Società

Le dimissioni di un Coamministratore con poteri disgiunti: applicabilità della prorogatio

Dall’analisi delle principali posizioni sostenute dalla giurisprudenza è possibile dedurre che una diversa disciplina trova applicazione a seconda che si tratti di una società di persone o una società di capitali

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di Vanessa Wagner, Cecilia Vassetti*

Il tema delle dimissioni rassegnate da uno dei due coamministratori con poteri disgiunti di una società, senza che essi costituiscano un Consiglio di Amministrazione (CdA) non trova una soluzione uniforme da parte della giurisprudenza. Questo articolo si pone l’obbiettivo di analizzare le due posizioni principali sostenute dalla giurisprudenza, basandosi in particolare sulle sentenze della Corte di Cassazione del 31 ottobre 2018, n. 27761 (successivamente Cass. 27761/2018) e quella del 14 febbraio 2000, n. 1602 (successivamente Cass. 1602/2000).

Con la riforma attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 è stato modificatol’art. 2475, comma 3, c.c. inserendo la possibilità che la governance di alcune società di capitali sia affidata congiuntamente o disgiuntamente a più persone. Tale modifica ha rappresentato un significativo passo avanti nella flessibilità gestionale delle società, permettendo una distribuzione più equa delle responsabilità e una maggiore efficienza decisionale. Tuttavia, questa nuova configurazione pone tuttora diversi interrogativi pratici non del tutto risolti, come ad esempio l’applicabilità dell’istituto della prorogatio nel caso di dimissioni di un coamministratore con poteri disgiunti, oggetto della presente analisi.

L’istituto della prorogatio

L’istituto della prorogatio è un meccanismo giuridico che garantisce la continuità dell’amministrazione aziendale anche dopo la scadenza del mandato o, in alcuni casi, le dimissioni degli amministratori.

Tale istituto trova la sua base normativa nell’art. 2385 c.c. che prevede che “L’amministratore che rinunzia all’ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio d’amministrazione e al presidente del collegio sindacale. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori”. Ciò è stato esteso dalla giurisprudenza anche alle società a responsabilità limitata (Corte Cassazione del 3 gennaio 2013, n. 28).

Un aspetto critico della prorogatio è la sua durata. Difatti quest’ultimo non può protrarsi indefinitamente; è una misura temporanea che deve essere risolta il prima possibile con la nomina di nuovi amministratori. La mancata nomina tempestiva può esporre la società a rischi legali e operativi, poiché gli amministratori in prorogatio potrebbero non avere la legittimità necessaria per rappresentare la società in tutte le circostanze.

La prorogatio degli Amministratori disgiunti

Il tema delle dimissioni rassegnate da uno dei due coamministratori con poteri disgiunti e in particolare dell’applicabilità dell’istituto della prorogatio è stato oggetto di molteplici interpretazioni e sentenze. La già citata sentenza Cass. 1602/2000, riprendendo brevemente i punti salienti del dibattito in corso, stabilisce che “[…] Né è invocabile, nel caso in cui l’amministrazione sia attribuita disgiuntamente a più persone, come quello in esame, il principio che la rinuncia nelle società di persone possa avere effetto soltanto quando l’amministratore sia stato sostituito, perché la presenza dell’altro amministratore, nel quale si concentrano i poteri dell’ordinaria amministrazione, esclude che il dimissionario debba ancora occuparsi della gestione.”. In questo caso gli ermellini escludevano l’applicabilità della prorogatio. La sentenza risulta particolarmente interessante anche perché riferita a due amministratori con poteri disgiunti di ordinaria amministrazione e congiunti di straordinaria amministrazione. Tuttavia, preme sottolineare che il caso di specie si riferiva ad una società di persone.

Nel 2015, la sentenza del Tribunale di Roma del 1° dicembre 2015, R.G. 46513/2014, richiamando la sopra citata sentenza, ha esteso questa interpretazione anche alle società a responsabilità limitata (S.r.l.) sottolineando che le dimissioni di uno dei due coamministratori di una S.r.l. con poteri disgiunti sono immediatamente efficaci, poiché l’altro amministratore mantenga pieni poteri di gestione.

Nel 2018 la questione è stata oggetto di una ulteriore sentenza della Corte di Cassazione che sembrerebbe astrattamente porsi in contrasto con la sentenza appena esaminata. In particolare, la sentenza Cass. 27761/2018, afferma che “L’amministratore che rinunzia all’ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio d’amministrazione e al presidente del collegio sindacale. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori”. In tale sentenza gli ermellini fannoespresso riferimento all’applicabilità, anche agli amministratori con poteri disgiunti delle società di capitali, dell’istituto della prorogatio nel caso in cui venga meno la maggioranza degli amministratori. Pertanto, in virtù di tale interpretazione, nelle società di capitali, nel caso di dimissioni di uno dei due amministratori con poteri disgiunti, poiché viene meno la maggioranza dell’organo amministrativo, trova applicazione l’istituto della prorogatio.

Visto l’apparente contrasto, la Cass. 27761/2018 richiama espressamente la Cass. 1602/2000, affermando che “Né tale soluzione è da ritenere in contrasto [...] con la pronuncia di Cass., n. 1602/2000, sopra citata. In effetti, questa sentenza riguarda propriamente il caso di una società in nome collettivo ed è univoca, inoltre, nel riferire il suo argomentare al solo genere delle società di persone”.

Conclusione

In conclusione, alla luce delle sopra richiamate sentenze è possibile dedurre che, nel caso delle dimissioni di uno dei due coamministratori di una società che non costituiscono CdA, trovi applicazione una diversa disciplina a seconda che si tratti di una società di persone o una società di capitali. Infatti, mentre nel primo caso in virtù della richiamata Cass. 1602/2000 non troverà applicazione l’istituto della prorogatio, di contro nel caso delle società di capitali tale istituto troverà applicazione.

È importante notare che la distinzione tra società di capitali e società di persone è cruciale per comprendere il motivo per cui in un caso trova applicazione la prorogatio e nell’altro no. Nelle società di persone, infatti, la gestione è spesso più personale e diretta, mentre nelle società di capitali, la struttura amministrativa è più complessa e formale, richiedendo quindi un approccio diverso in caso di dimissioni di un amministratore.

Rimane inteso che gli amministratori in regime di prorogatio non subiscono alcuna limitazione, potendo continuare a gestire la società con pienezza di poteri. Tra gli obblighi degli stessi durante il regime di prorogatio vi è quello di convocare il prima possibile l’assemblea dei soci e di indicare tra gli argomenti all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche sociali.

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*Vanessa Wagner, Avvocato - Rechtsanwältin, Associate Partner, Rödl & Partner e Cecilia Vassetti, Avvocato, Associate, Rödl & Partner

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