della posta attiva in esito a una scelta abdicativa a loro estranea.

Mantenendo ferma l’attenzione sullo sviluppo della delicata questione in analisi, si resta in attesa di una decisione delle Sezioni Unite che dirima il vigente contrasto, con la speranza che possa essere definitamente identificata una chiara soluzione.

_______
*A cura di Antonio Martini, Partner – CBA Studio Legale e Tributario, Ilaria Canepa - Senior Associate – CBA Studio Legale e Tributario, Alessandro Botti, Associate – CBA Studio Legale e Tributario e Arianna Trentino, Trainee – CBA Studio Legale e Tributario

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©