Nel concordato preventivo ammessa solo l’opposizione
A sostegno dell’inammissibilità del’azione revocatoria la Corte d’appello di Roma invoca anche il fatto che il Codice della crisi, nell’ambito del concordato preventivo, consente ai creditori solo la via dell’opposizione nel caso in cui i piani concordatari prevedano operazioni di scissione.
Una previsione che i giudici romani ritengono vada considerata come principio di sistema.
Non è detto però che questa lettura sopisca i contrasti giurisprudenziali: il fatto che il Codice della crisi fissi esplicitamente la limitazione solo per l’ipotesi di concordato potrebbe essere interpretata, al contrario, come una deroga ad un’opposta regola generale che tolleri l’ammissibilità dell’azione revocatoria in tutte le altre ipotesi.
Il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019, che entrerà pienamente in vigore il 15 agosto del 2020) dedica, nella disciplina del concordato preventivo, l’articolo 116 alle ipotesi in cui il piano concordatario preveda operazioni straordinarie di trasformazione, fusione o scissione di società, che possono essere compiute durante la procedura o dopo l’omologazione.
La norma stabilisce che, se i creditori ne vogliono contestare la validità, possono solo proporre l’opposizione all’omologazione.
In tal caso il Tribunale, quando fissa udienza per l’omologazione, dispone che il piano sia pubblicato nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società interessate dalle operazioni di trasformazione, fusione o scissione.
Se l’opposizione viene accolta e ne consegue la risoluzione o l’annullamento del concordato, tuttavia, gli effetti di trasformazione, fusione o scissione sono comunque irreversibili; rimane salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi in forza delle norme del codice civile.
Tale previsione preclude ogni possibile spazio per l’esercizio dell’azione revocatoria visto che pone il principio della irreversibilità degli effetti delle operazioni di trasformazione, anche se viziate.
Nella sentenza del 27 marzo 2019, la Corte di Appello di Roma ha ritenuto che questa norma, anche se dettata con riguardo alle trasformazioni societarie contemplate in un piano concordatario, è conseguente ad un principio di sistema.
La regola che la scissione diventa efficace quando vengono portati a termine tutti gli adempimenti pubblicitari, e in particolare il deposito dell’atto nell’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione, insieme alla regola che dopo tale iscrizione gli effetti della scissione sono irretrattabili anche in caso di pronuncia di invalidità, integrano principi generali di diritto societario.
L’articolo 116 del Codice della crisi nell’inquadrare le sue previsioni nell’ambito di quelle del Codice civile esplicita anche che l’opposizione è l’unico rimedio a disposizione dei creditori che vogliano dolersi delle conseguenze pregiudizievoli di una trasformazione societaria e rivela quindi, secondo i giudici romani, un’implicazione generale del sistema.