Società

“Legge Capitali” al test della stagione assembleare 2024

La nuova normativa impatta sul rapporto tra i soci (voto plurimo e voto maggiorato rafforzato) e sul rapporto fra organi di amministrazioni e azionisti (lista del Cda uscente)

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di Milena Prisco *

La “Legge Capitali” (L. 5 marzo 2024 pubblicata in G.U. n. 60 del 12 marzo 2024 n. 21) ha introdotto diversi interventi a sostegno della competitività, incentrati sul rimuovere i vincoli normativi e operativi all’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese e sull’ introdurre misure che incentivino, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, la canalizzazione del risparmio privato verso le imprese, assicurando al contempo la tutela degli investitori.

Alcune previsioni possono avere un effetto rilevante sulla corporate governance delle società. Ed infatti, la Legge Capitali - valorizzando l’autonomia statutaria degli emittenti e delle società non quotate – impatta sul rapporto tra i soci con le novità in fatto di voto plurimo e di voto maggiorato rafforzato e sul rapporto fra organi di amministrazioni e azionisti con l’introduzione della lista del Cda uscente per la nomina dei nuovi board.

Partendo dalle novità sul voto plurimo, l’articolo 13 della Legge, intervenendo sull’articolo 2351 c.c., amplia il diritto delle società non quotate di introdurre su base volontaria in statuto il voto plurimo, aumentando il fattore di moltiplicazione dagli attuali 3 fino a un massimo di 10 voti per azione. Il voto plurimo rappresenta una categoria speciale di azioni che può essere adottata soltanto da una società non quotata, che potrà comunque mantenerle anche dopo l’avvenuta quotazione sul mercato regolamentato. La nuova meccanica del voto plurimo lascia inalterata l’autonomia statutaria nel configurarlo solo in relazione alle decisioni riguardanti particolari argomenti o subordinatamente al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative.

Venendo al voto maggiorato rafforzato, l’articolo 14 della Legge Capitali modifica l’articolo 127-quinquies TUF, ammettendo per le sole società quotate che adottano già il voto maggiorato ordinario, la possibilità di prevedere in statuto, oltre alla maggiorazione ordinaria fino a un massimo di 2 voti per azione, che può essere conseguita dopo un periodo di possesso dell’azione ininterrotto pari almeno a 24 mesi, una ulteriore maggiorazione che consente che i diritti di voto possano essere ulteriormente incrementati nella misura di 1 voto per azione per ogni periodo di 12 mesi di possesso continuato delle azioni, fino ad un massimo di 10 voti per azione, secondo un meccanismo progressivo.

Secondo il Rapporto Assonime sulla corporate governance e l’evoluzione della prassi (cfr. Note e Studi n. 6/2024 pubblicato il 6 giugno scorso), l’attuale stagione assembleare per certi versi avrebbe già sentito l’influsso della Legge Capitali, vedendo l’introduzione di 4 casi di voto maggiorato “potenziato” (3 ex novo di cui uno in fase di IPO, i1 rafforzamento del voto maggiorato già esistente) e 2 casi di maggiorato ordinario. È interessante notare come emerga dal monitoraggio di Assonime che negli ultimi tre anni (ossia dell’introduzione del nuovo Codice di Corporate Governance) le motivazioni esplicitate dagli emittenti a sostegno dell’implementazione del voto maggiorato ordinario siano basate su una generica opportunità di incentivare gli investitori di lungo periodo.

Passando alla lista del Cda uscente, la Legge Capitali ha normato, con applicazione per i rinnovi successi al 1° gennaio 2025, una prassi, mutuata da numerosi ordinamenti stranieri, riconosciuta dal Codice di Corporate Governance (cfr. Raccomandazione n. 19, lettera d) e già in uso nel nostro Paese. In Italia, infatti, sono circa 50 le società quotate, il cui statuto prevede la possibilità di esprimere una lista del Cda. Si tratta di circa il 21% delle società quotate al solo mercato principale e del 11,7% circa se si comprendesse anche l’Euronext Growth Milan. Tuttavia, di questo basket sono 15, circa il 6,5% delle società quotate al mercato principale, le società per lo più operanti nel settore finanziario che hanno effettivamente utilizzato questo meccanismo di lista quali Assicurazioni Generali, Avio, Banco Bpm, Bff Bank, Cellularine, Fineco Bank, Illimity, Mediobanca, Net Insurance, Ovs, Prysmian, Sabaf, Telecom, Unicredit, Unieuro.

La Legge Capitali stabilisce che la lista dovrà: (i) essere approvata con il voto favorevole dei 2/3 dei componenti del Cda; (ii) contenere un numero pari al numero dei consiglieri da eleggere maggiorato di un terzo; (iii) essere depositata e resa pubblica entro 40 giorni precedenti alla data dell’assemblea convocata per il rinnovo. È sicuramente rilevante che la norma imponga la presentazione della lista quaranta giorni prima della tenuta della assemblea, quindi, in concomitanza con la convocazione dell’assemblea che nomina il nuovo consiglio di amministrazione, lì dove le altre liste devono essere presentate dagli azionisti entro il venticinquesimo giorno antecedente il giorno dell’assemblea.

Qualora la lista del Cda uscente risulti prima per numero di voti, occorre un ulteriore votazione individuale sui singoli candidati della lista, risultando progressivamente eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti in ragione dei posti da assegnare a tale lista; in caso di parità di voti tra candidati, risulteranno eletti i candidati in base all’ordine progressivo originario con il quale sono indicati nella relativa lista. Dubbi interpretativi sussistono su quali soci siano legittimati alla ulteriore votazione, ad oggi esperti e commentatori optano per riconoscere la legittimità di questo ulteriore voto in capo ai soci che hanno votato la lista del consiglio, agli astenuti e agli assenti nella precedente votazione. Curiosamente, la norma non disciplina il caso in cui la lista del Cda non consegua la maggioranza dei voti in assemblea. Quanto alla ripartizione dei posti rimanenti e alla rappresentanza delle minoranze, qualora la lista del Consiglio di Amministrazione abbia ottenuto il maggior numero di voti in assemblea, il nuovo art. 147-ter.1 TUF disciplina in modo analitico i criteri secondo cui gli amministratori di competenza delle minoranze devono essere votati, a seconda che le prime due liste di minoranza abbiano ottenuto complessivamente più o meno del 20% dei diritti di voto espressi in assemblea. Questi criteri previsti dalla nuova norma allo stato suscitano non pochi dubbi interpretativi, che ci si augura vengano sciolti dalle disposizioni attuative che saranno emanate da Consob. Stando al Rapporto Assonime, nell’ultima stagione assembleare le 50 società, che statutariamente prevedono già la lista del Cda, non hanno approvato adeguamenti alla nuova disciplina e le 2 società che hanno introdotto detto meccanismo di voto non sono allo stato intervenuti sulla disciplina applicabile allo stesso.

Merita, infine, attenzione la disposizione della Legge Capitali secondo cui nel caso in cui la lista del Cda uscente abbia ricevuto il maggior numero dei voti, occorre procedere alla formazione dell’eventuale comitato endo-consiliare competente in materia di controllo interno e di gestione dei rischi, che dovrà essere presieduto da un consigliere indipendente eletto dalle eventuali liste diverse da quella presentata dal Cda uscente. La previsione evidenzia l’importanza di una dialettica sulla gestione dei rischi, che riconosce un ruolo rilevante agli amministratori eletti dalle liste degli azionisti.

Dall’analisi delle società che ad oggi adottano il sistema della lista del Cda uscente compiuta da Assonime, emergono dati rilevanti, che sarà importante monitorare nella loro evoluzione a seguito dell’implementazione della nuova disciplina in vigore. Assonime, infatti, osserva come le società che adottano la lista del Cda presentano una migliore adesione al Codice di Corporate Governance in fatto di autovaluzione, orientamenti del Cda uscente, piano di successione e coinvolgimento attivo del comitato nomine; inoltre 1/3 delle società ha elaborato una procedura per la formazione e la presentazione della lista.

Per completezza, il meccanismo della lista del Cda uscente non è applicabile al sistema di amministrazione così detto dualistico che prevede il consiglio di sorveglianza.

Le novità introdotte dalla Legge Capitali conferiscono al Cda strumenti ulteriori, rispetto a quelli in uso ad oggi, che potranno essere strategici per la definizione del sistema del governo societario, funzionale allo svolgimento dell’attività di impresa e alla attuazione di piani industriali, con conseguente incremento del ruolo e della funzione dei board.

Queste previsioni lasciano aperto il campo a valutazioni di pro e contro e a riflessioni circa il potenziale rischio di strumentalizzazione e accentramento di potere, che potrebbero andare a toccare gli equilibri degli assetti proprietari e l’alternanza fisiologica dei Cda nel medio e lungo periodo. Solo l’applicazione delle nuove previsioni potrà darci la misura del reale beneficio che emittenti e investitori potrebbero trarre dalle stesse. Sarà essenziale in ogni caso attendere le disposizioni attuative di Consob nonché il lavoro attualmente in corso di riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali e in materia di società di capitali, contenute nel Testo Unico della Finanza e nel Codice civile applicabili agli emittenti.

*Partner e Head ESG di Pavia e Ansaldo

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