Civile

Mutui: Euribor manipolato, alle S.U. la nullità della clausola sugli interessi

La Cassazione, ordinanza n. 19900/2024, ha posto la questione se si tratti di contratti “a valle” dell’intesa restrittiva e se l’alterazione dell’Euribor rappresenti una causa di nullità

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di Francesco Machina Grifeo

Va alla Sezioni unite la questione della nullità della clausola di determinazione degli interessi dei contratti di mutuo indicizzati all’Euribor e stipulati tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, periodo nel quale la Commissione ha accertato una intesa restrittiva della concorrenza tra alcuni istituti bancari. Lo ha stabilito la Prima sezione civile con l’ordinanza n. 19900/2024. La Sezione che si definisce “tabellarmente competente per le controversie sia in materia di concorrenza e impresa in generale, sia in materia di contratti bancari” ha infatti ritenuto che l’orientamento espresso dalla Terza Sezione, con l’ordinanza n. 34889/2023 e poi parzialmente mitigato dalla successiva sentenza n. 12007/2024, “desti alcune perplessità e meriti di essere ripensato”.

Per il Collegio l’orientamento della Terza è nel senso che l’accertamento dell’intesa restrittiva della concorrenza determina sempre la nullità dei contratti «a valle» che ne costituiscono attuazione (muovendo dai principi espressi da Sezioni Unite n. 41994/2021). Una tesi non condivisa dalla Prima contraria a una “indiscriminata estensione del principio a tutti i contratti a valle”. Inoltre, per la Sezione rimettente alla nullità “non sembra potersi pervenire, in caso di banche estranee all’intesa, neppure per il tramite della disciplina consumeristica”. Così come non sembra che l’illecito del terzo “possa far venir meno l’esistenza del consenso delle parti in ordine alla vicenda contrattuale”.

In realtà, prosegue la Corte, l’alterazione dell’Euribor “può, semmai, determinare nelle parti una falsa rappresentazione della realtà idonea a inficiare il loro processo di formazione della volontà, che può consentire, ricorrendone i relativi presupposti, il ricorso agli ordinari rimedi previsti per i vizi del consenso, ovvero per la violazione del generale principio del neminem ledere, violazione da far valere ovviamente nei confronti di chi l’illecito ha commesso”.

Del resto, prosegue, la tesi della nullità esporrebbe anche a dei rischi il mutuatario. Laddove infatti si accertasse - si legge nella decisione - che l’Euribor è stato alterato, sia pure per alcuni periodi, nel senso della sua artificiosa riduzione, si esporrebbe il mutuatario, soggetto obbligato, alla restituzione del capitale residuo mutuato o, comunque, al versamento di maggiori interessi.

In particolare, il Collegio ha rimesso le seguenti questioni: “se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti”.

E “se la alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni”.

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