Comunitario e Internazionale

Liti consumatori-professionisti, mediazione senza avvocato

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di Marco Marinaro

Il sistema di Adr per i consumatori crea taluni dubbi interpretativi circa la compatibilità tra le norme introdotte nel Codice del consumo in attuazione della direttiva 2013/11/Ue e quelle previste per la mediazione obbligatoria ex lege di recepimento della direttiva 2008/52/Ue. Con l’ordinanza del 28 gennaio 2016, il Tribunale di Verona (estensore Vaccari), nel sospendere un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra due consumatori e una banca, anziché rimettere le parti in mediazione (in virtù dell’obbligo di legge), ha trasmesso gli atti alla Corte Ue ponendo alcune questioni interpretative.

In particolare il tribunale scaligero ha interrogato la Corte sulla delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione delle due direttive citate. Ha poi domandato se le disposizioni della direttiva 2013/11 ostino a che la ricevibilità di una domanda giudiziale, proposta da un consumatore nei confronti di un professionista e vertente su un contratto di prestazione di servizi, sia subordinata al previo esperimento, da parte del consumatore, di un procedimento di mediazione. Infine, il giudice del rinvio ha chiesto se le modalità della mediazione italiana, in quanto obbligano il consumatore a farsi assistere da un avvocato e prevedono sanzioni in caso di ritiro senza giustificato motivo, siano conformi alla direttiva 2013/11.

All’udienza del 16 febbraio 2017 dinanzi alla Corte Ue che a breve depositerà la sentenza, l’avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Øe (Danimarca) ha presentato le sue conclusioni. L’avvocato generale rileva, anzitutto, che la direttiva del 2013 per i consumatori ha vocazione ad applicarsi a tutti i tipi di mediazione, compresi quelli di cui alla direttiva del 2008. Peraltro, quest’ultima si applica solo a cause transfrontaliere, mentre nel caso di specie le parti hanno tutte sede o domicilio in Italia. Inoltre, l’estensione alle liti interne facoltativamente prevista dalla direttiva della quale l’Italia si è avvalsa non equivale a dire che nella fattispecie entrambe le direttive siano applicabili: nel caso specifico, deve applicarsi soltanto quella del 2013.

Secondo l’avvocato generale, gli Stati membri, anche al fine di decongestionare i tribunali, ben possono rendere obbligatoria una fase stragiudiziale di composizione amichevole della lite prima dell’inizio della causa (anche tra professionisti e consumatori) purché ciò non impedisca o pregiudichi il successivo accesso alla giustizia, nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. L’avvocato generale rileva poi che la direttiva del 2013 esclude che gli Stati possano obbligare le parti a farsi assistere da un avvocato nel corso di una mediazione, quando questa sia insorta tra professionisti e consumatori. In tal senso, la normativa italiana (Dlgs 28/2010) è incompatibile con il diritto dell’Unione.

Infine, l’avvocato generale sottolinea che è consacrata nella direttiva la libertà totale di ciascuna delle parti (quantomeno del consumatore) di ritirarsi dalla mediazione per motivi anche puramente soggettivi (ad esempio, perché insoddisfatta dello sviluppo di tale procedura). Sul punto la legge italiana, nella misura in cui ricollega effetti negativi al ritiro dalla mediazione per motivi puramente soggettivi (ma ciò dovrà essere verificato dal giudice italiano), è incompatibile con il diritto dell’Unione.

Causa C-75/16 - Conclusioni dell'avvocato generale presentate il 16 febbraio 2017

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