Amministrativo

Legge Pinto, l'avvocato non può surrogarsi al cliente debitore

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L'avvocato non può agire in proprio contro il ministero della Giustizia per ottenere l'indennizzo per l'eccessiva durata del processo al posto del proprio cliente. Anche se, come nel caso specifico, quest'ultimo ha nei confronti del legale un rilevante debito accertato in via giudiziaria. Lo ha stabilito il Trga di Trento, sentenza n. 113/2019. dichiarando, sotto questo profilo, inammissibile il ricorso presentato in via surrogatoria dal professionista. Il diritto all'equa riparazione, infatti, spiega la decisione, «riguarda il (ed ha natura di) danno non patrimoniale, ed è un diritto personalissimo», di natura tale che (come affermato dalla Corte di cassazione, n. 22975/2017), «non può essere fatto valere in via surrogatoria». Inoltre, sotto un profilo più generale, l'esperimento dell'azione surrogatoria «non è compatibile con il giudizio amministrativo che "non conosce ipotesi di legittimazione anomala». La richiesta di ottemperanza al decreto decisorio della Corte d'appello configura, infatti, un'azione surrogatoria ex articolo 2900 del codice civile.

Il caso
- A conclusione del giudizio promosso per l'irragionevole durata di un processo, il giudice di secondo grado aveva condannato il Ministero a corrispondere in favore di una signora, la cliente del legale, 3.250 euro, ed a rifondere le spese di lite, liquidate in complessivi 756 euro, a favore del difensore antistatario. La decisione è passata in giudicato, ma l'Amministrazione non ha mai versato il dovuto. A questo punto l'avvocato ha proposto ricorso chiedendo al Ministero di ottemperare al pagamento sia della somma direttamente dovutagli, sia, in via surrogatoria, di quella spettante alla cliente, rappresentando di vantare (come certificato da due provvedimenti giudiziari) un credito certo, liquido ed esigibile di 32.745 euro, non altrimenti recuperabile in assenza di beni esecutabili e dell'inerzia delle debitrice.

La motivazione
- Il Trga ha dichiarato l'obbligo del Ministero di pagare i 756 euro di compensi del legale, ma ha giudicato inammissibile per difetto di legittimazione la domanda surrogatoria. «Per costante giurisprudenza – ricorda la decisione -, perché un interesse possa essere tutelabile con un'azione giurisdizionale amministrativa, deve essere, oltre che attuale, "personale", e anche la lesione da cui discende l'interesse al ricorso, oltre che attuale, deve essere "diretta", nel senso che deve incidere in maniera immediata sull'interesse legittimo proprio della parte ricorrente». «È quindi da ritenere inammissibile, per difetto di legittimazione all'azione, il ricorso giurisdizionale proposto da un soggetto giuridico in luogo di un altro direttamente leso da un provvedimento amministrativo, in quanto, poiché la legittimazione presuppone l'esistenza di un interesse giuridicamente protetto in capo al soggetto che propone l'azione giurisdizionale, esso non può surrogarsi al destinatario dell'atto impugnato, ossia di colui che risente direttamente degli effetti lesivi di quest'ultimo, perché ciò non è consentito dal vigente ordinamento processuale." (C.d.S., sez. V, n. 2439/2014)». In altre parole, conclude il Tribunale amministrativo, «l'azione surrogatoria regolata dall'art. 2900 del c.c. conferisce al creditore la legittimazione all'esercizio di un diritto altrui ed ha perciò carattere necessariamente eccezionale, non suscettibile di estensione al giudizio amministrativo, in cui la legittimazione all'azione presuppone l'esistenza di un interesse giuridicamente protetto direttamente in capo al soggetto che propone l'azione giurisdizionale».

Trga - Sentenza n. 113/2019

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