Il CommentoAmministrativo

La vigilanza Anac e la giusta misura dei poteri esercitati

La sentenza del Consiglio di Stato V sez., dello scorso 22 dicembre 2022 n. 11200, costituisce un momento di riflessione in merito alla valenza di alcune delibere e pareri di Anac emanate nell'esercizio del potere di vigilanza e controllo, atti che spesso contengano indicazioni di carattere precettivo e prescrittivo nei confronti dei soggetti coinvolti con imposizione di obblighi a cui i destinatari sembrerebbe non possano sottrarsi

di Francesca Petullà*

La sentenza del Consiglio di Stato V sez., dello scorso 22 dicembre 2022 n. 11200 , costituisce un momento di riflessione in merito alla valenza di alcune delibere e pareri di Anac emanate nell'esercizio del potere di vigilanza e controllo, atti che spesso contengano indicazioni di carattere precettivo e prescrittivo nei confronti dei soggetti coinvolti con imposizione di obblighi a cui i destinatari sembrerebbe non possano sottrarsi.

I giudici, nel ricostruire la normativa di specie, riconoscono a questi atti la natura di provvedimenti aventi carattere immediatamente lesivo, come tali autonomamente impugnabili ed inoltre, sottolineano nuovamente che il procedimento di vigilanza deve concludersi entro il termine perentorio indicato nel Regolamento emanato dalla stessa Anac.

Il potere di vigilanza: quando si attiva?

L'art. 213 conferisce all'Anac il potere di vigilare sui contratti pubblici, affinchè sia garantita l'economicità dell'esecuzione degli stessi e sia accertato che da tale esecuzione non derivi un pregiudizio per il pubblico erario. La vigilanza contribuisce ad assicurare l'effettività dell'azione dell'Autorità nell'amministrazione attiva, a salvaguardia di tre obiettivi: la promozione e la tutela del principio di concorrenza; la prevenzione dei fenomeni corruttivi e delle infiltrazioni da parte della criminalità organizzata; la razionalizzazione dei meccanismi di acquisto dei beni e dei servizi.

Di frequente, a seguito delle comunicazioni delle schede obbligatorie sia agli Osservatori regionali che al centrale in ragione della competenza dei contratti, le stazioni appaltanti di tutti i settori - sia ordinari che speciali - , ma anche i privati sottoposti a questo regime ordinamentali (si pensi ai concessionari o ai permissionari), vengono sottoposte da Anac a verifiche puntuali sull'operato dedotto negli atti, i cui dati e informazioni sono state inserite nelle schede.

L'ambito operativo più delicato, è inutile dirlo, è quello delle modifiche dei contratti, modifiche che nell'ultimo biennio ha creato non pochi problemi sia per le casistiche che hanno generato modifiche che per le circostanze operative in cui sono state introdotte queste modifiche (lockdown e crisi Ucraina).In altri termini, la questione non riguarda sole le famose varianti in corso d'opera dei lavori di natura tecnica, ma anche prestazioni di forniture e servizi per i quali si rende necessario inserire prestazioni supplementari.

Le stazioni appaltanti sanno perfettamente che sin dal momento dell'acquisizione del cd codice identificativo gara (CIG), Anac può intervenire e chiedere chiarimenti o chiedere all'occorrenza correzioni, spesso diciamolo pure a flage di campi obbligati in schermate rigidissime nell'inserimento dei dati al sistema SIMOG.

In tal contesto la misurazione del potere di Anac- o meglio la giusta misura dell'esercizio del potere di Anac - diventa importante. Come pure diventa importare aver ben chiaro che in ragione del Regolamento interno di Anac del 2018 il procedimento che si attiva è un procedimento amministrativo a cui la stessa Anac è sottoposta sia con riferimento alle condizioni procedimentali che in ordine alle prescrizioni ivi contenute che infine ai termini.

Ciò che si segnala da più parti è che, in sede di rilevi e, poi, successiva attivazione dell'istruttoria da parte dell'Autorità, spesso non si giunge ad una delibera che tenga conto del diverso potere/dovere di cui è munita qualsivoglia stazione appaltante: il dover/poter scegliere motivatamente come operare e assicurare i propri obiettivi.

Mentre è acclarato che, neanche i giudici in sede di giudizio possono sostituirsi all'amministrazione se non del caso di eccesso di potere, per Anac a questa affermazione non ci si è ancora arrivati, se non in pochi casi tra cui proprio la vicenda di cui era causa nel caso di specie.

La vigilanza nell'art. 213 del dlgs. 50/2016 e i principi dell'agire di Anac e dei suoi atti

Detti atti – ancorché di natura non vincolante – sono pur sempre atti amministrativi che laddove posti in essere nell'esercizio del predetto potere non è da escludersi in termini assoluti, possano creare effetti negativi sui destinatari . Da ciò discende che essendo ben possibile che in relazione ai suoi contenuti rapportati allo specifico caso essi incidano nella sfera giuridica dei destinatari, con un effetto immediatamente lesivo, ecco che sono impugnabili..

Il primo punto fermo è che si possono impugnare tutte le volte in cui a prescindere dal nomen iuris creino situazioni svantaggiose per i destinatari. Correttamente è stato osservato che, la lesività del provvedimento – e quindi la sua impugnabilità immediata - non va valutata in astratto e in relazione all'inquadramento concettuale dello stesso, bensì in concreto tenendo conto dei vincoli conformativi che produce nei confronti dei destinatari.

I giudici pronunciandosi via via sugli atti posti in esser da Anac ha contribuito a definire una sorta di perimetro entro cui il potere di vigilanza si esercita legittimamente e relativamente al quale vi è la possibilità anche per i destinatari di reagire con una impugnativa.

Esso va, infatti, riportato al principio generale secondo cui l'impugnabilità di un provvedimento amministrativo va valutata tenendo conto in concreto dell'effetto che produce nella sfera giuridica dei destinatari, nel senso di causare una effettiva lesione alle posizioni di questi ultimi.

Proprio in applicazione di tale principio il giudice amministrativo si è espresso in passato nel senso di ritenere autonomamente impugnabili le Linee guida emanate dall'Anac, tenuto conto degli effetti conformativi che le stesse producono in concreto rispetto ai successivi provvedimenti adottati dagli enti appaltanti.

In sostanza, la conclusione che secondo il Consiglio di Stato va accolta – anche sulla base degli orientamenti giurisprudenziali maturati in precedenza – è che la questione dell'impugnabilità in via autonoma e immediata degli atti dell'Anac va affrontata e risolta a prescindere dall'inquadramento dogmatico di tali atti (se si tratti cioè di pareri piuttosto che di linee guida o di delibere).

Ciò che rileva non è la categoria concettuale cui gli atti appartengono quanto piuttosto l'effetto conformativo che essi producono, nel senso di precostituire un vincolo cui i destinatari – e prima di tutto gli enti appaltanti – sono tenuti a uniformarsi nell'adozione dei successivi provvedimenti di loro competenza. Quando questo effetto conformativo sussiste, l'atto dell'Anac assume un effetto lesivo immediato nella sfera dei destinatari, e come tale può essere oggetto di autonoma impugnativa.

Il caso

La questione ha riguardato il Comune di Milano all'interno di una infrastrutturazione importante in cui è stato necessario adottare una perizia di variante (per completezza le perizie di varianti vengono comunicate addirittura con un'apposita scheda corredata da una documentazione ad hoc prescritta dai diversi comunicati del Presidente di Anac da ultimo quello del 5 dicembre 2016).

Secondo una metodologia consolidata, Anac, nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza, concludeva il relativo procedimento con una apposita delibera rilevando gravi disfunzioni e irregolarità nell'esecuzione dell'appalto in relazione a una molteplicità di aspetti, attinenti alla progettazione, alla contabilizzazione ed esecuzione dei lavori in variante, all'individuazione del soggetto aggiudicatario, alla sostituzione di un componente del raggruppamento aggiudicatario, all'ipotesi di accordo transattivo e al provvedimento di risoluzione contrattuale.

Quindi, Anac invitava il Comune a comunicare le misure che intendeva adottare alla luce dei rilievi evidenziati e disponeva, comunque la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e alla Procura regionale della Corte dei Conti.

Gli atti venivano impugnati, e nel respingere il ricorso affermava che la delibera impugnata aveva una valenza consultiva e propositiva.

In particolare, secondo il TAR, gli atti non rappresentavano una manifestazione di volontà idonea a incidere nella sfera giuridica dei destinatari, ma si ponevano esclusivamente in termini di giudizio valutativo, accompagnato da un invito rivolto all'ente appaltante ad adottare in autonomia i conseguenti provvedimenti nell'esercizio dei poteri di autotutela.

Da ultimo concludeva che la circostanza che l'Anac avesse trasmesso la delibera alle competenti autorità (Procura della Repubblica e Corte dei Conti) per le valutazioni di rispettiva competenza costituiva unicamente uno strumento volto a dare effettività all'esercizio del potere di vigilanza, ma non determinava alcuna conseguenza giuridica apprezzabile nei confronti dei soggetti vigilati. Circostanza utile per la ricostruzione dei fatti è che il procedimento Anac aveva ampiamente superati i termini procedimentali e addirittura i lavori erano giunti alla conclusione.

La posizione evolutiva del Consiglio di Stato

Applicando i principi sopra evidenziati, i giudici statuiscono che la delibera emanata dall'Anac nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza e controllo ai sensi dell'articolo 213 del D.lgs. 50 – a prescindere dall'inquadramento concettale che si ritenga di dargli – produce un chiaro obbligo conformativo, posto che pone il Comune nella condizione di doversi adeguare ai rilievi formulati, pena la sottoposizione a conseguenze ancora più negative, come adombrato dalla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.

In sostanza, nel momento in cui l'Anac, a seguito di una serie significativa di rilievi, ha invitato l'ente appaltante a rendere note le misure che intendeva adottare, ha in qualche modo vincolato l'attività dello stesso ente appaltante, producendo appunto quell'obbligo conformativo idoneo a incidere direttamente nella sfera giuridica del medesimo ente appaltante.

Da qui la conclusione: una delibera dell'Anac emanata nell'esercizio dei poteri di vigilanza e controllo che abbia i contenuti descritti può essere oggetto di immediata impugnazione, in relazione agli effetti immediatamente lesivi che produce.

Si badi bene, i giudici non si sono pronunciati sulla fattispecie concreta perché di fatto non potevano in quanto carenti di giurisdizione. L'esame fatto verte rigorosamente sulla natura del potere esercitato da ANAC in relazione alla incidenza dello stesso nella sfera decisionale del Comune.

In tal contesto, i giudici hanno rilevato che la sfera decisionale era stata completamente compromessa, perché, la delibera – proprio perché intervenuta ben oltre il termine massimo previsto per la sua adozione – da un lato non adempieva alla sua funzione, dall'altro produceva un immediato effetto lesivo relativamente alla sottoposizione di relativi contenuti agli organi titolari delle azioni di responsabilità penale ed erariale.

Considerazioni conclusive

Nel settore dei contratti pubblici, l'Autorità, dopo qualche difficoltà iniziale, ha acquisito un ruolo essenziale per le amministrazioni pubbliche, le imprese e i cittadini. Il progetto di riforma ridimensiona alcuni poteri dell'Autorità e ne rafforza altri, puntando, in particolare, su quegli istituti che nel tempo si sono dimostrati particolarmente efficaci a prevenire il sorgere di illegittimità.

Su tutto questo la giurisprudenza è chiamata a svolgere un lavoro importante di assestamento e d'equilibrio: la tormentata rielaborazione dell'art. 211 del Codice dei contratti pubblici , e la soppressione delle raccomandazioni vincolanti e delle conseguenti sanzioni in caso d'inottemperanza, rivela il ruolo prezioso svolto dalle corti – nella specie, il Consiglio di Stato – per assorbire le innovazioni, e riportarle a sistema

____
*A cura dell'Avv. Francesca Petullà, Studio Legale Petullà - Partner 24 ORE Avvocati
Rete PNRR advisory