Civile

Marchi famosi, oltre al rischio "confusione" tutelata anche la "diluizione" del brand

La Corte di cassazione, sentenza n. 27217 depositata oggi, ha accolto (con rinvio) il ricorso di Gucci

di Francesco Machina Grifeo

I marchi delle griffe più famose godono di una tutela rafforzata che va oltre il semplice rischio di "confusione" tra i prodotti. La "protezione" mira, infatti, ad evitare anche il rischio di "diluizione" o "corrosione" del brand ed a combattere il "parassitismo". Con questa motivazione la Corte di cassazione, sentenza n. 27217 depositata oggi, ha accolto (con rinvio) il ricorso di Gucci che chiedeva l'annullamento per "difetto di novità" della registrazione di due marchi da parte di una società cinese.

La Corte d'Appello, invece, pur riconoscendo la "somiglianza dei segni" nonché "l'alta rinomanza del marchio Gucci", aveva limitato la propria valutazione al solo "rischio confusorio" (sostanzialmente escludendolo per il riempimento in neretto della gobba della G).

Così facendo però, scrive la Cassazione, ha omesso di considerare la tutela rafforzata prevista dal Dlgs 30/2205, in attuazione della direttiva CE 89/104. Ed ha anche trascurato gli approdi della giurisprudenza della Corte Ue secondo cui non è necessario un rischio confusione, essendo sufficiente "un nesso tra il segno e il marchio".

Per la Prima Sezione civile infatti: "Non vi è dubbio che una estesa commercializzazione di prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali articoli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è orientata all'acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l'elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche altrettanto rinomate".

La nozione di «vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio», detto anche «parassitismo», spiega la Suprema corte, va, invece ricollegato non al pregiudizio subito dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall'uso del segno identico o simile al marchio. E comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell'immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, "sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l'immagine".

"Il titolare del segno posteriore, in sostanza, ponendosi nel solco del marchio notorio, beneficia del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, senza dover sborsare alcun corrispettivo economico".

Dunque, prosegue il ragionamento, "è del tutto irrilevante che coloro i quali sono soliti acquistare prodotti Gucci possano non essere indotti in errore in ordine alla provenienza del prodotto recante il marchio del contraffattore, potendo tale prodotto indirizzarsi a quei consumatori che lo scelgono in modo consapevole non per le sue caratteristiche, decorative o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somiglianza a quello "celebre", magari per "spacciarlo" come quello originate ai conoscenti meno attenti o meno qualificati nel riconoscere i marchi rinomati".

In definitiva, conclude la decisione, "quanto all'intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, è stato evidenziato che più il carattere distintivo e la notorietà del marchio di cui si tratta sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l'esistenza di una violazione; inoltre, più l'evocazione del marchio ad opera del segno successivo è immediata e forte, più aumenta il rischio che l'uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o rechi loro pregiudizio".

Il giudice del rinvio dovrà dunque accertare "se l'utilizzo del marchio posteriore costituisca o meno, alla luce dei parametri sopra illustrati, un uso privo di giusta causa che consenta di trarre indebitamente profitto dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio Gucci ovvero arrechi pregiudizio alle caratteristiche di tale marchio".

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