Società

Mala gestio degli amministratori e inadempimento dei doveri di controllo dei sindaci

Nella sentenza in commento la Cassazione afferma che il sindaco, pur non rispondendo automaticamente e per la sua mera posizione di garanzia, di ogni fatto dannoso aziendale, è tenuto - ai fini dell'esonero da responsabilità - ad esercitare o tentare di esercitare "l'intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge"

di Niccolò Medica*

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24045 del 6 settembre 2021 , ha ripercorso i tratti caratteristici della responsabilità civile dei sindaci, soffermandosi, in particolar modo, sul rapporto tra tale responsabilità e gli atti di mala gestio compiuti dagli amministratori.

L'art. 2407, comma 1, cod. civ. prevede che i sindaci siano obbligati, di norma solidalmente tra di loro, a risarcire i danni imputabili al mancato o negligente adempimento dei loro doveri: si tratta della responsabilità c.d. "esclusiva".

D'altra parte, ai sensi dell'art. 2407, comma 2, cod. civ., i sindaci sono altresì responsabili, solidalmente con gli amministratori, per i fatti e le omissioni di questi ultimi qualora il danno non si sarebbe verificato se i sindaci stessi avessero vigilato in conformità agli obblighi derivanti dalla loro carica.

La Suprema Corte ha individuato i presupposti di tale seconda forma di responsabilità, c.d. "concorrente":
"i) la commissione, da parte degli amministratori, di un atto di mala gestio;
ii) la derivazione causale da tale atto di un danno a carico della società ex art. 2393 c.c., ovvero dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. (art. 2407 c.c., comma 3);
iii) la mancata vigilanza dei sindaci sull'operato degli amministratori, in violazione dei doveri posti a loro carico dalla legge (art. 2403 c.c.);
iv) la derivazione di un danno dall'omessa od inadeguata vigilanza sull'operato degli amministratori da parte dei sindaci".


La Corte precisa inoltre che nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un atto di mala gestio degli amminstratori, i sindaci, onde andare esenti da respondabilità, non possono limitarsi a verbalizzare il proprio dissenso nel verbale delle adunanze del collegio sindacale, ma devono anche:
a) "chiedere, se del caso per iscritto, notizie e chiarimenti al consiglio di amministrazione in ordine all'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari (cfr. Cass. n. 5263 del 1993);
b) procedere in qualsiasi momento, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo se del caso avvalendosi, sotto la propria responsabilità ed a proprie spese, di propri dipendenti ed ausiliari;
c) convocare e partecipare, come è loro obbligo, alle riunioni del consiglio di amministrazione (art. 2405 c.c.), verbalizzare l'eventuale dissenso sul libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, ed impugnarne le deliberazioni affette da nullità od annullabilità;
d) convocare (art. 2406 c.c.) e partecipare, come è loro obbligo, all'assemblea dei soci (art. 2405 c.c.), nonché impugnare le deliberazioni dell'assemblea che non siano state prese in conformità della legge o dell'atto;
e) formulare esposti al Pubblico Ministero, affinché questi provveda ex art. 2409 c.c., quando tale iniziativa sia rimasta davvero l'unica praticabile in concreto per poter legittimamente porre fine alle illegalità di gestione riscontrate"
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La Cassazione afferma quindi che il sindaco, pur non rispondendo automaticamente e per la sua mera posizione di garanzia, di ogni fatto dannoso aziendale, è tenuto, ai fini dell'esonero da responsabilità, ad esercitare o tentare di esercitare "l'intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge", dovendo pertanto porre in essere quanto prima possibile ogni atto necessario all'assolvimento dell'incarico con diligenza, correttezza e buona fede e attivando ogni potere di sollecitazione e denuncia diretta, sia interna che esterna. In caso contrario, i sindaci possono concorrere nell'illecito civile commesso dagli amministratori della società per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti dalla legge.

Infine, per ciò che concerne l'elemento soggettivo, la Cassazione sottolinea come la colpa rilevi nella duplice accezione di "colpa nella conoscenza" e di "colpa nell'omessa attivazione". Infatti, i due momenti complemaentari da tenere in considerazione sono, da un lato, la rappresentazione dell'evento nella sua portata illecita, che prescinde dalle modalità con cui il sindaco ne viene a conoscenza, e, dall'altro, la consapevolezza nel non intervenire con azioni dirette ad impedire la prosecuzione, la reiterazione o l'aggravamento dell'evento stesso.

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*A cura dell'avv. Niccolò Medica, GPD Gemma, Provaggi, De André - Studio legale e tributario

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