Le ragioni per l’affido esclusivo dei figli: disinteresse, conflitti e disturbi psichici
A 13 anni di distanza dal debutto della legge 54/2006, che nelle separazioni e nei divorzi ha individuato l’affidamento condiviso dei figli come regime ordinario, l’affidamento esclusivo a un solo genitore è senz’altro diventato l’eccezione, che però non viene scelta così di rado come si potrebbe pensare.
Del resto, se l’articolo 337-ter del Codice civile chiede al giudice di valutare «prioritariamente la possibilità» che i figli «restino affidati a entrambi i genitori» per tutelare il diritto alla bigenitorialità (Cassazione 9764/2019), l’articolo 337-quater apre alla deroga quando l’affidamento condiviso sia ritenuto pregiudizievole per il benessere dei figli (Tribunale di Catanzaro 443/2019).
A entrare nei dettagli e chiarire quando è opportuno discostarsi dalla regola generale – su motivazione rafforzata che dia conto dell’idoneità di un genitore e dell’inidoneità dell’altro (Tribunale di Monza, 1628/2019; Cassazione 16738/2018) – sono le pronunce dei giudici.
L’affidamento esclusivo
In base all’articolo 337-quater, «il giudice può disporre l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori». In questi casi, l’esercizio della responsabilità viene trasferito in capo a un solo genitore, mentre sono lasciate al comune accordo solo le decisioni più rilevanti per i minori, relative a educazione, istruzione, salute, scelta della residenza abituale.
Le ragioni che giustificano l’affidameno esclusivo vanno dalla mancata cooperazione ai progetti stilati per ripristinare la serenità familiare (Cassazione, 3206/2019) al disturbo borderline del genitore inadeguato (Tribunale di Roma, 2 gennaio 2017) che non accetti incontri protetti con i figli (Tribunale di Velletri, 74/2018).
Si propende per l’esclusivo anche a fronte del riscontrato disinteresse affettivo (Cassazione, 28244/2019) o economico nei confronti delle esigenze del minore (Tribunale di Roma, 17 marzo 2017).
Ancora, rischia lo stop all’affidamento condiviso il genitore che maltratta l’altro genitore in presenza dei figli (violenza assistita), il genitore iper protettivo o il testimone di giustizia inserito in uno specifico programma di protezione (Tribunale di Roma, 727/2019).
I giudici hanno deciso l’affidameno esclusivo anche per “punire” il genitore manipolatore che – nell’intento di boicottare il rapporto del figlio con l’altro genitore – sporga contro di lui false accuse di abusi sessuali sul minore (Cassazione, 19152/2019).
Circa il contrasto tra gli ex, è una circostanza di per sé insufficiente a precludere l’affidamento condiviso; ma l’affidamento esclusivo è preferito se il contrasto sconfina in un disagio intollerabile e pericoloso per l’equilibrio dei figli (Cassazione, 6535/2019).
L’affidamento super esclusivo
A partire dall’articolo 337-quater del Codice civile, la giurisprudenza ha elaborato anche la figura estrema dell’affidamento super esclusivo, in cui si attribuisce a un unico genitore non solo la responsabilità e il collocamento dei figli, ma anche il potere di assumere da solo le decisioni di maggior importanza.
Si tratta di una scelta che il giudice fa quando l’altro genitore si macchia di gravi comportamenti: contegno ostativo all’avvio di progetti di aiuto alla famiglia (Tribunale di Roma, 15 luglio 2018), profonda instabilità e alto grado di impulsività tali da causare paralisi decisionale nella gestione dei figli (Tribunale di Roma, 19986/2018) o totale indifferenza per le sorti del giudizio di separazione (Tribunale di Milano, 6910/2018). Viene disposto anche per ovviare alle difficoltà causate dal genitore residente all’estero (fatto, di per sé, non inconciliabile con l’affidamento condiviso: Tribunale di Monza, 1628/2019; Cassazione 6535/2019) che si rende irreperibile.
La «Pas»
Tra le più nocive dinamiche della famiglia in conflitto c’è la sindrome da alienazione parentale (Parental alienation syndrome, Pas), disfunzione comportamentale dei figli di genitori divisi, indotti – su manipolazione di quello percepito come “il buono” – a respingere l’altro, dipinto come “il cattivo”. Atteggiamento che, nella prognosi di crescita, impone di allontanare i figli dal genitore alienante. Tuttavia, pur prevalendo le pronunce che ravvisano l’esistenza della Pas individuandola nell’incapacità di preservare la continuità delle relazioni parentali (Tribunale di Brescia, 815/2019) dopo la disgregazione dell’unione (Cassazione, 22744/2017), resta irrisolto il nodo del valore probatorio di una diagnosi che – non avendo base medica ufficiale – vincola il giudice a verificarne via via il fondamento (Cassazione, 13274/2019).
In attesa che si componga il dibattito sulla scientificità della Pas, certo è che una campagna denigratoria volutamente tesa a escludere un genitore dalla vita dei figli peserà, e non poco, sulla scelta del regime di affido.